Non c’è Patria per i Curdi

I Curdi, circa quaranta milioni di individui, sono un popolo senza Stato. Alla fine della prima guerra mondiale il Trattato di Sèvres aveva concesso ai Curdi l’autonomia e una patria ma, qualche anno dopo, i vincitori hanno stracciato quel trattato e suddiviso terra e popolazione tra quattro stati: Iran, Iraq, Siria e Turchia. Un popolo è stato frantumato e trasformato in minoranze. Da allora, ovunque, è stato un susseguirsi di persecuzioni, di deportazioni e di genocidi. Nell’Iraq di Saddam non si è esitato ad utilizzare le armi chimiche contro la popolazione curda.

La regione del Rojava, il Kurdistan occidentale, ha conquistato una forma d’indipendenza nel 2011 quando, allo scoppio della “rivoluzione” siriana, i curdi hanno deciso di restare neutrali nonostante le decennali discriminazioni subite dal regime.

La scelta di sancire l’autonomia dei Curdi ha consentito al dittatore siriano Bashar al Assad di ritirare le sue truppe dall’area per inviarle dove gli scontri erano più intensi e ha attirato sui Curdi l’accusa, respinta, di complicità con il regime.  Anwar Muslim, sindaco di Kobane, ha affermato che «il regime ha oramai perso il treno di un accordo pacifico con i curdi e il Rojava tratterà la sua futura autonomia soltanto con le forze di opposizione che sconfiggeranno il regime».

La difesa e l’amministrazione del Kurdistan occidentale è stata guidata in questi anni dal l’YPG,  “Unità di protezione del popolo”, movimento di liberazione formato da volontari e partito di ispirazione socialista libertaria che ha favorito lo sviluppo delle autonomie locali.

Molte, caso unico nella regione, le donne che partecipano attivamente al movimento e che conducono una specifica battaglia contro il dominio patriarcale.

La prospettiva politica del PYD, non è la divisione della Siria ma la sua trasformazione in uno stato federale in cui sia garantita autonomia e difesa del loro sistema politico.

In questi anni i Curdi “siriani” si sono alleati con formazioni di ribelli moderate e hanno combattuto ostinatamente contro l’Isis e gli altri gruppi islamisti sempre convivendo con la minaccia del governo turco che vede nel Rojava indipendente un rischio per la propria unità territoriale.

L’aspirazione ad un sistema democratico e rispettoso delle minoranze, che dovrebbe ricevere il sostegno delle “democrazie mature”, potrebbe però spegnersi nel sangue. Combattuto dalle forze islamiste, inviso ai regimi dell’area, avversato dalla Turchia e, probabilmente, dal dittatore Bashar al Assad non appena ne avrà la forza, rischia di essere sconfitto nel silenzio complice dalla comunità internazionale.

di Enrico Ceci

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