La sinistra e l’autunno del soldato

I quattro folgoranti versi della poesia Soldati, scritti da Giuseppe Ungaretti sul fronte di guerra francese, nel Bosco di Courton, vicino a Reims, nella Marna, recano la data del luglio 1918.

Si sta come

d’autunno

sugli alberi

le foglie

Domandiamoci se – esattamente un secolo dopo – questi versi non possano riferirsi anche alla sinistra. O alle diverse sinistre ansanti sui rami in questo incombete luglio 2018. Domandiamocelo in riferimento alla vulgata ormai debordante che recita: “La distinzione tra destra e sinistra non ha più senso”. Lo ha ripetuto anche Beppe Grillo nel suo comizio romano del 2 giugno scorso alla Bocca della Verità. Talmente tale distinzione non avrebbe più senso che la destra in Italia e nel mondo – però – è largamente in auge. Dagli Usa, all’Inghilterra, a metà Europa, alla Turchia, all’Egitto, a Israele, al Giappone, per non tacere di tutti i regimi autoritari o dittatoriali a Est come a Sud che fanno pendere la bilancia planetaria non certo verso la sinistra. Si potrebbe così affermare che l’estate della destra mondiale è tanto rigogliosamente in fiore proprio grazie all’autunno della sinistra. Ossia grazie al proprio rapido essiccarsi giù per li rami, fino alle radici dei suoi alberi storici, sociali, politici, culturali.

E più le varie sinistre si agitano su quei rami, più significa che il vento sta per strapparle definitivamente via, trascinandole sul selciato moralmente freddo e indifferente della storia. La frenesia nostalgicamente autunnale della sinistra nel suo insieme sta anche assumendo toni e comportamenti isterici, razzistici, oscurantistici nei confronti di tutto ciò al di fuori di essa si profila all’orizzonte del presente-futuro. Paradossalmente, per di più. Proprio perché la tanto conclamata indistinzione tra destra e sinistra è falsa. Chi la predica, infatti, nell’atto stesso di dirlo, sta proclamando un predominio di destra. Vuole una sinistra che muti il segno algebrico di alcuni suoi valori di fondo, fino a renderli chimicamente compatibili e algebricamente addizionabili a quelli di destra. Che sia falsa l’affermazione sul superamento della distinzione tra destra e sinistra, non toglie minimamente quest’ultima dalla situazione di foglia appesa nel bosco ungarettiano di Courton.

Una volta sconfitte, drasticamente ridimensionate le lotte della sinistra rivoluzionaria italiana, smantellato e traslato il peso storico di quella istituzionale verso il neo liberismo, a un numero crescente di militanti ed elettori non è rimasto che l’urlo, il vaffa, il grido scomposto ma molto più modulato sui mali incombenti del presente lanciato da quello che è stato sprezzantemente bollato come populismo. Più lo sprezzavano e lo bollavano, però, più ne facevano apprezzare, ossia salire le quotazioni alla borsa del malcontento sociale. L’isterismo rasentante il razzismo della sinistra essiccatacontro il nemico populista, infatti, è speculare a quello della destra. A tratti persino più ottuso. Si ricordi la presuntuosa quanto orba profezia di Piero Fassino: “Grillo fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende. Perché non lo fa?”. Parole taglienti come una lama di rasoio, apparvero allora. Solo che subito dopo si dimostrarono come un’affilata lama passata sulla propria giugulare. Pur di non smettere d’essiccarsi, d’accecarsi non smettono, purtroppo, di sprizzare tale razzismo. Più difficile tentare di capire.

Beppe Grillo ha sempre affermato che quella immaginata da lui e Roberto Casaleggio doveva essere una rivoluzione – senza alcun ricorso alla violenza. Detto in altri termini: diversamente da quelle immaginate in tutto il mondo fino agli anni ’70-80 del secolo scorso. Senza violenza significa: per via istituzionale. Per via istituzionale significa, a sua volta: attraverso la maggioranza elettorale. In Italia una tale maggioranza elettorale rivoluzionaria non si è mai data. L’orizzonte degli eventi era però rapidamente mutato. La Caduta del Muro di Berlino, la conseguente disgregazione della vecchia, corrotta partitocrazia italiana, l’imputridirsi ancora più corruttivo e auto paralizzante di quella nuova, le potenti contraddizioni che hanno inficiato fin dall’inizio il processo unitario europeo, l’avvento di nuovi media e possibilità tecno-scientifiche, hanno aperto la via proprio alla possibilità di quella inedita possibilità di una rivoluzione: istituzionale, elettorale, maggioritaria. Ossia alla possibilità di un superamento in blocco di tutto il vecchio arrugginito assetto politico novecentesco; di elevare uno spettacolare vaffa, un rabbioso grido verso il cielo della politica, per proclamare l’uscita generale dai vecchi partiti, dagli sclerotici schieramenti ideologici, dai paludosi bizantinismi burocratici e intercettare la traiettoria del futuro. E non attraverso una classe di professionisti della politica, riciclati dal vecchio mondo, ma per mezzo di normali cittadini che fossero pronti ad assumere un ruolo e delle responsabilità dirette nel nuovo corso.

La superata distinzione tra destra e sinistra è predicata da Grillo nel senso di questo oltrepassamentodel Novecento, per la formazione di una maggioranza elettorale istituzionale che possa aprire alla tecno-rivoluzione del nuovo millennio. Se vediamo bene, però, ristagna immobile all’orizzonte del presente e del futuro un altro ammasso ideologico, attorno a cui hanno poi sempre gravitato proprio quelli della destra e della sinistra. Questo immane blocco è costituito dalla sopravvivenza ideologica del profitto. Si è di destra o di sinistra, innanzitutto nel favore o nel contrasto sociale proprio alla ideologia e alla pratica del profitto da parte della produzione e dell’economia capitalistica. Contrasto che lo stesso processo capitalistico non può fare a meno, ossia non può impedirsi di originare, dal momento che pone l’ideologia e la pratica del profitto, sopra e contro ogni altra esigenza umana e ambientale. Anche perché più si dischiude nel presente l’orizzonte della tecno-scienza, tanto più la massa economica destinata al profitto privato è massa sottratta allo sviluppo di sue ancora più ampie possibilità future.

Permanendo dunque tale strutturale sopravvivenza ideologica, non possono che rideterminarsi anche quelle di destra e di sinistra, seppure in forme radicalmente inedite. E proprio questo è apparso all’inizio il Movimento 5 Stelle. Un’organizzazione ribelle sì ma istituzionale, in grado di garantire a tutte le vecchie identità il passaggio non traumatico a una modernizzazione moralmente e ambientalmente pulita. A caratterizzare tutta prima fase del M5S è infatti una radice insieme sociale, etica ed ecologica, che non disgiungeva il reddito di cittadinanza, la denuncia della corruzione dalla cosiddettatransizione ecologica. Economia circolare, green economy, energie rinnovabili sono tutte cose che sono rimaste poco più che un’eco remota, fatta riverberare ogni tanto da Grillo nei suoi virtuosismi affabulatori. Su esse, però, non c’è mai una reale prefigurazione di programmi, pratiche, battaglie e scadenze istituzionali concrete.

La dimenticanza, o declassamento della lotta strategica a questo polo della sopravvivenza ideologica otto-novecentesca ha conseguenze precise. La predicazione del superamento di destra e sinistra si dimostra alla fine soltanto un’affermazione vuota. Avendo scompaginato unicamente gli argini della sinistra e lasciando intatti quelli della destra, consente a quest’ultima di tracimare come una piena fluviale senza più ostacoli e in ogni ambito. Le elezioni amministrative degli ultimi giorni possono essere considerate solo un test limitato, e un terreno sempre sfavorevole al M5S. Il fatto cruciale, però, è che la destra leghista continua a dilagare. La vicenda della nave Aquarius, bloccata dal Ministro Salvini e che la Spagna ha poi dichiarato di accogliere, pur nelle complicazioni che si trascinerà dietro, segna un altro punto a favore dell’indubbio traino di destra dell’intero governo. Chi ha sta incastrando Roger Grillo? potremmo domandarci, parafrasando il titolo di quel noto film del 1988 diretto da Robert Zemekis. Egli stesso, dobbiamo risponderci, anche se lui nelle sue predicazioni e nel suo blog-invisionedirettadal-futuro, si tiene sempre le mani libere, pronto a scaricare le responsabilità sui suoi transitori pupilli.

Soprattutto, però, questa pagina della nostra neo-storia, più che istericamente, razzisticamente demonizzata, andrebbe attentamente studiata, meditata proprio da quelle sinistre che si stanno essiccando nel precoce autunno di questo nostro incombente luglio 2018.

di Riccardo Tavani

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