Populisti allo sbaraglio

Sarà bello, un giorno, dire ai miei figli: “Io c’ero, furono gli anni d’oro della satira quelli”. È l’unica cosa bella che avrò da raccontargli, del resto.

Salvini che diventa uno statista, un fine stratega politico e mette nel sacco nientepopodimeno che un ex steward del San Paolo, non se lo sarebbe aspettato nessuno.

Uno che quando lo vedevano vicino al Trota li scambiavano per fratelli, è riuscito a mettere in stallo il Governo, far sputtanare milioni di euro per nuove elezioni e – in tutto questo – salire nei sondaggi. Il tutto, facendo leva su un solo e unico fattore: l’ignoranza.

Nessuno tra i suoi elettori – né tra i sostenitori del M5S – sembra essersi accorto, infatti, che la nomina di Savona è stata solo un pretesto. E Di Maio, malgrado abbia capito di essere stato buggerato continua a reggergli il gioco, non si capisce più se in buona o cattiva fede. Appena Giggino ha subodorato la fregatura e cominciato a parlare di impeachment, sulla rete si è scatenato l’inferno, un’ondata di sterile sdegno che solo i pentastellati sanno smuovere a questi livelli. Il concentratissimo Toninelli ha preso uno stralcio a caso di un testo di diritto, che teneva come fermacarte sul comodino, lo ha attribuito al primo giurista che ha trovato su Wikipedia e ha accusato Mattarella di alto tradimento. Toninelli, laurea in giurisprudenza presa al Cepu col 3×2, insegna a Mattarella – curriculum chilometrico che annovera anche presenze nella Corte Costituzionale – come fare il suo mestiere. E il bello è che funziona, nel giro di niente il suo status viene copiato, condiviso e urlato da una mandria di giuristi dell’ultim’ora, su Google schizza alle stelle la parola chiave impingement,le solite bestie da tastiera inveiscono sul Presidente della Repubblica augurandogli di fare la fine del fratello, sanguinosamente ucciso dalla mafia. È un tripudio di gente che ripete meccanicamente il messaggio che le dicono di gridare, senza senso critico, senza nemmeno verificare la veridicità dei contenuti. La macchina del populismo vince su tutti i fronti.

Il rifiuto di Mattarella non è una vittoria della democrazia, né del buonsenso, è un pesante autogol che consegna il Paese a delle forze eversive, fasciste, fondamentalmente populiste e ignoranti. Sì, siam d’accordo, è il volere del popolo e va rispettato ma mi preme ricordare che lo Stato, prima del popolo, è il garante della società civile. Se a decidere è la massa, se lo fa di pancia, se lo fa basandosi sull’odio e su bufale appositamente create per aizzarla, beh, il popolo vincerà pure ma la democrazia avrà perso. E ci troveremo, senza nemmeno accorgercene, a risalire la china come la Grecia.

di Marco Camillieri

 

 

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