Gli omicidi Marinova, Galizia e Kuciak gettano una terribile ombra sulla libertà di stampa europea

Lo scorso 7 ottobre una giornalista bulgara, Victoria Marinova, è stata picchiata, violentata e uccisa in un parco. Si tratta del terzo giornalista ucciso in Europa in un anno.
Victoria Marinova aveva 30 anni ed era una giornalista televisiva, noto volto della trasmissione “Detector”: nella sua ultima puntata, del 30 settembre, aveva parlato di un’inchiesta che seguiva da tempo sui fondi europei. Non sappiamo se l’uccisione della giovane donna è da ricollegarsi alla sua attività investigativa, ma certo questo lavoro giornalistico per qualcuno era scomodo: il 10 settembre era stato pubblicato un articolo in merito su un giornale bulgaro; poco dopo i due giornalisti firmatari sono stati arrestati e il direttore della testata ha ricevuto minacce di morte.

Victoria è stata assassinata a Ruse, si presume intorno alle ore 11: il corpo è stato ritrovato solo alle 14, nei pressi del fiume Danubio. Vestiti, cellulare e altri averi personali della Marinova erano spariti.
Sebbene il movente sia ancora da chiarire, da diverso tempo la giornalista bulgara indagava su uno scandalo relativo all’affidamento di fondi europei, uno caso ribattezzato “GPgate”, scoperto dai centri di giornalismo di Rise e Bivol: proprio due firme di questo ultimo gruppo avevano pubblicato il famoso pezzo del 10 settembre. Successivamente i due giornalisti sono stati arrestati in circostante davvero particolari: li hanno fermati nel bel mezzo di un incendio, mentre cercavano di recuperare alcuni documenti che dimostravano l’illecito dei fondi europei. Inutile dire che sono seguite innumerevoli proteste. L’International Press Institute (IPI) ha chiesto al primo ministro bulgaro, Boyko Borisov, di garantire l’incolumità fisica dei suoi giornalisti. Allo stesso modo ora viene richiesta una maggiore protezione nei confronti dei colleghi di Victoria: proprio in questi giorni il team giornalistico avrebbe dovuto visitare uno dei luoghi cardine del cosiddetto GPgate.

L’associazione omicidio, fondi europei, presunti traffici illeciti riporta alla mentre un’altra giornalista, il cui primo anniversario di morte ricorre proprio nei prossimi giorni: la maltese Daphne Caruana Galizia, uccisa da un autobomba il 16 ottobre del 2017. Da anni si occupava della corruzione del governo maltese e del suo coinvolgimento nei noti “Panama Papers”. Aveva definito Malta “la base pirata dell’evasione fiscale europea”. Il sito “Politico” aveva inserito Daphne tra le 28 personalità “che agitano l’Europa”.
Unendo la Bulgaria a la Valletta non si può non pensare al giovane cronista slovacco Jan Kuciak, ucciso lo scorso 21 febbraio. E’ stato freddato con un colpo di pistola in casa sua, insieme alla fidanzata, all’età di 27 anni. Si occupava di frodi fiscali presumibilmente riconducibili al partito del premier Fico. Quando morì l’UE sentenziò che “è inaccettabile che un giornalista muoia facendo il suo lavoro”.

L’omicidio Marinova avviene proprio il giorno in cui morì un’altra grande firma del buon giornalismo: sempre il 7 ottobre del 2006 la giornalista russa Anna Politkovskaja fu uccisa nell’ascensore del suo palazzo. Il principale indiziato di questo omicidio era ed è ancora uno degli uomini più potenti al mondo.

Tre giornalisti uccisi in un anno rappresentano un bel campanello di allarme per la libertà di stampa europea. La Bulgaria è al 111° posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa; l’Italia è al 46° ma sono in aumento le minacce ai giornalisti e ci sono ancora una decina di cronisti che vivono “sotto protezione permanente”. Appena un anno fa l’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, dichiarò che in Italia “l’informazione è un male necessario: se fai domande scomode sei un nemico”. De Bortoli così come il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, e Maurizio Bel Pietro sono stati tutti “silurati” dall’ex premier, Matteo Renzi. Famoso è l’editto bulgaro del 2002 ai danni di Biagi, Santoro e Luttazzi. Per non parlare delle “sparate” dell’ex Cavaliere. Il nostro Paese naviga davvero in acque tranquille? Perché il giornalismo fa ancora tanta paura e, soprattutto, sarà mai davvero libera la stampa?

di Irene Tirnero

Print Friendly, PDF & Email