Dalla vicenda Amazon emerge una nuova modalità di lotta sindacale

La proposta di uno sciopero globale, o almeno europeo, dei lavoratori Amazon è stata, per il momento, messa da parte. Ma il solo fatto che sia stata avanzata rappresenta di per sé una novità. A lanciare l’idea sono stati i sindacati spagnoli in occasione del vertice internazionale tenutosi a Roma a fine aprile, incontro che ha riunito diverse sigle sindacali europee.

Sciopero comune o meno, la riunione di Roma segna un cambio di passo nella strategia dei sindacati con la creazione di un fronte comune che metta insieme sindacati americani e europei. Una strategia che inizia ad avere i suoi primi frutti. È notizia dei giorni scorsi l’accordo sindacale raggiunto nello stabilimento Amazon di Castel San Giovanni, Piacenza. Il sito è quello nel quale l’autunno scorso era avvenuto lo sciopero in concomitanza con il Black Friday. L’intesa, definita storica dai sindacati, prevede un accordo sperimentale della durata di un anno che rivede la distribuzione dei carichi di lavoro e la retribuzione per il lavoro notturno. Si spera ora che questo accordo possa influenzare anche le vertenze di altri stabilimenti europei.

Ciò che, invece, è già stato deciso come primo passo della nuova coalizione è la creazione di un comitato aziendale europeo. La decisione è stata comunicata alla sede di Amazon in Lussemburgo. Nel caso in cui l’azienda non dovesse rispondere entro i prossimi sei mesi il comitato sarà considerato costituito. Lo strumento non è inedito ed è utilizzato dai sindacati per trattare con le grandi multinazionali. L’istituzione del comitato, parte di una strategia comune più ampia, rivela come i sindacati riconoscano elementi generali del problema tra Amazon e i suoi dipendenti. Nonostante le difficoltà di far fronte comune dovute a contesti normativi molto diversi da paese a paese.

Quello delle condizioni dei lavoratori non è che una delle preoccupazioni che suscita un colosso come Amazon. Le multinazionali digitali come Google e Facebook vengono accusate di mettere in pericolo la privacy delle persone oltre ad essere una minaccia per la concorrenza leale. Puntando su effetti di rete che si autoalimentano il rischio è che questo tipo di aziende possano in futuro continuare ad estendere il loro dominio a svantaggio dei consumatori e dell’innovazione. Le tradizionali misure anti-trust sono parzialmente inefficaci in questi casi. I giganti digitali hanno caratteristiche del tutto inedite. Spesso sono presenti in paesi senza avere sedi fisiche. Erogano servizi apparentemente gratuiti anche se, in realtà, gli utilizzatori li pagano cedendo i loro dati.

Ciò che manca sono soluzioni semplici. Questo tipo di aziende costringe a ripensare gli approcci di tutela dei diritti. Allo stesso modo il sindacato ha bisogno di ridefinire la sua azione prendendo atto degli enormi cambiamenti economici occorsi negli ultimi decenni. In gioco non sono è solo il futuro del sindacato ma soprattutto i diritti dei lavoratori.

di Pierfrancesco Zinilli

 

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