Lo spread italiano e quello planetario

Scrive Beppe Grillo appena qualche giorno fa: “C’è chi vuole vivere inginocchiato alle ragioni della finanza e dei suoi azzardi e chi non lo vuole. C’è chi vorrebbe continuare a consegnarci alla speculazione e chi no. L’establishment è riuscito a bloccarci? Ok, fa parte del gioco! Non siamo certo affetti dalla sindrome dell’adolescente ribelle che spera che, alla fine, il padre gli dia ragione”. Ma chi è più precisamente l’establishment che li ha bloccati, che ha fregato lui e l’adolescente da lui lanciato al vertice del suo Movimento? La tecno-burocrazia europea, i poteri forti extra nazionali, cui – come scrive Beppe – l’Italia ha regalato “la cessione della sua sovranità e della sua stessa aria a chiunque fosse in grado di comprarsela al ribasso”? Ma no, la speculazione finanziaria si esercita sul debito pubblico di uno Stato. Quello italiano supera ormai 2.300 miliardi di euro – il secondo più alto in Europa dopo la Grecia – non l’ha creato Bruxelles o Francoforte, ce lo siamo fabbricatoda soli. Chi detiene i titoli del nostro debito nazionale? Secondo Nomura, il mega gruppo finanziario internazionale di origine nipponica, solo il 31,3% del debito italiano è detenuto da investitori esteri, di cui solo il 5% extra europei. Oggi gli americani hanno in mano appena l’1% del nostro debito, mentre i giapponesi l’1,5%. Questo 5% rappresenta inoltre un vistoso calo, esattamente la metà di quel 10% che era in mano ai nostri creditori d’oltreoceano nel 2000. Il 26,2% dei titoli sul nostro debito è di area europea e principalmente a disposizione di operatori privati, ossia di gente che compra e vende all’unico scopo di arricchirsi il più rapidamente possibile. I maggiori e più cinici speculatori sul nostro debito sovrano, sono però non i potentati stranieri ed europei, ma gli stessi italiani. Il 68,7% del nostro debito, infatti, ce lo abbiamo in mano noi stessi. Chi scommette e specula sui nostri guai debitori è di madrepatria, madrelingua e madre-ruspa italiana. La Germania ha solo il 4,8%, la Francia il 7,4%, la Spagna il 3,7% e percentuali tra lo 0,5 e l’1% altri stati europei.

La Bce, tramite la Banca d’Italia, possiede 340 miliardi di euro del nostro debito (dai quali Lega e 5S volevano cancellarne 250). Ora siccome non è certo la Bce, o la Banca d’Italia a scommettere speculativamente sui nostri titoli debitori, non restano che gli operatori privati a dedicarsi a tale sport, oggi sempre più tecno-digitale. Le situazioni di instabilità, confusione, insicurezza sono quelle che permettono di colpire meglio. Se ho venduto – poniamo – mille titoli al prezzo di cento euro, incassando centomila, e ora li ricompro a cinquanta, ecco, mi sono messo in tasca cinquantamila euro, ossia una barcata di soldi, con un semplice click e nel giro di qualche ora, avendo – soprattutto – conservato intatti tutti quei BOT o BTP che posso di nuovo rivendere. Lo faccio, infatti, immediatamente: vendo a cinquanta, ricompro a 25, ecc. Già agli inizi del secolo scorso il grande economista Keynes ci aveva spiegato che per chi specula non è tanto importante che la Borsa salga o scenda, quanto saper scommettere bene sulla salita o sulla discesa dei titoli venduti o acquistati.

Uno Stato emette titoli sui mercati internazionali al fine di incamerare denaro liquido per sostenere le sue spese. Chi compone il proprio portafogli titoli anche di queste emissioni statali sa che il rendimento è sicuro, garantito da uno Stato sovrano che dopo dieci anni li rimborsa con una certa percentuale di interesse. Ossia questo Stato si indebita con chi gli presta quei soldi attraverso l’acquisto di Bot, Btp, Ctz (certificati del tesoro). Per convenzione si prende a riferimento l’interesse pagato sui titoli del debito tedesco che sono i più stabili con il loro 1% di rendimento. Lo spreadè la differenza tra questo stabile tasso tedesco e quello dei titoli di altri Stati. Quando si dice che lo spreadha sfondatoi 300 significa che lo Stato italiano dovrà rimborsare ora ai suoi creditori non l’1 ma il 3%. Ossia: in prospettiva il debito sovrano sta crescendo vertiginosamente, così come l’incertezza o la sfiducia totale che l’Italia possa davvero rimborsarli quei titoli a fine scadenza. Aumenta lo spread, ossia il tasso d’interesse da pagare, e di conseguenza la sfiducia, la paura – se non proprio il panico – e dunque le vendite si fanno massicce, fino a che il titolo non scende a valori nominali talmente bassi che qualcuno troverà vantaggioso comprare per rivenderseli o incassarli maggiorati al momento opportuno.

I possessori di quote parte di quei 250 miliardi di debiti che Lega-5S volevano cancellare con un colpo di spugna, guarderanno torvamente la prospettiva di trovarsi in mano meno di un rotolo di carta igienica da super discount. Su questo agisce la speculazione: si creano ondate di vendite per diffondere un’isteria tale da far crollare il valore dei titoli che possono essere comprati a prezzi stracciati, in attesa di rivenderli successivamente a quote molto più alte. Se poi le previsioni di crescita delle agenzie di ratingpuntano al ribasso per l’Italia, l’allarme e i conseguenti azzardi speculativi si rafforzano a vicenda.

Tutto questo, però, non c’entra niente né con i poteri forti, né tantomeno con quelli stranieri. Anche un piccolo-medio risparmiatore-investitore italiano, pur di vedere il suo gruzzolo rimpinguato, non esiterà a colpire, oppure lo farà, magari anche a sua insaputa, tramite l’operatore finanziario che gestisce il suo portafogli titoli. Il debito pubblico italiano ammonta oggi a 2.302 miliardi di euro e nessuno dei governi che si sono succeduti è riuscito a trovare la strada di ridurlo sostanzialmente. Secondo diverse stime econometriche anche il contratto 5S-Lega avrebbe comportato un ulteriore esborso di almeno altri 130 miliardi. Questo rimane il nostro tallone d’Achille: ad ogni stormir di fronda, sciabordar d’onda, allarme bomba sul nostro debito sovrano gli scommettitori sanno che cominciano – e loro li assecondano – quegli ansiosi beccheggiar di prua, quei vomiti da fifa e mal di mare ideali per imbarcare rapidamente fruscianti pesci speculativi. E siccome le due pesanti crisi economiche globali che si sono succedute dal 2007 non sono state ancora recuperate, rimango solo gli strumenti turbo-finanziari a permettere di ricreare i margini di profitto non più conseguibili nella tradizionale economia reale.

Ecco dunque la logica speculativa cui qualcuno vorrebbe vivere inginocchiato e altri no. Grillo parla anche “di confronto fra interessi diversi combattuto con mezzi diversi dalla violenza”, ossia di una rivoluzione pacifica, incruenta e che questo confronto si chiama politica. D’accordo, ma nessun tacchino si farcisce e si infila da solo nel forno con tanto di rametti di rosmarino e contorno di patate, solo perché tu vuoi convincerlo con le buone a farlo. Tanto meno se ti allei con raggruppamento di destra nel quale di preferenza – anche se non esclusivamente – si sono sempre annidati speculatori, profittatori, razziatori e inquinatori che vogliono vedere inginocchiati non solo i popoli ma anche le loro terre, mari e cieli. E sono proprio questi – nel sembiante leghista – che alla fine hanno fregato Beppe e il suo scalpitante adolescente Luigino. Il contrasto, infatti, non lo aggiri in questo modo: per la semplice, drammatica ragione che – di fronte al cosiddetto futuro – a essere finita è proprio la politica. Non c’è futuro, ossia non si dà il paradiso tecnologicogià alle porte che auspica e mostra Grillo nel suo blog, se non è garantita la sopravvivenza certa del pianeta Terra. L’autentico debito sovrano, spread speculativo che percorre e cresce febbrilmente lungo tutto il sottosuolo planetario è questo. O lo si denuncia apertamente, indicandone esplicitamente anche i responsabili, la loro ideologia e pratiche del profitto a ogni costo, oppure non c’è proprio rivoluzioneelettorale e tecno-culturale di nessun tipo.

di Riccardo Tavani

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