La violenza sessuale sulle donne in Italia

Le donne che in Italia hanno subito uno stupro nel corso della loro vita, in un campione tra i 16 e i 70 anni, da recenti dati Istat, sono 652.000. Il tentativo di stupro ne comprende 746.000. La violenza è commessa da partner o ex, da conoscenti, da amici, parenti e colleghi di lavoro. Sembrerebbe doversi dire che non ci si può fidare di nessuno, nemmeno di chi ti sorride nel quotidiano. Una considerazione amara perché ogni donna è costretta, faticosamente, a non abbandonare mai la posizione di difesa, a dover sempre pensare che, chi ha di fronte, è un potenziale aggressore. Esagerato? No. Sono alti i numeri delle donne che subiscono molestie, troppe le violenze sessuali e fisiche. I numeri, freddamente, parlano di milioni di donne, in Italia, che hanno subito nel corso della propria vita una violenza fisica o sessuale. Oltre 6 milioni. Con tutte le sofferenze, le paure, la diffidenza, i disturbi lasciati come eredità delle aggressioni.
Vi sembra ancora esagerata la necessità di guardare al prossimo come ad un pericolo per la propria incolumità?
Nel sogno di ogni donna c’è il desiderio di potersi tutelare o di essere tutelata. Oggi non possiamo dirlo che ogni donna lo sia in modo sufficiente.
In primo luogo perché manca, spesso, sin da bambini, un’attenta educazione al rispetto, all’attenzione, alla considerazione del no come risposta. Non si dovrebbero mai alzare le mani, non si dovrebbe mai costringere, una donna che non vuole, a compiere un atto sessuale. Perché non è vero che le piace, perchè non si dovrebbe violentare né psicologicamente né fisicamente Nessuno.
In secondo luogo perché il reato, ancora oggi, non è percepito da tutti nella sua gravità, nella sua capacità distruttiva. Una donna violentata non dimenticherà mai quanto le è accaduto. Ogni gesto nell’intimità può far riaffiorare quel dolore, quella violazione del proprio corpo, che non è sessualità ma solo ed esclusivamente VIOLENZA.
In terzo luogo perché le pene anche se comminate non vengono mai scontate fino in fondo, perché esiste la possibilità, per chi violenta, di ottenere riduzioni di pena e comprensione. Se è giovane non può essergli tolta la possibilità di un reinserimento sociale (tanto lo giustificheranno in ogni modo… è stato provocato, lei ci stava, lui non ha compreso, lei lo fa per ripicca…). Sarebbe forse il caso, oggi, di cominciare a considerare che il perdono sociale e il reinserimento non possono essere un dato certo ma devono essere guadagnati da chi commette un reato, a maggior ragione se grave come la violenza fisica e sessuale. Il reinserimento sociale non può essere un atto dovuto. Un violento può anche essere escluso dalla società, come un cancro. Può e deve scontare fino all’ultimo giorno di galera. Se in quel periodo avrà dimostrato in modo chiaro, inequivocabile, di essere cambiato, scontata la pena, si potrà verificare se è meritevole di tornare in mezzo alla gente. Raramente prima del decorso della pena.
Non è normale che chi ha subito violenza possa vedere in pochi anni, se non mesi, libero il suo violentatore, mentre il suo dolore per quanto subito resterà invece vivo per sempre.
Rieducazione, ritorno nella collettività, non devono diventare strumenti per sfuggire alla pena.
Le donne dovrebbero tutte insieme chiedere maggiore sicurezza , certezza di una pena proporzionata al danno subito dalle vittime. Danni che sono difficili da quantificare. Danni che accompagnano per la vita.
Non può esserci un eccesso di pietà per gli stupratori e per i violenti. La pietà deve andare alle vittime.

di Patrizia Vindigni

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