La sicurezza sul lavoro. Controlli e strumenti non ancora sufficienti a tutela della vita?

Lavorare per vivere o vivere per lavorare, certo, ma sicuramente non si dovrebbe morire lavorando. Gli ultimi casi di decessi sul lavoro avvenuti a Livorno, Treviglio e Crotone hanno riportato d’attualità il tema delle morti bianche. A Livorno, l’esplosione avvenuta il 28 marzo in prossimità del porto di una cisterna contenente solvente infiammabile ha spezzato le vite degli operai Nunzio Viola, 52 anni, e Lorenzo Mazzoni, 25. Erano addetti alla pulizia dei silos e non è chiara quale sia stata la causa dello scoppio. A Treviglio, nel bergamasco, sono morti invece due dipendenti di una società che produce mangimi per animali. Si chiamavano Giambattista Gatti e Giuseppe Legnani e anche le loro vite, proprio nel giorno di Pasqua, sono state spazzate via dall’esplosione di un silos, in questo caso utilizzato per lo stoccaggio e l’essiccazione delle farine. I due erano intervenuti dopo un allarme lanciato dai residenti della zona vicina allo stabilimento che avevano sentito un cattivo odore nell’aria. Nella città calabrese, infine, a perire il 5 aprile sono stati due operai – il cinquantunenne Giuseppe Greco e il trentacinquenne Kiriac Dragos Petru – di un cantiere edile rimasti schiacciati sotto il crollo di un muro di contenimento lungo la costa, non lontano dalla zona archeologica di Capo Colonna. In tutti e tre i casi la magistratura chiarirà – si spera – le eventuali responsabilità. E’ un fatto, però, che dall’inizio dell’anno i morti sul lavoro in Italia sono stati 165. Nell’intero 2017 furono 632, quindi se il trend di quest’anno sarà confermato si rischia un aumento rispetto ai 12 mesi precedenti. Le aziende investono meno in sicurezza e fanno meno formazione. In molti casi i corsi sono solo delle messinscene. Basta andare in una qualsiasi attività che figuri in regola, ad esempio, con le procedure antincendio e chiedere ai dipendenti se ricordano davvero qualcosa di ciò che hanno imparato nelle poche ore in cui sono stati chiamati ad ascoltare l’ingegnerucolo di turno che magari gli avrà pure suggerito le risposte al test finale per il rilascio dell’attestato.

di Valerio Di Marco

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