Scienza e pseudoscienza

Il 10 gennaio è stata diffusa la notizia che Renzi e Grillo hanno firmato un appello in difesa della scienza, chiedendone il rispetto e la giusta considerazione economica.
Sembra un’ottima cosa, tuttavia non ho potuto fare a meno di sentire un po’ di puzza di bruciato. Infatti, per capire il senso più vero del documento (e delle firme politiche poste in calce con tanto clamore mediatico) occorre leggerlo tutto, e fare un minimo di riflessione.
Soprattutto, mi interessa sapere che cosa si intenda per “pseudoscienza” e pseudomedicina”. E come riescano Renzi e Grillo (ma anche la generalità dei politici) a distinguerle, visto che anche molti scienziati di professione non ci riescono.
Il problema non è irrilevante, perché il documento non chiede semplicemente di promuovere la scienza, ma anche di non ”tollerare in alcun modo forme di pseudoscienza e/o di pseudomedicina” e di “governare e legiferare in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudoscienziati”. E non solo: si parte parlando di scienza in generale e si finisce col parlare di medicina. Sembra questa, in realtà, il vero oggetto dell’appello, scritto, d’altronde, da due medici.
Sebbene si circoscrivano le auspicate azioni repressive alle situazioni che “mettono a repentaglio la salute pubblica” che “con affermazioni non-dimostrate e allarmiste, creano paure ingiustificate tra la popolazione”, tuttavia mi sembra che l’obiettivo inconfessato del documento siano tutte le forme di pensiero critico o, diciamo così, dissidente nei confronti dell’idea di medicina che professano gli estensori dell’appello: quella che, nella letteratura scientifica, viene denominata “medicina convenzionale” o “main stream”: che non è, infatti, la sola tipologia accettata nel mondo scientifico. Che senso avrebbero, altrimenti, delle richieste di repressione verso qualcosa di così imprecisato ed indistinto? E perché non dare nome e cognome a pseudoscienza e pseudomedicina?
Mi è sembrata una manovra sporca, perché usa gli stessi principi dell’inquisizione: ogni pensiero critico è eretico; ogni ricerca su basi non condivise dai supposti depositari della “scienza” è stregoneria. E tutto ciò si giustifica con la difesa di un’ortodossia che attribuisce a sé stessa il monopolio della verità e, in questo caso, della salute.
Chiedo scusa, forse posso sembrare un po’ paranoico; consentitemi perciò qualche esempio, restituendo nome e cognome alle cose di cui si parla.
L’eresia più messa all’indice negli ultimi anni, su libri, articoli e talk show televisivi, è l’omeopatia. Molti la considerano pseudoscienza e pseudomedicina di efficacia non-dimostrata, per usare la terminologia del documento. Io non sono omeopata, ma la mia esperienza di medico mi dice che l’omeopatia, se bene applicata, guarisce: tra l’altro ha funzionato su di me, sui miei familiari e su molte persone che conosco. Anche se non si basa sulle consuete prove scientifiche ed è, probabilmente, da considerare “non-dimostrata” secondo gli estensori dell’appello.
Infatti, gli studi randomizzati in doppio cieco (o RCT: le prove “principi” della medicina convenzionale) non sono applicabili all’omeopatia. Tale tipo di studio si applica bene alle terapie convenzionali, perché sono uguali per tutti e si adattano ai metodi statistici. L’omeopatia è generalmente tagliata sul singolo paziente: se ciascuno ha un trattamento diverso, risultano difficili, se non impossibili, gli studi randomizzati e le analisi statistiche. Perciò, i talebani della medicina allopatica possono sostenere che non esistono studi scientifici che ne dimostrino l’efficacia: quindi, si tratta di “pseudomedicina” “non-dimostrata”, anche se funziona. Lo stesso si verifica per l’agopuntura: qui è impossibile il controllo in doppio cieco, quindi niente RCT. Però funziona così bene che qualche centinaio di milioni di cinesi ne fanno uso da secoli, se non millenni; e, nel mio piccolo, posso testimoniare di aver sottoposto ad intervento chirurgico alcuni pazienti, con un’anestesia fatta con gli aghi.
Forse è il caso di ricordare la storia del Royal London Hospital for Integrated Medicine, meglio noto come “ospedale omeopatico” di Londra. Fondato nel 1849 con il nome di London Homoeopathic Hospital, divenne famoso nell’epidemia di colera del 1854. È un fatto storicamente acclarato, e riconosciuto dal mondo scientifico, che la mortalità per colera fu del 16% nell’ospedale omeopatico, contro il 53% nel vicino Middlesex Hospital. I britannici, che sono più pragmatici di noi (e spendono il doppio per la ricerca scientifica) non si sono mai sognati di criminalizzare le forme alternative di medicina. Oltretutto, integrandole, hanno la possibilità di controllare chi le esercita, e con che titolo di studio lo fa, eliminando quella che, in Italia, è la vera iattura: la pratica incontrollata da parte di persone impreparate. In fondo, il problema sono più gli pseudo medici che la pseudomedicina.
Infatti, nell’ospedale londinese i medici sono tutti formati anche in medicina convenzionale e sono in grado di consigliare al singolo paziente la terapia più idonea al suo caso: ed offrono ai loro pazienti diverse tipologie di cura, che da noi rischiano di essere “fermate” e criminalizzate. Le medicine debbono infatti integrarsi, non escludersi pregiudizialmente. Solo questo fa progredire la scienza. Il resto è pseudoscienza.
In contrasto con l’atteggiamento ”garantista” dell’appello, risalta la sanatoria delle professioni sanitarie, deliberata da questo governo. Partendo da una buona intenzione (sanare la situazione di chi ha preso 20 anni fa un titolo di studio, oggi superato dalle nuove normative) la legge è scritta così male da poter sanare anche chi esercita – sic et simpliciter – abusivamente. Ma, a sua volta, il problema è nato da una legge voluta dalla ministra Lorenzin, che si è dimenticata di quelli che, avendo esercitato legalmente per anni una professione, hanno visto il loro titolo di studio perdere valore legale. L’ex ministra, comunque, risulta tra i firmatari dell’appello. Forse in rappresentanza dei distratti, visto che scienziata non è.
Infine, vorrei segnalare un altro paradosso: quello che riguarda i vaccini. Con il termine anti-vaccinismo (utilizzato nell’appello) si mette nel novero delle pseudoscienze qualcosa di indistinto, che è comunque, al massimo, un’opinione. A meno che non si voglia riferirsi a quei medici che osano esprimere critiche alla politica vaccinale degli ultimi governi; ma questa non è, evidentemente, pseudomedicina: è semplice diritto di critica. Chi porta argomenti scientifici a sfavore di alcune decisioni di un governo, sta cercando di porre in atto proprio quella libertà della scienza per la quale il documento dichiara di battersi. E le critiche ci sono, sia sul piano dell’etica, sia su quello della scienza medica. Per non essere noioso e ripetitivo, vi rimando a due miei precedenti articoli su Stampa Critica: “Vaccinazioni, l’ascolto e la caccia alle streghe” e “Vaccini e polemiche”. Lì troverete diverse critiche, scientificamente motivate e del tutto corrette, non sui vaccini in generale (parlare in modo così generico è tipicamente pseudoscientifico, con buona pace dei firmatari dell’appello), ma sugli errori del governo nella sua pseudoscientifica ed anti-etica gestione di questa preziosa risorsa.
Sul blog di Burioni, dove ho trovato il testo del cosiddetto ”appello degli scienziati al mondo politico”, viene citato un pensiero di Albert Einstein: «la scienza, al confronto con la realtà, è primitiva e infantile. Eppure è la cosa più preziosa che abbiamo».
Proprio così.
La scienza è preziosa ma imperfetta: miglioriamola, anziché usarla come una clava. E non dimentichiamo che la medicina è più complessa di una scienza: perché richiede – sì – conoscenze, ma anche empatia ed arte.

di Cesare Pirozzi

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