Il segreto delle Azzurre del Volley

Accanto a Lucia Bossetti, 29 anni, figlia d’arte di Giuseppe, ex tecnico nazionale, e di Franca, oltre 90 presenze in Azzurro, c’è Miriam Sylla, 23 anni, schiacciatrice nata da genitori ivoriani. Vicino alla sua collega di reparto Elena Pietrini, classe 2000, c’è Paola Egonu, ventenne nata da genitori nigeriani. Insieme Ad Ofelia Malinov, figlia dell’allenatore bulgaro Atanas, c’è la veterana del gruppo, Serena Ortolani, 31 anni, e Sarah Fahr, la più giovane, appena 17 anni. E poi Beatrice Parrocchiale e Monica De Gennaro, Anna Danesi e Marina Lubian, Cristina Chirichella e Sylvia Nwakalor, Miriam Sylla e Carlotta Cambi.
Sono queste le azzurre scelte da mister David Mazzanti per il Mondiale in Giappone. Sono queste le azzurre arrivate, nel momento in cui scriviamo, a nove vittorie consecutive. Battuti anche gli USA, gli stessi che battemmo nel 2002, nell’ultima finale vinta dall’Italia.
“Nessuno di noi ha mai detto nè pensato consciamente di vincere il mondiale – ammette il CT Mazzanti, 42 anni, a la Repubblica – ma in ognuno di noi, parlo di me, del mio staff, delle ragazze, quel sogno abita dall’inizio di questo percorso”.
Un percorso il cui segreto, a leggere nomi e date di nascite delle sue ragazze, è tutto nella fusione, nell’incontro, nella miscela. Veterani e giovani, esperienza e freschezza, radici diverse. “Abbiamo radici diverse, ma proveniamo tutti dalla stessa terra, condividiamo le idee, la lingua, una visione”. Egonu e Sylla si definiscono “afroitaliane” perchè “una cosa non esclude un’altra”, Malinov carica la squadra, “o troveremo una strada o ne costruiremo una”, e la via la indica Danesi: “la differenza la fanno il timing, l’istinto, la capacità di leggere le situazioni”.
Nessuno parla di vincere, sono tutti scaramantici, vista anche la batosta e l’illusione maschile nei mondiali di categoria. Ma il percorso nella Final Six dovrebbe essere abbordabile, alla portata. Poi si vedrà. Intanto questa Italia giovane ed esperta, azzurra e multietnica, sta stupendo tutti. Per le Azzurre, invece, il segreto è un altro. “Ce n’è uno, ed è una canzone che cantiamo tutte assieme poco prima di andare in campo. Non lo saprete prima che tutto sia finito”. Come a dire: che c’entra la tecnica e la transculturalità. Lo sport è una cosa molto semplice e non guarda alle carte d’identità o al colore della pelle. Almeno chi scende in campo. “Siamo un gruppo fantastico, di amiche, a pallone fermo ci piace andare in giro, abbiamo visitato Sapporo, Osaka. La condivisione dei momenti è fondamentale”.

di Lamberto Rinaldi

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