Specchio, specchio della mia ombra in mille pezzi

Possiamo dire che l’Africa è il calore, il sole accecante e l’Europa l’ombra che sale su dalla mitezza mediterranea fino al gelo artico? Il rapporto tra questi due prospicenti, immani conglomerati geologici non si limita però a quello tra luce e ombra, tra fuoco e acqua, tra cibo da irrigazione e fame da siccità. No, il rapporto è anche tra origine ed esito, tra seme e frutto. Sono datati a 195.000 anni fa i primi resti di Homo Sapiens, che gli scienziati hanno finora rinvenuto. Essi erano sulle sponde del fiume Omo, a Kibish, in Etiopia. L’Homo Occidentis, ma non solo, è il frutto di questo seme originario. E mai come in questo caso possiamo dire che un’origine non rimane morta e sepolta sotto il cumulo millenario di secoli che la separa da noi. Un’origine è sempre in atto nel presente e ci ripropone inesorabilmente – prima o poi – un rapporto con essa. Parliamo dell’origine dell’uomo non solo in termini biologici, ma soprattutto nei termini del suo farsi aggregazione sociale, politikòn zôon, animale politico, secondo la celebre definizione di Aristotele. Un tornare ineluttabilmente, dunque, al rapporto dello sviluppo della coscienza con la giustizia originaria.

Il tema dell’immigrazione ci pone un problema di giustizia, ma lo pone solo alla superficie, non nel sottosuolo antropologico dell’origine. Lo vediamo con le nuove esplorazioni politico-economiche, proprio dell’inizio di questo settembre sull’Africa. Esse si possono riassumere nelle tre ambiziose iniziative rappresentate da Inghilterra, Germania e Cina.

Quest’ultima ha concluso il 4 settembre a Pechino un vertice con 53 capi di Stato africani, fatto sia d’incontri d’insieme, sia be to be, ossia tra la Cina, i suoi rappresentati industriali, bancari e finanziari e ognuno dei cinquantatré rappresentanti africani. Gli investimenti cinesi in Africa ammontano già oggi a188 MLD di dollari. Il presidente Xi Jinping aveva promesso un incremento di 20 MLD $, ma il vertice di questi giorni ha fatto salire la cifra di altri 60~80 MLD $, arrivando così a oscillare tra i 250 e i 270 MLD $.

L’investimento complessivo della Unione Europea è di 350 MLD $, che diviso per i 28 Stati che la compongono fa circa 12,5 MLD $ ciascuno. L’enorme incremento dell’investimento cinese – stabilito non in forma di prestito – si articola in dieci specifiche priorità di sviluppo, riguardanti salute, istruzione, commercio modernizzazione dell’agricoltura, infrastrutture industriali, portuali, ferroviarie, stradali, ecc.

Il problema del debito estero – dopo la grave crisi del ventennio 1980-2000 – continua a essere cruciale per i Paesi africani. Anche il Sud Africa, che fa parte del cosiddetto gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) è caduto in una profonda crisi economica. La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, per il rientro dei debiti, hanno sempre posto condizioni durissime, pressoché proibitive. Ciò ha consentito alla Cina di proporsi come una accettabile alternativa finanziaria. Ricordiamo che la realizzazione della “Nuova Via Seta Mondiale”, percorrerà tutto il Continente Nero, da Tangeri a Johannesburg, attraverso la presenza di circa diecimila imprese del dragone asiatico. La Cina in questo modo ottiene dall’Africa risorse energetiche strategiche e un’influenza politica che si tradurrà in voti a suo favore presso l’Assemblea dell’Onu. Neo Imperialismo?

In questo cornice egemonizzata dalla Cina, si muovono i due inediti tentativi della frammentata ombra europea. Quasi negli stessi giorni, a fine d’agosto, la Premier inglese Teresa May e quella tedesca Angela Merkel hanno calcato zone diverse dell’infuocato, intricato suolo africano.

L’attuale investimento britannico in Africa ammonta a 36 MLD di Sterline. La May vuole incrementarlo di altri 40 MLD, con l’intento di superare entro il 2022 quello USA che è pari a 53 MLD $. La leader inglese, che ha recato con sé una trentina di uomini d’affari, ha puntato il suo mirino su tre ex colonie inglesi, che facevano parte del Commonwealth, e che parlano tuttora la lingua inglese: Sud Africa Nigeria, Kenya. La May ha detto nei suoi incontri che vuole migliorare le condizioni di vita di questi Paesi, per frenare il terrorismo islamico e l’immigrazione clandestina verso la Gran Bretagna. Molti osservatori internazionali si sono domandati, però: e Neo colonialismo? Anche alla luce della scabrosa situazione interna determinatasi con Brexit.

La Germania, in proprio, oltre la sua quota comunitaria, ha un investimento di 10 MLD $ in Africa, quasi totalmente assorbiti da Algeria, Nigeria, Sud Africa. Ora anche Angela Merkel vuole non solo incrementare l’investimento tedesco ma anche stabilire una certa presenza militare e influenza politica in alcune aree cruciali, ai fini della lotta al terrorismo e al controllo migratorio. Questo anche favorendo la nascita di una sorta di G5 nella fascia del Sahel. Anche la Germania è stata una potenza coloniale nel secolo scorso, venendo poi ridimensionata da Francia e Gran Bretagna, che hanno diviso di fatto l’intero Continente in due loro zone di spartizione. La Merkel ha puntato, però, prevalentemente su tre stati immuni da questo retaggio di dipendenza coloniale germanica: Senegal, Ghana, Nigeria.

Con il vertice G 20 di Amburgo del 2017, presieduto proprio dalla Germania, è stata favorito l’elaborazione del Compact with Africa, un piano internazionale di sviluppo dei maggiori settori critici dell’Africa, dalla salute, alla scuola, all’acqua, alla tecnologia e alla diversificazione economica.  Perché allora non ha agito in questo suo viaggio come Unione Europea, essendo il suo stato più forte economicamente e politicamente? Anche qui neo colonialismo e per di più neo nazionalista? Ma se deve esserci davvero questo tanto ripetuto Piano Marshall Africano, perché le varie potenze economiche non si uniscono e lo mettono a punto e in atto insieme? Perché Macron – in maniera identica al suo avversario Sarkozy – continua a perseguire esclusivamente, cinicamente, ferocemente gli interessi francesi in tutte le sue ex colonie africane? Un nuovo trans-imperialismo nell’epoca del capitalismo finanziario globale sta usando le vecchie articolazioni coloniali nazionali ai propri fini planetari.

Tutti gli attuali piani di intervento economico e politico, continuano a reiterare sfruttamento selvaggio delle risorse ambientali, umane e oscuramento dei diritti civili, politici delle popolazioni. Nessuna ridistribuzione equa delle ricchezze mondiali, ma neo-espoliazione del Terzo Mondo sotto l’alibi dell’isteria migratoria. L’immigrazione, in realtà, continuerà a essere l’abbaglio accecante di superfice. Mentre lo specchio d’ombra, lo specchio nero d’Africa sarà ancora più in frantumi, sparso in mille pezzi e schegge acuminate, che rimandano moltiplicata l’immagine buia del rapporto tra la nostra coscienza e la giustizia ontologica originaria.

di Riccardo Tavani

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