Come mostrare la foto di un buco nero a un cieco restituendogli la vista

Si può mostrare a un cieco la ormai celebre foto del buco nero super massiccio al centro della Galassia M87? Certo, dato che non è una foto. Allora un cieco prende – o si fa dare – una palla, o un pallone da calcio. Poi otto ombrellini, di quelli variopinti che si usano anche nei cocktail. Li apre e li mette tutti intorno alla palla. Li dispone con la parte interna dell’ombrello rivolta verso il fuori, ossia nella direzione opposta alla sfera. Ecco questi sono – si badi bene – non telescopi ma radiotelescopi. Ossia non vedono niente, non possono fotografare proprio niente. Catturano invece onde radio provenienti dallo spazio più remoto. Per riassumere. La palla è la Terra. Gli otto ombrellini otto radiotelescopi con antenne puntate verso lo stesso punto dello spazio: il centro della galassia M87. “M” sta per Messier, Charles Messier, l’astronomo francese che la osservo e la classificò nel 1781. “87” è il numero di classificazione che gli assegna, avendone osservate 110 in tutto. È situata a 55 milioni di anni luce da noi. Ossia la luce che vediamo provenire da M87 è quella emessa 55 milioni di anni fa. Praticamente non c’è più. Dunque anche a un cieco possiamo farla vedere. M87 è situata nell’Ammasso della Vergine. Al suo centro si è capito da tempo che c’è un Buco Nero. Vi reprimo qui una troppo facile e scontata battuta maschilista su che cos’altro si possa poi trovare e si vada cercando proprio nel più puro centro virgineo.

Non un Buco Nero qualsiasi, però, ma uno super massiccio. Vale a dire, cioè, a una massa di 6,6 miliardi superiore a quella del Sole. Ma perché andare a prenderselo cosi lontano ‘sto buco nero? Ne abbiamo uno in Sagittario A, a uno sputo di appena 26.000 anni luce, in pieno centro ingorgato della Via Lattea. Sì, ma è molto più miserello: appena 4,4 milioni di volte più grande della nostra Stella. Una robucola infinitesimale, insomma.

E poi gli astronomi vedevano che al centro di M87 c’era una specie di irradiazione, di getto luminoso costante. Vuoi vedere – li mortacci sua – che lì c’è un immenso Buco Nero che ingoia materia, gas, luce ed energia? Fatto sta che mettono questi otto radiotelescopi tutto introno alla superficie della Terra, li incollano precisi come delle piattole su quel punto d’ingoio cosmico e li collegano tra di essi. Tutto questo ambaradan prende il nome di Event Horizon Telescope, EHT. Simile tecnica di interconnessione radio-telescopica si chiama a sua volta interferometria. Ossia: questi aggeggi, essendo collocati in punti diversi, captano emissioni radio in momenti distinti e da angolazioni diverse. Tutti i dati che essi ricevono sono però avviati verso due super-super-li-stramortacci-loro-arci-super calcolatori che li elaborano, intersecandoli insieme. Questi dati, però, sono talmente pesanti, numerosi e fitti che non si possono spedire via web, con la posta elettronica o via Facebook, Instagram, Twitter, WhatsApp, ecc. No, bisogna proprio caricare i pezzi de merda di dischi su vari furgoni, treni, aerei, ecc., e scaricarli in Usa e in Germania dove sono processati ed elaborati tanto da spaccare a dovere un pelo del naso, oltre che della Nasa.

E qui nasce il problema della foto. Questi che hanno fatto il download delle radio intercettazioni spaziali – i cervelli iper-fumanti, insomma – hanno ragionato in questa maniera. Se noi fossimo nati ciechi, anzi, proprio senza occhi – ossia già dalle prime scimmie, ominidi, furbetti del quartierino neanderthaliano, ecc. –, ma puta caso ci avessimo sul capoccione delle antenne captanti emissioni radio. Ecco, avremmo nel cervello una specie di radio- immagine. Ma se volessimo trasformare – per degli ipotetici, sconosciuti esseri extraterrestri con gli occhi – l’immagine da radio a video a cosa corrisponderebbe? E paffete, ci sbattono dei colori, tra il rosso, il giallo, l’arancione e il nero! Ma poteva essere pure il fuxia, il turchese e il caccolina, col dottor che l’indovina. Ormai la frittata cromatica è fatta, torniamo al cieco.

Prendi un ciambellone, una ciambella, una ciambellina al vino. Tutto quello che il tatto sente attorno al buco è materia. Anche la luce, l’energia sono materia, secondo la nota equazione di Einstein E = mc2,ossial’energia è uguale alla massa moltiplicata per la velocità della luce al quadrato. Sulla foto, ossia tutto questo che tocchi nella ciambella, è colorato tra il rosso aranciato e il giallo. Quello che non tocchi, ossia il vuoto del buco, è colorato di nero. Non è, però, il Buco Nero in sé, e neanche il cosiddetto Orizzonte degli Eventi. È solo l’ombra, per modo di dire, del Buco Nero. Un attimo di pazienza.

Il Buco Nero ha una tale massa gravitazionale che inghiotte inesorabilmente qualsiasi cosa gli si avvicini a una certa distanza. La materia comincia a ruotare, disponendosi in forma di disco, alla velocità – nel caso del Buco Nero di M87 – di 500 Km al secondo. A questa velocità si surriscalda a temperature super-smadonnanti, emettendo un’intensa energia radio-luminosa. La parte bassa della foto – ossia della ciambella che tocca il cieco – ha un rosso-giallo intenso, quella superiore un rosso più scuro, sfumato. Quella più intensa è la parte ancora distante dall’Orizzonte degli Eventi, quella scura, invece,più vicina a esso. Tale orizzonte è una linea di confine superata la quale niente può più tornare indietro, dato che tutto sarà ineluttabilmente ingoiato dal Buco Nero. Neanche il più piccolo raggio di luce o emissione radio può più fuggire dalle fauci del mostro gravitazionale. Dunque non può essere radio-fotografato neanche l’Orizzonte degli Eventi. Avremo una zona radio buia, in ombra, senza campo, solo perché da lì non può emanare più niente. Effetto radio tradotto dunque cromaticamente col nero in foto.

Ora se il cieco infila il dito – dritto, non piegato – nella ciambella e tocca con il polpastrello un bottone della camicia o della giacca, quel bottone – fatte le debite proporzioni – potrebbe essere il famelico Buco Nero. D’altronde bottone in inglese si dice button, che ha un certa assonanza con bottom, fondo, fondoschiena, culo (bucio).

Adesso se il cieco precipitasse nel Buco Nero cosa gli accadrebbe? I casi sono due. Se il Mostro Nero non è rotante il cieco sarebbe spaghettificato, ossia ridotto a pacco di spaghetti di Gragnano (conditi come non è stato ancora chiarito). Perché? Perché va a cadere dentro la cosiddetta Singolarità. Una roba talmente singolare che ha una curvatura spazio-temporale infinita ma un volume pari a zero. Se, invece, ha bucio (di culo) e il Buco è rotante, allora evita la Singolarità, e – come in un immane flipper spaziale – gli si accende il Bonus di poter passare in una diversa dimensione. Quale? Quella di un Universo Altro, di un Universo Parallelo.

E qui si accende un altro micidiale Bonus. Quella del celebreparadosso del gatto di Schrödinger. Contro le teorie della fisica quantistica già Einstein – contro Niels Bohr – aveva sostenuto: “Dio non gioca a dadi con l’Universo”. Schrödinger – ancora più scettico – pensò di avere dimostrato che secondo queste teorie quantistiche si poteva assurdamente ammettere che un gatto simultaneamente cadesse e sfuggisse a una trappola con veleno. Ossia che era vivo e morto nello stesso tempo. Ora, secondo le più accreditate e recenti ipotesi scientifiche, proprio combinando insieme le equazioni della Teoria della Relatività con quelle quantistiche, la singolarità einsteiniana nel Buco Nero non sarebbe proprio più neanche ipotizzabile. In quanto a Schrödinger, invece, Everett, Wheeler e DeWitt controbatterono a lui con l’interpretazione detta a molti mondi, o della funzione d’onda universale. Noi vediamo unicamente o il gatto vivo sfuggito alla trappola o il gatto morto vittima di essa, solo perché apparteniamo a un certo “stato” dell’Universo. In realtà si danno entrambi i mondi: l’uno con il gatto vivo, l’altro con il gatto morto.

Ecco, concludiamo allora a bomba con il cieco cui siamo appena riusciti a mostrare la famosa foto del Buco Nero in M87. Ora io vedo lui – qui, davanti a me, esattamente in questo, accecante mondo – privo di vista. Oltrepassando però lui il limite dell’Orizzonte degli Eventi, e precipitando inesorabilmente sì nel Buco Nero, ma sfuggendo alla Singolarità, non può che ritrovarsi nel mondo altro, o universo parallelo, completamente vedente. Se qui è cieco come una talpa, ne consegue matematicamente che lì non può che essere un occhio di lince. E lo è certamente più di me. Tra il serio e il criceto, infatti, io di sviste e buchi neri logici super-massivi ne avrei disseminati quanti, nella mia vita? Precisissimi calcoli spannometrici dimostrerebbero incontrovertibilmente trattarsi comunque di un’estensione apprezzabile da qui a tutto il centro radio-miagolante della nostra Via Gattea.

di Riccardo Tavani

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