L’Italia e l’innovazione. Al bivio tra l’America e la Svezia

L’Italia è un paese dove innovare è una strada in salita e piena di ostacoli. Gli ingranaggi dell’innovazione iniziano a muoversi a partire dall’istruzione. I due temi sono legati quasi fino a sovrapporsi. Il finanziamento della ricerca, si sa, nel nostro paese è la prima voce ad essere tagliata da ogni governo. Ma questa stessa mancanza di lungimiranza la si ritrova anche nei confronti delle startup innovative, ovvero le nuove aziende che nascono attorno ad un idea originale. Lo scenario viene dalla prima indagine di tipo censuario in Italia sul tema, condotta dall’Istat e Ministero dello sviluppo economico. Lo studio mostra come solo una stretta minoranza di imprese innovative è stata avviata mediante finanziamenti pubblici.

Non di rado il progresso tecnologico è visto con occhi miopi. I governi italiani hanno dimostrato con i fatti di non credere nel finanziamento dell’innovazione. Eppure persino nell’America ultraliberista, non sarebbe stato nulla della Silicon Valley senza gli ingenti investimenti pubblici. Non bastano solo detrazioni e bonus.

Altrettanto spesso il progresso scatena paure ansiogene e incertezza, non senza motivazioni. In particolare, spaventa l’automazione e l’introduzione dei robot la quale può portare a ricadute negative su salari e occupazione. Ad essere colpiti sarebbero in particolare i lavoratori poco qualificati, i cosiddetti “blue collar”.

In realtà, è forse impossibile riuscire a prevedere gli effetti di un fenomeno così variegato. Da quello che può apparire un problema possono venir fuori opportunità sconosciute. Allora l’Italia ha tre strade da poter scegliere nel suo futuro. Continuare a non avere un vero piano strategico e perdere terreno nei confronti degli altri paesi.

Oppure, un altra via è quella intrapresa da Trump che ha deciso di puntare ad una guerra commerciale per proteggere le industrie nazionali del carbone, dell’acciaio e dell’alluminio.

Il terzo modello è quello scandinavo. In Svezia, ad esempio, il progresso non fa paura e non crea nessuna ansia. Anzi, l’80% degli svedesi vede addirittura di buon’occhio l’innovazione. Cifre opposte a quelle americane, dove il 72% dei cittadini ne ha una visione pessimista. I paesi del nord Europa vedono l’automazione robotica come un’opportunità più che una minaccia. Il loro modello positivo si basa su un concetto basilare: proteggere i lavoratori non il lavoro. Questo non si traduce affatto in più flessibilità. Anzi il sistema è solido proprio perché si regge su un supporto statale importante e su sindacati forti. La rete di welfare assicura protezione anche per quei lavoratori dei settori più a rischio obsolescenza.

Le trasformazioni, soprattutto se epocali, non vanno né subite né tantomeno combattute. Governare il cambiamento è l’unica strategia che può assicurare benefici. L’unico modo per salvare il pianeta e indirizzare le risorse verso economie più sostenibili.

di Pierfrancesco Zinilli

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