La democrazia brasiliana è sotto attacco. L’estrema destra vince il primo turno delle elezioni

Il Brasile, la più grande economia dell’America Latina, vedrà probabilmente salire al potere un rappresentante di estrema destra nel secondo turno di votazioni del 28 ottobre. Il primo turno delle elezioni, che si è tenuto domenica 7 ottobre, rappresenta forse il cambiamento più radicale che il Brasile abbia mai incontrato negli ultimi decenni. Quella di quest’anno è l’elezione più importante da quando il Brasile ha posto fine alla sua dittatura militare più di 30 anni fa, ed è anche l’elezione più competitiva e più divisa, con un totale di 13 candidati alla presidenza.
Il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro (PSL) ha ricevuto il 46% dei voti. Il candidato presidenziale del partito laburista di sinistra, Fernando Haddad (PT), è arrivato secondo con il 29% dei voti. Mentre alcuni elettori sono rimasti fedeli al Partito dei Lavoratori, il quale ha governato dal 2003 al 2016, molti hanno considerato responsabili delle difficoltà economiche degli ultimi anni proprio il partito rappresentato da Fernando Haddad.
Bolsonaro ha sfruttato la rabbia e il desiderio di cambiare lo status quo che ha attanagliato il popolo brasiliano negli ultimi mesi, diventando il volto di un crescente movimento conservatore in una nazione in cui l’economia ha subito un forte freno negli ultimi anni. Ma se andiamo ad analizzare molti dei discorsi di Bolsonaro, notiamo che ha offerto poco in termini di contenuti, in particolare per quanto riguarda l’economia del paese. Si è distinto maggiormente per avere soluzioni eccessivamente semplicistiche a problemi molto complessi, una caratteristica dei populisti.
La vittoria quasi certa di Bolsonaro sarà molto probabilmente denunciata da molti esponenti dei partiti di sinistra, in quanto esito non democratico di un’elezione che ha escluso l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, leader sindacale che è salito alla ribalta negli anni a cavallo tra il ‘70 e l’80. Lula, in carica per due mandati fino al 2011, sembrava essere il candidato più forte a queste nuove elezioni, ma è stato condannato dalla Corte d’Appello all’inizio di quest’anno per corruzione e riciclaggio di denaro. Lula ha continuato a condurre la campagna elettorale dalla sua cella fino ad un mese prima delle elezioni, poi il Partito dei Lavoratori ha deciso di far presentare alla corsa elettorale Fernando Haddad. Il nuovo candidato però non è riuscito a galvanizzare gli elettori del Partito dei Lavoratori, i quali si erano identificati con le radici operaie e il passato da sindacalista di Silva.
Con questo voto il popolo brasiliano ha espresso il suo volere, il disgusto per la politica tradizionale. Le elezioni brasiliane hanno ribadito quello che ormai è evidente negli Stati Uniti e in molti paesi europei, ovvero l’orientamento populista di molti esponenti e un approccio duro alla lotta contro la criminalità e la corruzione. Milioni di brasiliani oggi abbracciano con entusiasmo l’approccio radicale di Bolsonaro alla legge e all’ordine, anche se questo significa uccidere criminali o nemici politici, affermazioni più volte sostenute da Bolsonaro durante la campagna elettorale.
Con una vittoria di Bolsonaro il prossimo 28 ottobre le istituzioni democratiche del paese potrebbero essere erose. È probabile che ora molti degli altri partiti brasiliani si schiereranno con Haddad per evitare la vittoria del candidato di estrema destra.

di Antonio Zinilli

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