Antonio Ingroia. Gli hanno tolto la scorta e lo hanno lasciato solo.

Antonio Ingroia è stato lasciato senza scorta. Uno dei magistrati che ha intrapreso il percorso che ha portato all’accertamento dell’esistenza di una trattativa tra Stato e mafia, si ritrova, a distanza di poche settimane dalla sentenza,  senza scorta per una decisione dell’Ucis , Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, che non vede più presenti le condizioni di pericolo per il mantenimento di  una costante tutela su Antonio Ingroia. Sarebbe sufficiente, secondo le nuove indicazioni, un semplice controllo sugli spostamenti, che dovrebbero essere segnalati dall’avvocato Ingroia, con un anticipo sufficiente a predisporre l’intervento.

Un uomo, quindi, che ha messo in gioco per  tanti anni la sua vita, al servizio dello Stato, per aprire quel vaso dei segreti delle mafie e di una parte di politica italiana, viene abbandonato e lasciato solo da quello stesso Stato che ha tutelato con le sue azioni.

E’ possibile che tutto questo rientri in un ambito di normalità?

Diciamo pure  che no, non è normale. Le mafie, non importa se si chiamano camorra, cosa nostra o ‘ndragheta,  non hanno la corta memoria della gente (o dello Stato). I loro nemici sono da uccidere per il danno provocato alla loro struttura. L’omicidio è l’unica forma di vendetta che conoscono.  L’omicidio e, di solito, il fango gettato a mani piene contro l’avversario.

Nel caso di Antonio Ingroia è sempre stata presente la volontà di ucciderlo, manifestata e raccontata anche dal pentito D’Amico, che ha parlato di una decisione rinviata per difficoltà legate all’organizzazione della strage.  Su Ingroia resta, in ogni caso, sospesa come spada di Damocle, la considerazione di  lui come di un nemico del malaffare, con la conseguente permanenza della decisione di eliminarlo. Perché mai la ‘ndrangheta o cosa nostra avrebbero dovuto cambiare idea? Soprattutto adesso che si è arrivati anche alla definizione del processo sulla trattativa …

Un’amministrazione dello Stato decide che, però,  non è più il caso di estendere la protezione.

Ci si domanda come sia possibile che, ancora oggi, in Italia, non si comprenda quanto sia importante per fermare queste potenziali uccisioni, manifestare, in modo aperto e chiaro, forte sostegno a coloro i quali le mafie hanno dichiarato guerra.

E’ come se in questo paese, dalla memoria corta, il ricordo di altre morti si disperdesse nel tempo per una maledizione antica. Sono morti  uomini di valore ammazzati da bombe, da armi, ma sempre si dimentica la necessità di urlare che non sono soli, che esiste uno Stato pronto a impegnarsi nella loro difesa, quando sono ancora vivi. Il ricordarli dopo le stragi, dopo gli assassinii diventa retorico e ipocrita se, chi può, non fa niente per tutelarli.

Dichiarare che non esistono più le condizioni che richiedono la protezione di un fiero avversario delle mafie è come disegnare lentamente dei cerchi concentrici sulle spalle, all’altezza del cuore, favorendo la mira del nemico dalla lunga memoria.

Antonio Ingroia ha scritto già tre lettere, una a Minniti (sotto il cui ministero è stata presa la decisione) e due all’attuale ministro degli Interni, Salvini, in cui fa presente la difficoltà della sua attuale posizione.

Saranno prese in considerazione?

Insieme a tanti altri ci uniamo alla richiesta di mantenergli la scorta. E’ importante far sentire l’appoggio di tutti a chi si mette in prima linea, rischiando la propria vita. Non dimentichiamolo.

di Patrizia Vindigni

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