Viaggio in compagnia di un libro – Parte 1

Ti sei mai immaginato come si fa l’amore con una sirena?

di Daniela Baroncini

Ci sono due modi per viaggiare: uno è fisico e consiste nello spostarsi da un luogo all’altro percorrendo strade, cieli e mari; l’altro è fantastico, è il viaggio nel tempo e nello spazio che ci regala la lettura. Queste sono le immagini di un viaggio sulle coste della Sicilia in compagnia del racconto “La Sirena” di Tomasi Di Lampedusa”.

 


“…Partii la sera stessa, e l’indomani al risveglio, invece delle tubature dei cessi che al di là del cortile mi salutavano all’alba, mi trovai di fronte a una pura distesa di mare…Il posto era completamente deserto, come mi hai detto che lo è ancora adesso, e di una bellezza unica…”
(Tomasi Di Lampedusa, La Sirena)

“…Il mare, il mare di Sicilia è il più colorito, il più aromatico di quanti ne abbia visti; sarà la sola cosa che non riuscirete a guastare, fuori dalle città, s’intende. Nelle trattorie a mare si servono ancora i ‘rizzi’ spinosi spaccati a metà?…”
(Tomasi Di Lampedusa, La Sirena)

“…mattina del cinque Agosto alle 6. Mi ero svegliato da poco ed ero subito salito in barca; pochi colpi di remo mi avevano allontanato dai ciottoli della spiaggia. Declamavo, quando sentii un brusco abbassamento dell’orlo della barca…Mi voltai e la vidi: il volto liscio di una sedicenne emergeva dal mare, due piccole mani stringevano il fasciame… emerse diritta dall’acqua sino alla cintola, mi cinse il collo con le braccia, mi avvolse in un profumo mai sentito, si lasció scivolare nella barca: sotto l’inguine, sotto i glutei il suo corpo era quello di un pesce…”
(Tomasi Di Lampedusa, La Sirena)

“…Parlava e così fui sommerso dal suo maggior sortilegio, quello della voce. Essa era un po’ gutturale, velata, risuonante di armonici innumerevoli; come sfondo alle parole in essa si avvertivano le sacche impigrite dei mari estivi, il fruscio delle ultime spume sulle spiagge, il passaggio dei venti sulle onde lunari…”
(Tomasi Di Lampedusa, La Sirena)

“…Una volta le diedi del vino; dal bicchiere le fu impossibile bere, dovetti versargliene nella palma minuscola ed appena appena verdina…Di quando in quando veniva a riva con le mani piene di ostriche, di cozze, e mentre io faticavo ad aprirne i gusci con un coltello, lei li schiacciava con una pietra e succhiava il mollusco palpitante, insieme a briciole di conchiglia delle quali non si curava…”

“…Poi diceva: ‘Tu sei bello e giovane, dovresti seguirmi adesso nel mare e scamperesti ai dolori, alla vecchiaia; verresti nella mia dimora, sotto gli altissimi monti di acque immote e oscure…Io ti ho amato e ricordalo, quando sarai stanco, quando non ne potrai proprio più, non avrai che da sporgerti sul mare e chiamarmi…”
(Tomasi Di Lampedusa, La Sirena)

“…Quelle settimane di grande estate trascorsero rapide come un solo mattino; quando furono passate mi accorsi che in realtà avevo vissuto secoli. Quella ragazzina lasciva, quella belvetta crudele…con dita fragili, spesso insanguinate, mi aveva mostrato la via verso i veri eterni riposi…”
(Tomasi Di Lampedusa, La Sirena)

“…Voglio restare ancora con te; se adesso andassi al largo i miei compagni mi chiamerebbero. Li senti? Mi chiamano…Suonano le loro conche, chiamano Lighea per le feste della bufera”… presto la raffica ci raggiunse, fischió nelle orecchie, piegó i rosmarini disseccati. Il mare al di sotto di noi si ruppe, la prima ondata avanzó coperta di biancore. ‘Addio, Sasà. Non dimenticherai…”
(Tomasi Di Lampedusa, La Sirena)
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