L’azzardo sulla pelle dell’isola più bella

Bisogna fare capo nell’epoca più recente al 1996. Il regista danese Lars von Trier si fa conoscere dal pubblico internazionale con un film d’arte sul senso di dominio che sottomette l’umano. Il titolo del film è Le onde del destino. Trascendenza divina che si fa immanenza sociale, culturale, esistenziale in quanto violenza, fino al sacrificio estremo, bestiale di sé stessi. Il soggetto della brutalità, del sacrificio però è il corpo e l’anima della donna. Bess, è una giovane che però è soprattutto una bambina nella sua credenza nel dominio di dio sulle onde spietate del destino. Luogo dello stupro esistenziale e sessuale, un’isola scabra dei mari del Nord, priva anche di campane, e quell’altra isola che è un cargo alla fonda davanti alle sue coste, con la sua brutale ciurma di stupratori.

Se c’è un potere, una forza, anzi, ‘la’ forza, essa deve inesorabilmente esercitarsi contro il suo opposto, ossia la debolezza. Cosa di più debole di una donna, di una bambina sola, piccola isola umana tra i marosi della violenza sessuale maschile? Anche se scomposti, questi temi e ingredienti tornano nel film del 2014 dello spagnolo Carlos Vermut, Magical Girl. Barbara, la donna protagonista, per aiutare una bambina gravemente malata, si reca in un luogo coperto dal più impenetrabile segreto, che – diversamente dalla sordida nave su cui si reca Bess – è altamente aristocratico, lussuoso. Anche lei consegna il suo corpo alle più atroci e micidiali sevizie, di cui il film, però, ci mostra solo i successivi effetti fisici e mentali sulla protagonista.

Ora esce nelle sale italiane questo film della regista, autrice e attrice spagnola Ana Asensio, Most Beatiful Island. Il tema dell’isola è già nel titolo, e si riferisce alla città di New York. Quello della bambina, è nella vicenda esistenziale della protagonista, Luciana – interpretata dalla stessa autrice – un’immigrata latina che ha perso la sua piccola figlia in un tragico incidente. Questa bellissima isola, ossia la Grande Mela, è popolata da un esercito lavorativo al femminile che per sopravvivere è costretto ad accettare – in una stessa giornata o nottata – diversi lavori, tra i più infimi e incredibili, ma anche tra i più incredibilmente sottopagati, anzi, prossimi al grado zero della retribuzione.

Il vero potere sull’isola risiede però nel rendere isola tutte le persone che la popolano. Isolarle l’una dall’altra. Rendere ogni immigrata un’isola irraggiungibile per le altre, anche se vi sbarcano il lunario insieme. Il potere ha bisogno di separare,selezionare. Scegliere accuratamente le vittime del proprio ontologico bisogno di sottomissione dell’umano, ossia delle più perverse o raffinate possibilità di disporne liberamente come si vuole. La costrizione ai lavori più diversificati e umilianti è la premessa per l’essere poi immediatamente, pienamente disponibili al profumo inebriante del denaro, quale porta d’accesso ai sotterranei dei riti di lusso e azzardo di un potere che tocca e assoggetta la sfera psicofisica più intima della persona.

Ana Asensio imbocca a sorpresa una variante diversa dai due film citati sopra. La sua recitazione psicologica e fisica, soprattutto le movenze del suo corpo flessuoso mettono bene in risalto il contrasto tra il movimento, la flessibilità richiesta dalla disponibilità totale a ogni arbitrio e la fissità della sottomissione paralizzante cui non è possibile opporre neanche il più flebile respiro, pena l’eliminazione dal sogno stesso dell’isola più bella. Così sotto la pelle della suspense elegantemente torbida e claustrofobica, de te fabula narratur. Ci parla di una condizione sempre più diffusa – dalle metropoli alle periferie del mondo – e che non riguarda più soltanto i giovani, ma una macro generazione precaria senza più confini precisi, perché senza più diritti, redditi e aspettative future. Tanto più la lotta biologica per l’esistenza diventa la scommessa di ogni giorno, restando sospesa al filo sottile di una ragnatela, tanto più siamo isolati, esposti al capriccio, all’azzardo del potere, che corre come un ragno dal morso velenoso lungo la nostra pelle.

di Riccardo Tavani

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