Plastica? No grazie!

Sullo stesso chiodo che regge l’Almanacco di Frate Indovino c’è un calendario in più appeso al muro di cucina di chi pratica la raccolta differenziata porta a porta. E’ il lunario dell’immondizia, scandisce la liturgia degli avanzi domestici: il lunedì è dedicato ai barattoli usati, il martedì ai sacchetti di carta del pane e ai quotidiani delle pagine già sfogliate, il mercoledì agli avanzi dei pranzi e delle cene, il giovedì alle bottiglie di plastica vuote, alla confezioni di bagnoschiuma finito…e così di seguito per sei giorni. La domenica niente, la domenica è sacra e anche la monnezza si riposa.

L’organizzazione settimanale del “porta a porta”, associando un giorno ad ogni rifiuto, celebra lo “scarto quotidiano”, con annessa cerimonia di conferimento, raccolta e smaltimento; l’immondizia acquista una propria ritualità, come la messa della domenica, l’aperitivo del venerdì, gli gnocchi del giovedì. Col tempo il passaggio da “giovedì gnocchi” a “giovedì plastica” è stato dirimente: se prima si poteva immaginare un consumo di plastica approssimativamente eccessivo, adesso ogni casa può materialmente contare la propria plastica d’avanzo che è troppa, voluminosa e quasi per metà non può essere riciclata. Niente come il giro di giostra settimanale della raccolta differenziata ci rende coscienti della quantità smisurata di plastica che mettiamo in circolo, a volte inconsapevolmente, a volte inutilmente, ogni giorno della nostra vita. Ci siamo fatti prendere la mano dalla plastica, che è leggera, versatile e costa poco, ma inquina.

La produzione annuale di plastica è ad oggi di 310 milioni di tonnellate e

8 milioni di tonnellate finiscono negli oceani. Anche il Mediterraneo sta ormai diventando un mare di plastica. In ogni chilometro cubo delle sue acque si trovano fino a centinaia di chilogrammi di rifiuti plastici. Sembra che di questo passo nel 2050 negli oceni avremo più plastica che pesci. Quel che è certo è che lasceremo in eredità ai nostri figli un pianeta gravemente compromesso. Non ci resta che limitare l’uso della plastica là dove è possibile, partendo da quella monouso.

Prima ancora che il Parlamento di Strasburgo votasse a stragrande maggioranza lo stop in tutti i Paesi europei alla plastica monouso, alcuni Comuni ne hanno vietato forniture uso e commercio. Anche il Comune dove risiedo (Corchiano, nel Viterbese) ha vietato la distribuzione di sacchetti da asporto monouso in materiale non biodegradabile, la vendita, la distribuzionee l’utilizzo di stoviglie monouso non compostabili.

Vivo da ormai dieci giorni in un territorio plastic-free. Ancora non se ne vedono gli effetti, ma si sa che è soltanto questione di mesi. Intanto se ne parla, il paese è piccolo e la gente mormora: considera l’ addio ai piatti e ai bicchieri di plastica non come l’ennesima imposizione dall’alto, ma come – finalmente –  la una liberazione da un peso.

di Daniela Baroncini

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