Il caso Ozil che scuote calcio e politica in Germania

Il caso di Mesut Ozil, calciatore dell’Arsenal e della Germania, è stato un vero e proprio terremoto nel calcio e nella politica tedesca.

Una vicenda che mette le radici lontano, precisamente lo scorso 5 maggio, prima della partenza per il mondiale di Russia, quando Ozil si fa immortalare, all’Hotel Four Season di Londra, mentre regala la sua maglietta al presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Insieme a lui anche Iljay Gundogan, del Manchester City, e Cenk Tosun, dell’Everton, tutti calciatori tedeschi di origine turca. Da quel momento il calciatore nato a Gelsenkirchen, tedesco di terza generazione con oltre 90 presenze in Nazionale, è stato oggetto di critiche, insulti e minacce, che si sono arrestate per un paio di giorni, durante i Mondiali, per poi esplodere nuovamente dopo la clamorosa eliminazione della squadra di Low.

Capro espiatorio della disfatta russa, dove la Germania si presentava da campione in carica, è stato proprio Mesut Ozil, accusato di aver poco attaccamento alla sua nazionale. Così il fantasista dell’Arsenal ha deciso di dire basta: “Non hanno criticato le mie prestazioni, non hanno criticato le prestazioni della squadra, hanno soltanto attaccato la mia origine turca. Questo atteggiamento supera un limite che non andrebbe mai superato: con giornali che provano ad aizzare la nazione tedesca contro di me”. Le accuse si rivolgono poi soprattutto al presidente della Federazione calcistica tedesca Reinhard Grindel: “Negli occhi di Grindel e di chi è con lui, io sono un tedesco quando vinciamo, ma un immigrato quando perdiamo. Questo perché nonostante paghi le tasse in Germania, sia attivo nella beneficienza verso scuole tedesche, nonostante abbia vinto con la Germania un Mondiale nel 2014, non sono ancora accettato nella società”. L’altro protagonista della lunga lettera pubblicata da Ozil sui suoi social è Bernd Holzhauer, esponente della Spd, partito di estrema destra tedesco, che definì la nazionale “25 giocatori e due scopa-capre”. Per Ozil “queste persone rappresentano una Germania del passato, una Germania non aperta a nuove culture, e una Germania di cui non sono orgoglioso”.

È la fine di una narrazione, di una retorica di esaltazione sulla Germania multietnica, terra d’integrazione. Dove il diritto di cittadinanza, dal gennaio 2000, dice che è cittadino tedesco chi nasce in terra tedesca, se almeno uno dei genitori risiede regolarmente nel Paese da almeno 8 anni. Ma La vicenda di Ozil mette in luce tutte le crepe della questione. Le nuove spinte xenofobe e populiste spingono a individuare un colpevole facile, a chiudersi per sentirsi più forti e sicuri. E il modello vincente di differenziazione culturale e accoglienza, che aveva portato alla vittoria, in ambito sportivo, dei Mondiali del 2014 in Brasile, sembra essere finito. O, perlomeno, è finita la sua celebrazione.

di Lamberto Rinaldi

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