27 aprile 1945: Torino si libera in autonomia

In Corso Giacomo Matteotti, a Torino, campeggia  una lapide commemorativa dedicata alla memoria di tre partigiani: Amone Luciano, Borchi Mario e Grazia Silvano della 80esima brigata Garibaldi Peroglio. Quando sono stati uccisi dallo scoppio accidentale di una bomba tedesca, la via dell’accaduto era corso Oporto e solo più tardi venne dedicata al socialista Giacomo Matteotti, altro martire di epoca fascista.

Luciano e Mario erano entrambi torinesi, nati rispettivamente il 16 ottobre 1928 e il 17 giugno 1930, mentre Silvano Grazia combatteva per la causa in una città che non era neanche la sua, essendo nato a Roma il 7 dicembre 1928. 

Pochi sanno però che mentre l’Italia festeggiava la liberazione, la fine della seconda guerra mondiale e del ventennio fascista, Torino era ancora sotto assedio: la liberazione sarebbe sopraggiunta solo qualche giorno dopo.

Il 18 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) indice uno sciopero generale che in poche ore paralizza la città: gli operai torinesi incrociano le braccia e abbandonano compatti gli stabilimenti. Inizia così la battaglia piemontese per la liberazione. Gli alleati intanto arrivano a Bologna, mentre in Piemonte si attendono indicazioni dal colonnello Stevens, rappresentante americano per quella regione: quando il 24 aprile non sono ancora giunte indicazioni, il CLN rompe gli indugi e invita all’insurrezione. 

L’obiettivo era liberare Torino in autonomia, prima dell’arrivo degli alleati, così da permettere agli organi locali di acquisire il pieno potere. Alcune squadre partigiane dovevano occuparsi di difendere le vie di comunicazione, mentre altre dovevano disturbare i movimenti delle truppe tedesche, senza affrontarle direttamente il che sarebbe stato un suicidio. 

Il 25 mattina è tutto pronto: il compagno Giulio Nicoletta, medaglia d’argento al valore, dispone un migliaio di uomini, tra cui le brigate di Nino Criscuolo, Giuseppe Falzone e Guido Quazza, tutti disposti alle porte di Torino insieme ai reparti di Guido Usseglio. Per le valli e nelle strade ci sono, tra gli altri, gli uomini e le donne di Michele Ghio. 

Il 26 aprile le linee si muovono, mentre i civili aiutano procurando scorte di viveri. Alle 8 e 30 a bordo di una “Topolino” e una 1100 alcuni compagni informano che i tedeschi vogliono mantenere un asse di collegamento fuori Torino, dalle parti di Stupinigi, dove ci sono 4 carri armati e circa 50 soldati. Alle 11 le truppe partigiane sono pronte per entrare in città, quando arriva l’ordine di rinvio: è tutto rimandato all’indomani, 27 aprile. La decisione fu probabilmente legata a dei contrasti tra Stevens e il CNL regionale. 

L’indomani, alle 13, entra la prima formazione in città che solo un’ora più tardi affronta il primo conflitto a fuoco: muoiono 5 uomini. La città si trasforma in un  teatro di scontri, a ogni angolo risuonano scoppi di fucili che sanno di libertà. Nel pomeriggio, alle 17,30, radio Milano annuncia l’arresto di Mussolini a Lecco. Alle 22,30 radio Londra parla del congiungimento tra truppe russe e americane a l’Elba. 

Il 28 aprile Torino è completamente libera e con lei anche l’Italia. Le prime avanguardie angloamericane sbarcano in città il primo maggio, trovando servizi pubblici in funzione e 14.000 partigiani a presidio del territorio. 

di Irene Tinero

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