I vivi non fanno notizia

Il dramma degli incidenti evitabili  

Quando accade un incidente, come quello ferroviario di Pioltello del 25 gennaio, si sprecano le notizie su cos’è successo, si inseguono comunicati di chi vuole scaricare preventivamente ogni responsabilità, si trovano interviste agli scampati e ai congiunti dei deceduti; poi è la volta di tecnici ed esperti, rimasti fuori dalle successive indagini ufficiali, a ritagliarsi uno spazio nelle trasmissioni di approfondimento. E’ logico, è normale, è praticamente un rituale di ogni tragedia, perché solo il fatto eclatante fa notizia, riceve l’attenzione dei media e quella del “pubblico a casa”. Però, forse anche questa morbosità di fronte alle tragedie, che fa il paio con l’indifferenza verso ciò che funziona, che non dà problemi, è un po’ la causa di certi disastri. Infatti, se dopo una delle tante tragedie tutti (governanti, oppositori e pure l’ultimo dei cittadini), parlano di maggiore sicurezza sul lavoro, nei trasporti, nelle infrastrutture, di fatto quando ne sia caduta l’eco emotiva, l’argomento sicurezza perde d’interesse. Purtroppo il “buon lavoro”, la costante ed efficiente manutenzione, non fanno notizia, venendo giustamente reputate come ovvia normalità, pure se le difficoltà degli addetti ai lavori sono enormi: burocrazia, costi, influenze tangentizie, inefficienze di personale, ecc…

Per il cedimento di un “pezzo di ferro” di 23 centimetri (che si dice stesse per essere sostituito), potrebbero essere morte 3 persone ed altre 46 rimaste ferite (di cui 5 in modo grave), si sono procurati danni, ritardi, costi economici e disagi, enormi: la verità sulla causa la dovrà stabilire la magistratura. Oggi, per quei pochi centimetri di metallo, si riempiono tv e giornali; ovviamente non sarebbe stato così se il lavoro di sostituzione fosse stato eseguito in tempo, a regola d’arte e non avesse causato nulla. Tutto ciò è ovvio, ma è anche la dimostrazione che se la normalità di andare a lavorare con treni pubblici e in sicurezza non fa notizia, non fa audience, non procura voti, allora saremo condannati a piangere altri ed altri morti ancora. Non sbaglia chi indica nelle “grandi opere” che fanno sognare l’elettorato anche paventando assunzioni e, quindi, possibili convenienze clientelari, il male di questo paese e la responsabilità di questi disastri, perché spesso queste implicano una rinuncia all’efficienza, alle ordinarie manutenzioni e alla sicurezza del resto: quanti partiti politici, se non fosse avvenuto questo incidente, avrebbero inserito la sicurezza nelle tratte dei pendolari, nella propria campagna elettorale? E, cosa ancor più importante, quanti tra chi l’andrà sbandierando ora, renderà concreta questa promessa, una volta al Governo?

Un treno che parta alle 5 e 32 del mattino, per arrivare regolarmente a destinazione alle 7 e 24, consentendo a tante persone di andare a lavorare, non può destare interesse. Quindi, non illudiamoci che si veda mai qualcosa del mondo che c’è dietro al semplice viaggio di un treno-pendolari, della professionalità che consente a 2 milioni e 672 mila persone di recarsi ogni giorno al lavoro senza incidenti, sulle linee regionali. Ora che ci sono questi morti, continueremo a concentrare l’attenzione su quei 23 centimetri di ferro e sullo spessore di legno che non avrebbe dovuto esserci, fermandoci alla ricerca di un colpevole (che magari non verrà trovato o, alla fine, non pagherà per la sua colpa), invece che chiederci come rendere ancora più sicuro ed efficiente il trasporto pubblico.

La soluzione dei mali di questo paese non è da ricercare nelle emergenze da affrontare, ma in un cambio di mentalità che ci porti a pensare ad un sistema in cui non esista più il concetto di emergenza, qualora questa sia evitabile. Così, invece di aiutare i terremotati, di ricostruire, dovremmo rendere tutto il paese sicuro dal punto di vista sismico. Così, invece di soccorrere gli alluvionati, dovremmo rendere sicure le zone fluviali. Invece di soccorrere gli scampati ad un disastro, di piangerne i morti, dovremmo impegnarci affinché certe cose non accadano. E, invece di pensare soltanto a premiare l’eroe che ha salvato qualcuno, dovremmo imparare a rispettare e a ringraziare anche coloro che nell’ombra, ogni giorno, lavorano perché non ci sia nessuno da dover essere soccorso.

Solo il giorno in cui faranno notizia anche i vivi, il nostro sarà finalmente un paese normale…

di Mario Guido Faloci

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