La condizione delle donne in Honduras

Honduras, il paese in cui l’interruzione di gravidanza è proibita in ogni circostanza e punita fino a dieci anni di carcere mentre gli aggressori vivono la loro libertà.
“Sono stata inseguita da uno sconosciuto, per strada, aveva una pistola, mi ha minacciata. Uno spintone, la faccia a terra, il buio, la paura dentro. Sono stata violentata come tante altre donne qui, perché è un gesto comune, normale, usuale, abituale. Perché qui la donna non ha valore. Quando ho scoperto di essere incinta non potevo, non volevo avere quel figlio non mio, che vivevo come il ricordo di quell’episodio, di quell’orribile aggressione. Come avrei potuto partorirlo e amarlo quando non so neanche cosa sia l’amore, quando ho solo subito violenze e soprusi. Quando essere calpestate è la normalità. Ho preso le pillole per abortire, le puoi trovare facilmente anche se non sono legali. Io dovevo abortire, dovevo liberarmi di quel peso, dovevo liberarmi di quel ricordo. Poi sono stata male, mi hanno accompagnato all’ospedale. Dopo la denuncia che il personale medico deve fare alla polizia, mi hanno arrestata. Mi hanno portata via, con le manette a mani e piedi e mi hanno rinchiusa nel carcere femminile di Támara. Mesi passati dietro le sbarre in una cella di pochi metri con altre donne private della loro libertà, della loro salute. Dormivamo su pedane di legno, una sull’altra, fino a tre persone alla volta mentre i ratti entravano ed uscivano. Ho subito angherie da parte di altre detenute che mi insultavano chiamandomi assassina di bambini, molestie fisiche e psicologiche dalla polizia.
Non ho potuto prendere le mie medicine ma il mio aggressore, narcotrafficante, è ancora in libertà. Sono uscita di prigione in libertà condizionale ma sono passati ben quattro anni e sto ancora attendendo la sentenza del processo, che potrebbe farmi tornare dietro le sbarre.
Lo so, lo so che forse vi sembrerà strano, per voi, che vivete in altri paesi in cui tutto questo non è tollerabile, concepibile, ammissibile. Lo so, lo so che può sembrare strano, illogico, assurdo e aberrante ma questa è la nostra realtà. La mia realtà. Un mondo in cui la violenza si produce perché si permettono altre forme di discriminazione ed esclusione sociale, in una società sessista, fortemente armata e che garantisce l’impunità.
E io sono una delle tante donne che rappresentano il nulla, invisibili agli occhi dei più. Tante volte mi sono chiesta come faccio, come riesco a sopportare tutto questo, ad essere calpestata nei miei diritti che non esistono. Voi, voi avete diritti? A voi è concessa una vita normale? E poi cosa è normale? Per me questa è la normalità cui sono abituata, sono un nulla nel nulla eppure ho un cuore, ho sentimenti, ho paura, posso dare amore. Eppure sento che nonostante la malvagità imperante che mi scorre attorno, potrei aiutare altre donne, potremmo forse diventare tante, come un piccolo esercito di formiche a scavarci anfratti in cui nasconderci, a gridare contro il vento la nostra libertà. Vorrei fossimo tutte e tante a marciare sulle strade, a schivare i colpi di pistola, molte di noi morirebbero ma se fossimo tutte, tutte le donne dell’Honduras a fare la rivoluzione forse qualcuno parlerebbe di noi. Forse voi, voi che vivete nelle vostre confortanti città, in paesi che io non conosco, alzereste gli occhi per un attimo e in quell’attimo le nostre grida diventerebbero parole da ascoltare per forza, non potreste distrarvi neanche per un istante.
Forse un giorno, io e tutte le altre donne avremmo i vostri stessi diritti. Magari un giorno qualcuno mi guarderà negli occhi riconoscendomi e rispettandomi come persona.
Dite che sto sognando? Si probabilmente la fantasia mi è scappata di mano. Forse è solo un sogno e lo so, lo so che vi sembra tutto strano perché voi non potete neanche immaginare ma solo una cosa vi chiedo. Solo una. Almeno, almeno voi, aiutatemi a sognare”.

di Stefania Lastoria

Print Friendly, PDF & Email