Convergenza elettronica a destra sul Like Pianeta

C’è un fattore che unifica oggi il mondo, oltre ogni confine geografico e politico, tanto da configurarsi come una vera e propria oltre frontiera. Questo fattore è la comunicazione elettronica, i socia-media, come app ormai di ogni nostro aspetto biologico ed esistenziale. Ecco: sarà una coincidenza, ma da quando si è universalizzato sul pianeta questo fattore, sembra essersi anche universalizzata la destra. Ossia: abbiamo pedalato tutti a destra. Pedalato nel senso che qualsiasi cosa abbiamo postato – dalle più raffinate, sensibili, acculturate, rivoluzionarie, reazionarie, umanitarie, razziste, rozze, canagliesche espressioni – tutto viene schiacciato, squagliato, reificato come nuovo smagliante esito di destra.

Per destra, però, non dobbiamo limitarci alle facce, alle pose, ai coupe de theatre dei leader di destra che ovunque si presentino nel mondo vincono a man basse le elezioni, e senza contare tutti i regimi dittatoriali, che certo di sinistra non sono. No, per destra, bisogna intendere quella sostanziale, quella per cui l sinistra è nata e si è data uno scopo. Dobbiamo cioè intendere per destra, quella configurazione economica, organizzativa, sociale tesa a estrarre profitto dal lavoro umano e dalle risorse ambientali del pianeta. Il profitto come scopo primario, da conseguire sopra ogni altra cosa e costi quel che costi.

Non c’è dubbio che questa accezione del termine destra, abbia ormai ridotto il lavoro a una mera app, poco, anzi, sempre meno e tendenzialmente per niente retribuito. L’importante non è più il compenso del lavoro, ma il like o il dislike. Se chiami il tuo operatore telefonico per risolvere un banale problema tecnico, la ragazza o il ragazzo che ti rispondono e ti aiutano si raccomandano di esprimere il massimo della soddisfazione nel sondaggio telefonico che poco dopo ti arriverà. Addirittura ti viene chiesto nell’ultima domanda di esprimere – da 1 a 10 – il tuo grado di felicità, si di felicità, dopo aver chiuso la comunicazione con il call-center che ha preso in carico il tuo problema. Ragazze e ragazzi, magari con lauree, master, tirocini all’estero, che parlano almeno un paio di lingue, ecc, pagati in maniera poco più che simbolica, senza altri diritti, normative presenti e future.

Però a pensarci bene siamo tutti noi a lavorare, a pedalare, navigare gratis per questa destra, a cominciare proprio dall’uso dei social network, che io stesso sto qui utilizzando per comunicare con voi. Marshall McLuhan ha coniato il famoso “Il medium è il messaggio”, ossia il mezzo che utilizzi per comunicare conforma, performa, rende operativo il tuo messaggio, ben oltre le tue intenzioni e la tua volontà. Oggi potremmo dire che “Il medium è la diretta riduzione a profitto del messaggio”. A questo scopo davvero quello che scrivi, dici, video-posti, la tua cultura, le tue capacità critiche, selettive e percettive, le tue migliori o peggiori intenzione, la tua benefica o malefica volontà non contano proprio niente. L’importante è che la “destra strutturale” estragga profitto da ogni nostro anche micro-particellare post. Lo profili, lo inserisca in un data base planetario, lo rivenda ad agenzie di analitcs, di marketing, sondaggi, promozione o pubblicità, a una ben precisa quotazione in dollari a seconda della zona del mondo che popoliamo. E soprattutto lo utilizzi per creare intorno al pianeta, e fra poco anche sulla Luna, una pervasiva atmosfera di destra, tale da penetrare i pori stessi della materia intorno a noi. Che cos’è infatti l’intervento sempre più massiccio, non più solo di singoli o di gruppi, ma delle maggiori aziende mondiali nella compravendita di like sulla rete mondiale. Che cosa si vuole che siano per la scala delle loro possibilità di investimenti l’acquisto di centomila like al costo di 600 $ a pacchetto, spacciati per “100% real human likes”, ossia di essere umani reali, con tanto di bollino di garanzia, lifetime warranty, mentre sono prodotti da vere e proprie catene di montaggio dei like, dette click farm. Tali fabbriche in serie non dei like ma anche delle visualizzazioni sono disseminate nelle maggiori città del terzo mondo e in Cina. Basta collocare dentro una stanza migliaia di cellulari, facenti capi ad account tanto anonimi quanto fasulli. Cellulari messi in collegamento diretto, così che cliccando un like su uno solo di essi, si smitragliano simultaneamente decine di migliaia di like su un singolo post, il cui autore abbia provveduto a pagare anticipatamente con la sua carta di credito in rete. Che poi questi centinaia di migliaia di like provengano tutti da una medesima località cinese nessuno andrà a controllarlo. L’importante è il numero di like e condivisioni sotto un post, di visualizzazioni sotto un video, per far crescere il valore economico sul mercato dell’autore, singolo, gruppo, startup, azienda locale, nazionale o transnazionale che sia, e per qualsiasi nuova o vecchia idea o produzione da lanciare sul mercato. Il problema, però, è che non solo i privati a ricorrere al buy-facebook-likes, ma anche istituzioni pubbliche internazionali.

La cosa riguarda ormai anche sempre più anche i giornali. Il crollo delle tirature – passate in un decennio dal milione di copie a due-trecentomila per le grandi testate – è stato anche una catastrofe degli introiti pubblicitari. Quale azienda è disposta a investire in pubblicità su un mezzo di comunicazione che sempre meno persone continuano ancora a comprare? Ecco la necessità delle edizioni online. Pubblicare articoli, inchieste, video che seguano la cresta delle maggiori tendenze social, per attirare il maggiore numero possibile di likes, condivisioni, visualizzazioni, diventa una necessità di pura sopravvivenza se si vuole continuare a ricevere introiti pubblicitari. Il vecchio “Primum vivere deinde phlilosophari”, si è trasformato nel nuovo “Prima il like, poi il vero”.

L’economia va sempre più occupando, colonizzando e virando a destra il LikePianeta. La massa monetaria che gravita intorno a esso è stata calcolata in oltre 100 miliardi di euro per il prossimo decennio solo nei paesi più ricchi. Uno degli strumenti per attrarre nelle proprie casse quote sostanziose di tale ammasso sono gli Influencer. Gli influencer non sono necessariamente personaggi pubblici molto famosi, ma soprattutto persone che hanno conquistato intere geografie e popolazioni web a suon di like e followers conquistati, acquistati,più o meno realmente o con la carta di credito. Fatto sta che una beauty influencer, ossia operante nel campo della bellezza, come Huda Kattan ha oggi 25 milioni di follewer, e l’azienda che si vuole accaparrare la sponsorizzazione di un suo singolo post le deve preventivamente versare la bellezza reale di 18 mila dollari. Una cifra che la massa geo-pop di chi la “likka” non guadagna neanche in un anno. A quale modello di bellezza, apparenza, sensibilità, gusti, visioni, abitudini, idee ciperformi, ci conformi questa rete di influencer che avvolge ormai tutto il pianeta lo dicono già la provenienza e la crescita stellare dei loro emolumenti. Certo, non di sinistra. Non è un caso, infatti, che proprio la politica di destra stia applicando in tutto mondo lo stesso identico modello like-mediatico. Le cose importanti si comunicano via twitter, con dirette facebook e foto su Instagram, contando, pesando, facendo rimbalzare sul web la massa gravitazionale di click attratta, per attrarne una ancora maggiore al prossimo post. Dichiarazioni, uscite, numeri e capriole circensi sono oculatamente sferrate e in base all’epidermico effetto clickche innescheranno. La verità, però, è che anche esse sono completamente e servilmente funzionali a una vera e più immane destra che le sovrasta e sovra determina.

L’atmosfera del neo LikePlanet, social-mediatico sostituisce di fatto quella che abbiamo mentalmente fin qui respirato sul vecchio Real Planet. Nessuno di noi può sfuggire a tale sostituzione di miscela gassosa. La riduzione del grado di felicità al rapporto con lo smart-phone, tablet, pc o altro presente e futuro device elettronico via call-center, non più quello obsoleto con altri senzienti-pensanti e con l’ambiente naturale. La riduzione a profitto capitalistico di ogni nostro precipuo aspetto culturale, caratteriale, psicologico. determina questa epocale convergenza elettronica a destra. E fare una battaglia democratica, progressista, umanista, di sinistra dentro tale atmosfera, usando un mezzo intrinsecamente performato, ossia operativamente conformato per l’affermazione linguistica, concettuale, fattuale universale della destra è ancora un’illusione utile da coltivare?  O non bisognerà piuttosto andare alla vera oltrefrontiera: quella del sottosuolo?

di Riccardo Tavani

 

Print Friendly, PDF & Email