E piegata dal dolore, la notte ne ha accolto il pianto.

Lei resta là, abbandonata, come uno straccio rovinato, strappato, che non ha sostegno, che non ha forma. E’ raggomitolata, la testa vuota, con immagini di volti non amati, le mani strette a pugno, che le fanno male. Una profonda tristezza nel cuore, mentre il corpo, senza connettersi con la mente, urla il suo dolore.
Non sa quanto tempo è trascorso da quando è uscita dal locale. Ricorda di aver bevuto un bicchiere di prosecco, di aver mangiato qualcosa, mentre la musica riempiva di note il cuore e la mente. La serata era così divertente, in quel nuovo ambiente, con i nuovi amici e amiche. Rideva e sorrideva a tutti, perché era felice del suo mondo, delle sue esperienze.
Uno dei ragazzi, simpatico, educato, le aveva offerto di riaccompagnarla a casa. Aveva detto di sì. Non poteva sapere che mostro si celasse dietro quel sorriso.
In macchina era salito anche un altro amico. Un altro mostro.
Nel momento in cui avrebbero dovuto lasciarla sotto casa era scattata la trappola. Con l’auto si erano infilati in una strada buia e senza uscita e, in un attimo, si era ritrovata le loro mani addosso … in quell’attimo si era racchiusa ed era finita tutta la sua vita di sorrisi e spensieratezza. Quella vita in cui non aveva mai stato previsto l’incontro con quel mostro che alberga, a volte, nell’animo di qualche maschio. Non uomo, non uomo, solo maschio e vile, perché è grande la viltà e immensa la cattiveria di chi violenta una donna, di che pretende del sesso e dell’intimità da chi non vuole.
E lei è ancora là. Immobile, si lascia respirare, piano, perché così non fa male, piano, perché così i pensieri non si confondono. E’ ferma davanti alla porta di casa, dove loro l’hanno scaricata, come un sacco vuoto, con una risata. E’ notte e la luna non sorride ma l’accarezza leggera, con i suoi raggi, con la sua delicatezza, illumina la sua forma piegata, brilla sul suo pianto.
E’ un’altra vita da ricostruire.

di Patrizia Vindigni

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