Il fattore D

Nella civiltà occidentale a essere descrittori e interpreti razionali del vero, della totalità degli eventi che formano il mondo sotterraneo, terrestre e celeste hanno sempre aspirato i filosofi. All’origine della civiltà occidentale – nell’VIII secolo a. C. – Esiodo, poeta e filosofo, compie la prima prodigiosa descrizione dell’universo nella sua Teogonia. Oggi, però, la filosofia ha rinunciato all’idea stessa di Verità, con la v maiuscola, e si è articolata in varie specializzazioni, dalla politica, alla scienza, al linguaggio, alla morale, alla storia, all’arte. Chi sono dunque i descrittori-interpreti della totalità esistente. I grandi scienziati, gli economisti più brillanti? E possono essi farlo prescindendo dal sottosuolo originario rappresentato dal pensiero critico-filosofico?

L’incarico a Mario Draghi quale Presidente della Banca Centrale Europea (BCE) giunge a scadenza nell’ultimo trimestre di questo 2109. Eletto nel novembre del 2011 – dopo essere stato dal 2005 Governatore della Banca d’Italia – Draghi esaurisce così gli otto anni di mandato previsti dalla Unione Europea. La settimana scorsa è stato insignito dalla più antica università europea e occidentale – quella di Bologna – di un’ennesima laurea honoris causa, oltre la sua in economia. L’Ateneo bolognese ha conferito a Draghi una laurea che gli mancava – quella in Giurisprudenza –, avendo già ricevuto da altri Atenei nazionali e internazionali quelle in Scienze Statistiche, Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, Business Administration, e altri simili alti riconoscimenti accademici. Il Presidente della BCE ha iniziato la sua prolusione bolognese con la citazione di uno dei massimi filosofi inglesi del ‘600, John Locke, e l’ha conclusa con quella del Papa Emerito Benedetto XV, uno tra i più raffinati clerici filosofi del mondo contemporaneo.

Carlo Calenda ha ricevuto nel recente lancio del suo Manifesto Siamo Europei, l’immediato sostegno del nostro grande filosofo vivente Emanuele Severino, cui l’ex Ministro dello Sviluppo Economico dei governi Renzi e Gentiloni ha riconosciuto il suo grande debito di pensiero e visione. Scrive in un suo tweet Calenda: “Per me il suo pensiero è un riferimento fondamentale per capire la modernità”. Questo anche se Severino non ha mancato di sottolineare alcune differenze tra lui e Calenda, proprio in relazione alla cruciale questione del profitto capitalistico. Ossia se sarà il continuo sviluppo della tecno-scienza a sottomettere a sé il capitalismo – come afferma Severino –, o se questa sia invece solo una tendenza, anche reversibile, come indica Calenda. Nel qual caso il profitto capitalistico rimarrebbe lo scopo, il fine principale dell’economia, con il risultato di mettere sempre più a rischio la sopravvivenza ambientale planetaria. Rischio, però, che Calenda afferma di dover essere scongiurato, quale uno dei tre massimi compiti del radicale cambiamento che l’Europa deve saper attuare.

Senza contare la presenza attiva, quotidiana, nei mass media e nel dibattito politico di un altro grande filosofo, Massimo Cacciari, che influenza con il suo pensiero tutta l’area di tendenza progressista, anche in economia.

Sembra così stabilirsi quasi un asse tra visione economia e filosofica, che è in realtà solo il riaffiorare di un legame antico, anzi originario. Anzi, l’ultima grandiosa sintesi unitaria del pensiero razionale – prima della sua frantumazione specialistica e relativistica – è compiuta da Karl Marx, proprio attraverso quella teoria filosofica, politica ed economica che dalla metà dell’800 arriva fino al presente. L’economia, però, anche se non come disciplina a sé, ma come ciò che è relativo all’andamento e mantenimento della casa, dell’oikos, estesa fino alla città-stato, alla polis, è subito presente nel pensiero greco antico, già con lo stesso Esiodo ne Le Opere e i Giorni. E poi in Repubblicae Le Leggi, di Platone, e in Politica, di Aristotele. Per riemergere con forza – proprio con il John Locke citato da Draghi – dalle dottrine francesi dei fisiocrati, a Jean-Jacques Rousseau, a classici Smith, Ricardo, Stuart Mill, filosofi ed economisti insieme.

Mario Draghi, dopo aver difeso l’Europa dalle maggiori critiche sovraniste, lancia un appello deciso al cambiamento: “Non ci devono essere equivoci: questo adattamento dovrà essere profondo, quanto lo sono i fenomeni che hanno rivelato la fragilità dell’ordine esistente e vasto quanto lo sono le dimensioni di un ordine geopolitico che va cambiando in senso non favorevole all’Europa (…) Bisogna rispondere alla percezione che questa manchi di equità: tra paesi e classi sociali. Occorre sentire, prima di tutto, poi agire e spiegare”.

Accenti simili si trovano anche nel Manifesto di Calenda, oltre che nei numerosi, accalorati e insieme lucidi discorsi accademici o televisivi di Massimo Cacciari. Viene allora da domandarsi se questo nuovo asse tra la superficie economica della totalità e il suo sottosuolo filosofico non possa configurarsi concretamente come una piattaforma politica e anche elettorale già nelle prossime elezioni europee di maggio. Anche se a quella scadenza Mario Draghi sarà ancora a capo della BCE e dovrà – sebbene per poco – continuare a rispettare il suo riserbo istituzionale, questo non significa che il fattore potenzialmente da lui rappresentato non possa essere quello decisivo a riconfigurare un’area capace di contenere il devastante neo irrazionalismo sovranista e nazional populista continentale. Fermarlo e contenerlo, però, non come un mero appello contro l’autoritarismo e la definitiva degenerazione reazionaria della democrazia. Un appello di questo tipo sarebbe avvertito come vanamente ideologico, ossia sganciato dalle concrete condizioni di vita di quei larghi strati sociali continentali che hanno sentito, avvertito sulla propria pelle e che dunque hanno visto l’Europa come sottomessa appendice del dilagante potere finanziario transnazionale. Solo se la questione sociale-ambientale è rimessa al centro non astrattamente, ma nel senso e in direzione delle popolazioni ancora vive, attive, che dal sottosuolo possono totalmente riemergerne a protagoniste, il fattore D sarà fattore davvero determinante, dinamico, disincagliante, dirompente.

di Riccardo Tavani

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