Se questo è un suino

Siamo in provincia di Ancona: un volontario dell’associazione “Essere Animali”, grazie all’uso di una telecamera nascosta, è riuscito a documentare le sevizie e le torture cui decine di suini sono stati sottoposti all’interno di un allevamento – lager della zona, torture degne di un campo di concentramento nazista. Una scrofa presa a martellate con una mazzetta, che le ha prima fracassato la spina dorsale facendole perdere l’uso delle zampe posteriori, per poi ucciderla tra urla disperate; più di trenta martellate prima che lo strazio si concludesse.

Femmine gravide in evidenti difficoltà fisiche pungolate con taser elettrici, cuccioli terrorizzati presi per le orecchie e lanciati come sacchi. Animali picchiati con spranghe di ferro, costretti a vivere in ambienti fatiscenti e in condizioni igienico-sanitarie a dir poco precarie, spesso mutilati da personale privo delle dovute competenze veterinarie. Le immagini sono state consegnate ai carabinieri forestali del Nipaaf di Ancona, che durante le perquisizioni effettuate assieme ai forestali delle stazioni di Acervia, Genga, Sassoferrato e Senigallia (comune in cui l’azienda suinicola sarebbe collocata) hanno rinvenuto tutti gli strumenti di tortura documentati dai video, e raccolto le testimonianze dei dipendenti.

Il titolare dell’azienda, di origini piemontesi ma residente ad Ancona da diversi anni, già denunciato in passato per reati di inquinamento ambientale, rischia ora fino a due anni di carcere per maltrattamento di animali e per la violazione di specifici reati in materia di tutela dei suini, oltre a sanzioni che possono raggiungere i 30.000 euro. Da anni le associazioni animaliste, però, si battono affinché chi si macchi di reati di maltrattamento nei confronti degli animali venga interdetto dall’esercizio di qualsiasi attività legata all’allevamento e gli vengano revocate tutte le autorizzazioni, in quanto oggi chi venga condannato per reati simili può tornare comunque ad allevare o a lavorare con gli animali.

E’ stata anche indetta una raccolta firme per la chiusura dell’azienda incriminata, che purtroppo però non rappresenta un caso isolato. Si stima che di circa seicento milioni di animali che ogni anno sono allevati a scopo alimentare, solo l’uno per cento sia allevato secondo criteri bio. Numerose inchieste hanno dimostrato che maltrattamenti all’interno degli allevamenti intensivi (molti dei quali fornitori di aziende produttrici di marchi DOP) sono la regola: gabbie di dimensioni talmente ridotte da impedire qualsiasi movimento degli animali, che spesso (come nel caso delle scrofe) finiscono per schiacciare i cuccioli in allattamento; sovraffollamento, presenza di topi, carcasse abbandonate, animali gravemente feriti privi di qualsiasi supporto veterinario.

E ancora, polli stipati in gabbie minuscole, costretti a vivere in mezzo ai loro escrementi, pulcini tritati vivi. Se le scelte alimentari legate al consumo o meno di carne e derivati animali sono strettamente personali e soggettive, di certo il rispetto per la vita di qualsiasi essere vivente, anche di quelli destinati al consumo alimentare, e la garanzia di un’esistenza dignitosa e serena devono diventare la priorità di chiunque, vegano o carnivoro che sia.

di Leandra Gallinella

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