Tra Trigoria e il Cara di Castelnuovo, le storie di Ebrima ed Ansou

Ebrima Darboe ha coronato il suo sogno. Diventare calciatore. Non di quelli che giocano solo in strada, a calcetto di giovedì sera, nei bassifondi delle categorie provinciali. Calciatore, calciatore vero. Mercoledì scorso è sceso in campo per la prima volta in una grande competizione, la Coppa Italia Primavera, con addosso la maglia di una grande squadra, la Roma.
Darboe a Trigoria c’è arrivato quest’anno, ma è in Italia da diverso tempo. Sbarcato da solo, senza genitori, fratelli, parenti. L’etichetta, in questi casi, è quella di migrante minorenne non accompagnato. La sua destinazione è stata Rieti, come previsto dallo Sprar, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati. Qui ha cominciato a giocare, un po’ per svago, un po’ per passione, un po’ per riempire giornate che altrimenti sembravano tutte uguali, tutte vuote. Alla fine è stato tesserato dalla Young Rieti, è stato visionato dagli osservatori giallorossi e, infine, è arrivato alla Roma. Classe 2001, mezzala, fisico ancora acerbo, esile, ma tecnica sopraffina. Il suo esordio è stato amaro: l’Atalanta ha sbattuto fuori i ragazzi di mister Alberto De Rossi con un sonoro 4 a 0. La gioia di Darboe, però, era incredibile. Era partito dal Gambia con il suo sogno e ora lo sta realizzando.

Per uno che ce l’ha fatta, ce ne sono altri mille che restano nell’ombra. Rimaniamo a Roma, spostiamoci solo qualche chilometro più a nord. Da Trigoria a Castelnuovo di Porto, per esempio. Qui Matteo Salvini ha mandato l’esercito per sgomberare uno dei centri per richiedenti asilo più grandi, e meglio funzionanti, d’Italia. “Chiudiamo una struttura sovradimensionata, risparmiano sui costi di affitto e di gestione. Ho agito come un buon padre di famiglia” ha proclamato in diretta social il Ministro dell’Interno. Ignorando le oltre 500 persone che qui avevano iniziato un percorso di crescita, di apprendimento, di formazione.
Prendete Ansou Cisse, ad esempio. 20 anni da compiere, corre per l’Athletica Vaticana e gioca per la Castelnuovese, la squadra locale che milita in Prima Categoria. “Lo abbiamo scoperto per caso – ha detto il presidente del club, Mauro Sabbatini, ai microfoni di Tele Radio Stereo – nel nostro territorio non ci sono molte cose da fare per i giovani, così Ansou veniva al campo a giocare a pallone, per divertirsi e passare tempo. Ma era veramente bravo, così lo abbiamo tesserato”. C’è voluto tempo e fatica per ottenere tutti i documenti, i visti, i permessi. Ma alla fine ce l’hanno fatta. Ansou ha iniziato a scendere in campo e a far impazzire i suoi tifosi.

Degli 11 gol della sua squadra, ultima in classifica, 8 li ha segnati lui. “Non ce lo potete portà via, è come se alla Juventus je levate Cristiano Ronaldo” scherza la gente davanti al Cara di Castelnuovo. Ma in fondo tutti sono preoccupati. C’è chi gli offre un letto, chi se lo vuole portare a casa. Ma c’è poco da fare. Anche lui è costretto ad andarsene, su uno dei tanti pullman che giornalmente partono da qui per andare chissà dove. “Non so ancora dove sarò portato – racconta “Bomber Cissè” – lo scoprirò il giorno stesso”. La squadra ha organizzato un ultimo allenamento, tra commozione e lacrime. Le stesse che Ansou ha lasciato andare sulla spalla del suo allenatore, in una foto che ha fatto il giro del web. Alla Castelnuovese stanno per togliere il suo Cristiano Ronaldo, a lui stanno togliendo il suo sogno. Lo stesso di Ebrima, lo stesso di chissà quanti altri ragazzi della stessa età.
Ma solo uno ci riesce. Solo uno su mille ce la fa. Gli altri novecentonovantanove servono per la propaganda.

di Lamberto Rinaldi

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