Claudio Domino: la “vita negata”

Ucciso a soli undici anni il 7 ottobre 1986; un unico colpo a bruciapelo al centro della fronte. È morto così Claudio Domino, in un pomeriggio qualunque, mentre passeggiava in una via del quartiere San Lorenzo di Palermo. Figlio di Graziella, proprietaria di una cartoleria in via Fattori, e di Antonio, operaio della Sip, che a distanza di trentadue anni attendono ancora una risposta definitiva ai tanti perché. Erano gli anni del maxi-processo svoltosi nella stessa aula bunker per la quale la coppia (proprietaria di due ditte) aveva ottenuto l’appalto per le pulizie, ma sembra non esserci correlazione alcuna tra questo e l’omicidio. Anzi, gli stessi protagonisti del processo già allora si sentirono in dovere di dichiarare la loro estraneità al fatto, gettando sulla vicenda un velo ancor più fitto di mistero.

Michele Greco, boss di Cosa Nostra, dichiarò durante il processo di non essere in alcun modo coinvolto con l’omicidio, e l’avvocato Giovanni Bontate, addirittura, lesse un comunicato in cui tentò di allontanare da Cosa Nostra il sospetto di aver ordinato l’uccisione del bambino, definendolo “un atto di barbarie non collegabile alla mafia”, e ammettendo implicitamente per la prima volta l’esistenza dell’organizzazione mafiosa. Chi, allora? E perché? … Di ipotesi sui motivi della sua uccisione ne sono state fatte diverse; si pensò che potesse essere stato testimone di un sequestro, poi di spaccio di droga. Quella più accreditata, riportata dal collaboratore di giustizia Giovanbattista Ferrante, lo vedrebbe testimone scomodo di un centro di confezionamento di droga all’interno di un magazzino.

Lo stesso Ferrante raccontò di essere il killer che, su ordine di Giovanni Brusca, cercò e uccise Salvatore Graffagnino, proprietario del bar vicino al luogo dell’omicidio e mandante dell’assassinio del piccolo. Perché tanta attenzione sulla vicenda da parte dei boss mafiosi, che oltre a prendere chiaramente le distanze intervennero addirittura per “vendicare” il piccolo e “punire” il responsabile?….Un’altra fonte, il confidente Luigi Ilardo, ucciso nel 1996 prima che potesse divenire collaboratore di giustizia, riportò al colonnello Michele Riccio che il giorno dell’uccisione del piccolo fu visto aggirarsi per le strade di Palermo un uomo con “la faccia da mostro”, alias Giovanni Aiello, ex poliziotto collegato a tanti fatti di sangue riconducibili alla mafia.

Cosa realmente si nasconda dietro la morte del piccolo Claudio non si è mai saputo e, forse, non si saprà mai; i genitori del bimbo, intanto, dopo tanti anni di silenzio, hanno deciso di onorare la memoria del figlio e degli oltre 108 bambini vittime di mafia attraverso un progetto partito proprio nel trentesimo anniversario dell’uccisione di Claudio e chiamato “la vita negata”; progetto con il quale la coppia ha varcato la soglia di moltissime scuole per raccontare la storia di Claudio e dei tanti altri bambini a cui la vita, appunto, è stata negata.

di Leandra Gallinella

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