Don Ciotti: lettera a un razzista

“Ho deciso di scrivere. Proprio a te, coinvolto nella ubriacatura razzista che attraversa il paese. Una ubriacatura a cui partecipi forse per convinzione o forse solo per l’influenza di un contesto in cui prevalgono le parole di troppi cattivi maestri e predicatori d’odio, che tentano di coprire così l’incapacità di chi ci governa (e ci ha governati) di assicurare a tutti, compresi i più poveri, condizioni di vita accettabili…” dal libro di don Luigi Ciotti (lettera a un razzista del terzo millennio, edizioni del Gruppo Abele, 6 euro).

Un libro che rimuove le incrostazioni con cui i buoni hanno coperto la loro vera natura. Un libro che non fa sconti alla sinistra, ma si rivolge in primis ad un interlocutore reale, giovane, povero e senza lavoro, sedotto dalle idee e dalla retorica di Matteo Salvini. Il Matteo del “prima gli italiani”. Che come l’altro Matteo (Renzi ndr) “non dobbiamo accoglierli, ma aiutarli a casa loro”. Due forme di razzismo molto simili. Matteo è Matteo, sia a destra che a sinistra. Un dialogo intenso, dolce e argomentato, fatto di incontri diretti, in cui don Ciotti mette il dito nel costato dei falsi cattolici o sedicenti tali. Un libro che racconta, analizza e riporta alla memoria comportamenti dimenticati. La immensa zona grigia, impoverita di denaro, di cultura, che non è razzista, ma non insensibile alle retoriche razziste.

L’altro è, con ogni evidenza, il vertice politico del cosiddetto “fronte dei buoni”, in primo luogo la classe dirigente del Partito Democratico che cerca di rinverginarsi nella narrazione mediatica, mantenendo nel contempo gli scheletri del passato, Tav, art.18, Job Act e tanto altro. E qui, don Ciotti, non fa sconti nel messaggio riservato ai governanti del centrosinistra, da Prodi a Renzi e Zingaretti. La indicibile verità è che anche il centrosinistra, ben prima dell’avvento di Renzi, ha fatto politiche razziste, culturalmente generatrici di razzismo. Analizzando il decreto Sicurezza, don Ciotti, allinea le leggi che hanno contribuito “a dare diritto di cittadinanza al razzismo”, la prima legge non porta il nome di un politico fascista, ma quelli di Livia Turco e Giorgio Napolitano nel 1998. Da allora i migranti non hanno goduto più degli stessi diritti dei cittadini. I neri, di questo si tratta, diventarono per legge diversi dai bianchi.

L’autore di quella legge, divenne poi, presidente della Repubblica. In un passaggio argomentatissime, don Luigi scrive “il culmine dell’ipocrisia, con cui il razzismo nasconde la propria cattiva coscienza e cerca di darsi rispettabilità e credibilità, sta nell’affermazione aiutiamo i migranti a casa loro”. Qui si guarda in faccia non Salvini in sé, ma il “Salvini in me”, per riprendere una espressione che Antonello Caporale usa nel suo libro dedicato al ministro della paura. Cioè la diffusione di quella retorica che va sotto l’etichetta di “non sono razzista, ma…” fatto sta che in tanti hanno usato questa espressione, per nascondere il loro razzismo,  ma più di tutti Matteo Renzi che nel suo libro del 2017 scrive: vorrei che ci liberassimo da una sorta di senso di colpa. Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo. Ma abbiamo il dovere morale di aiutarli. E aiutarli davvero a casa loro. Che vergogna, queste dichiarazioni hanno offeso anche Papa Francesco. Quando don Ciotti ci ricorda che il culmine della ipocrisia con cui il razzismo nasconde la propria vera cattiva coscienza si è toccato con il leader del partito dei “buoni”, possiamo trarre le conclusioni che, in tema di razzismo, lo scontro si divide in cattivi e altri cattivi. L’equazione, aiutiamoli a casa loro, non è dissimile a prima gli italiani.

È una importante affermazione, perché se vogliamo davvero combattere il razzismo, bisogna avere il coraggio di guardarlo in faccia per quello che è. In questo libro il coraggio c’è e ci insegna a non essere ipocriti, ma a riconoscere e riconoscersi nelle parole di Francesco non in quelle dei Matteo, dei Luca o Luigi. La cultura razzista che si fomenta, ancora oggi è appannaggio di “cattivi che si oppongono ad altri cattivi” lasciando le cose così come sono, e lasciando ancora più solo Papa Francesco.

di Claudio Caldarelli

Print Friendly, PDF & Email