La trincea equa e sostenibile
Lo abbiamo scritto in una delle nostre ultime Cronache: l’Italia dopo le elezioni del 4 marzo è come Enrico Toti che nel 1916 tanto eroicamente quanto vanamente lancia la sua gruccia di mutilato oltre la trincea. La paralisi è totale. Nessun accordo sembra possibile. E alla fine quella più sconfitta appare proprio la compagine che da sola ha preso più voti: il Movimento 5 Stelle. Il superamento – nei termini di visioni e soluzioni targate futuro– che esso doveva rappresentare, rispetto alle forze vetero-novecentesche – è costretto a segnare il passo nel fango e nelle trincee proprio di quel passato. Sembra che con chiunque si accordi, debba inesorabilmente subire la zavorra dei ricatti di potere della vecchia politique politicienne.
Di Maio insiste a dovere essere lui il capo del governo, perché si illude che avere direttamente in mano la macchina e l’economia pubblica gli consentirà comunque ampi margini di autonomia e manovra. Anche ammesso, ma che sia nell’antica melma lo dimostrano proprio i punti di compromesso che lui ha offerto ieri al centro-destra e oggi al centro-sinistra, ricominciando magari domani il giro dell’oca. Sono compromessi politici all’indietro. Quelli reali in avantinon c’è bisogno di andare poi molto lontani per trovarseli sotto gli occhi. Si trovano già nel Documento di Economia e Finanza (DEF) 2018. Atto che Gentiloni e il suo Ministro Padoan hanno appena presentato e che – sulla scorta di una riforma del 2016 sulla Legge del Bilancio – deve contenere un cruciale allegato. È l’Allegato sugli Indicatori di BenessereEquo e Sostenibile(BES). Non solo il Governo è obbligato a pubblicare tale Allegato, ma deve esprimere anche delle previsioni su quegli indicatori. In questo caso, le previsioni sono relative solo a quattro indici sui dodici previsti. Questo sia perché i mancanti sono di più difficile previsione, sia perché un governo in scadenza non deve certo elaborare misure politiche e amministrative per affrontarle. Una bella grana in meno per l’attuale Presidente del Consiglio e il suo ministro economico.
Ci domandiamo, invece, se proprio questo terreno non debba essere quello più intrinseco al M5S. Se non proprio tali indici di benessere e le misure, le soluzioni improntate al futuro tecno-scientifico esplorate e comunicate da Beppe Grillo nel suo blog, non debbano e possano costituire una base concreta per un patto di governo ragionevolmente equo e sostenibile. Vediamo. Sono 12 questi indici BES e in rete si trovano facilmente. Sono ricavati da una commissione nominata ad hoc, su altri 130 elaborati annualmente dall’Istat. Tra i più rilevanti quelli riguardanti il reddito disponibile, la diseguaglianza, la povertà, l’emissione di anidride carbonica(CO2) e altri gas pro capite, il tasso di mancata partecipazione al lavoro. L’incidenza in percentuale e i valori assoluti degli indici sono stati calcolati dall’Istat fino al 2017. Sono tutti in un’allarmante crescita o in una inscalfibile stabilità che rischia di trasformarsi in cronicità. E questo anche con grande beneficio d’inventario, dato che le previsioni (flebilmente) più positive sembrano cucite proprio su misura a giustificazione delle misure adottate o indicate dal governo tuttora in carica.
Quello che però qui emerge è che anche la fragile ripresa economica manifestatasi vede peggiorare insieme sia l’indice di povertà assoluta, sia l’emissione di CO2 e altri gas pro-capite. Il valore in percentuale della povertà è al 2017 dell’8,3%, e quello assoluto di 5 milioni di poveri, mentre nel 2017 era di 4,7 milioni. L’emissione di gas nocivi e alteranti l’eco sistema è pari a 7,5 tonnellate pro capite. Questo significa che siamo di fronte a una ripresa-rapina. Rapina nei confronti dell’uomo e dell’ambiente. Una ripresa esclusivamente a favore del profitto privato e in raccapricciante violazione dei protocolli ambientali emanati e sottoscritti dall’Italia anche in sede internazionale. La permanenza o debolissima flessione (ma solo come mera, auspicata previsione al 2020) dell’elevato indice di diseguaglianza lo dimostra.
Allora ci domandiamo se non si possa partire magarti già da questi tre primi indici di benessere equo e sostenibile – povertà, disuguaglianza e ambiente– per un patto di governo. Un patto tra 5 Stelle e Pd, dato che questi non sembrano proprio indici-temi al centro dell’attenzione e dell’azione politica del centrodestra. L’ipotetica alleanza con la risposta regressiva della destra a temi inarrestabilmente procedenti dal sottosuolo della contemporaneità globale, già configura in sé non il mero rischio ma la certa perdita secca per i penta-stellati proprio sul terreno di un futuro tecnologico umano-ambientale equo e sostenibile. M5S e Pd possono invece trovare su questi un comune terreno progressista. Progressista non nella pur nobile accezione classica del termine, ma nel senso di lasciarsi davvero alle spalle una plaga storico-politica e di progredire nel percorrerne una inedita ma possibile, anzi strettamente urgente e necessaria. Necessaria non solo e non tanto politicamente quanto storicamente, dato che è una delle ultime possibilità di aggancio con il moto reale della società nelle faglie più profonde sotto il vecchio asfalto istituzionale. Eppure sembra invece oggi che sulla linea di confine tra un’era e l’altra sia proprio l’indietro a mangiarsi l’avanti, lasciando la salma di Enrico Toti e la sua stampella ancora vanamente riverse, abbandonate nel fango della trincea.
di Riccardo Tavani