Selfie sulla Luna con discarica

Jeff Besoz, il Paperon de’ Paperoni 5D più ricco del mondo, è pronto. Nel 2024 ci porta sulla Luna a scattare dei selfie. Il proprietario di Amazon lo ha annunciato una settimana fa al Washington Convention Center. Ha anche mostrato un modello del Blue Moon, un veicolo lander, che ci permetterà non solo di allunare, ma anche di spostarci come e dove vogliamo sulla superficie satellitare, con tanto di vettovagliamento, generi di conforto, attrezzature tecnologiche e scientifiche. L’aggeggio somiglia tanto a uno dei vecchi veicoli usati nelle missioni Apollo di cinquanta anni fa e denominati LEM, Lunar Exursion Module. In realtà, può già oggi trasportare 3,6 tonnellate di materiale, ma Jeff ci ha assicurato che alla data di partenza ne potrà muovere 6,5 di tonnellate, ossia seimilacinquecento chili di peso. Funziona con un motore BE-7, su cui sta lavorando tra anni Blue Origin, la società aereospaziale fondata da Besoz. La sua caratteristica principale è che va a idrogeno e ossigeno, carburanti di cui lo approvvigionerà la stessa Luna. Questo anche se l’idrogeno liquido è molto instabilmente pericoloso, e dunque la domanda che sorge è: saranno necessari impianti di stoccaggio e vere e proprie pompe di rifornimento lunatico-stradali? Besoz non si è soffermato su questi trascurabili dettagli. Così, figuriamoci, se poteva fare riferimento a quell’altra quisquiglia che riguarda lo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e organici. L’astro che ha ispirato nei secoli poeti, musicisti, licantropi, romanzieri di ogni genere, sarà la stessa cosa dopo che Amazon ci potrà recapitare in casa sassi, pietre abrasive, fanghi terapeutici, ghiaccio craterico, aromi desertici, polveri profumate ed essenze seleniche? Producendo tonnellate di scarti, necessitanti mezzi di trasporto, stoccaggio, smaltimento, e sventramenti di superficie per realizzare discariche?

Jeff ha intenzioni molto serie: “Vivere e lavorare in enormi stazioni spaziali orbitali, che permettano di preservare meglio la Terra e di metterla al riparo dalle nostre attività, che si sono rivelate determinanti nel causare il riscaldamento globale”. I suoi piani, oltre che di natura turistica, sono di sfruttamento minerario e di ogni altro tipo di business si potrà impiantare una volta lassù. Sta cercando di sintonizzare il suo orologio con quello della Nasa, pressata da Trump perché si sbrighi a riportare tra quelle buche qualche astronauta. L’ultimo che lasciato la Luna è stato il comandante Gene Cernan, il 14 dicembre 1972, alle ore 05:40 UTC (Tempo Universale Coordinato).  The Donald ha affidato il disbrigo della pratica al suo vice Mike Pence, il quale ha già fatto arrivare qualche mancetta di sovvenzioni finanziario-partecipative a Besoz. Questo nonostante la più avanzata società aereospaziale Usa sia SpaceX, di Elon Musk, il quale considera Besoz – dal punto di vista tecno-spaziale – poco più che un pischello. Sì, un tecnopischello, ma con un ammasso astronomico di soldi, in grado di fare fronte – non solo alle spese spaziali – ma di sostenere un serio piano di colonizzazione astro-industriale.

SpaceX, poi, l’11 aprile scorso, ha fallito proprio l’allunaggio del modulo di una società privata israeliana. La società si chiama SpaceIL, il modulo Beresheet, che significa in principio. L’aggeggio si è schiantato sul suolo lunare, lasciando una bella discarica da 600 kg di sofisticata tecno-ferraglia con la bandiera israeliana in metallo saldata sopra. Certamente i selfie si faranno anche vicino a questa carcassa. È andata meglio alla Cina. Il 3 gennaio 2019 ha compiuto un allunaggio morbido e preciso il suo modulo Chang-e4. In più lo ha fatto, stabilendo un nuovo record. Quello di aver toccato il lato a noi nascosto della Luna. È già pronto per il prossimo anno Chang-e5.  Nome che si può leggere sia in inglese, Change, cambiamento, sia come Chang, tipico nome cinese.

L’assalto tecno-industriale alla Luna è dunque già sulla rampa di lancio. Per questo Besoz sta accelerando e potenziando i suoi progetti. Dal già sperimentato razzoNew Shepard, sta passando al New Glenn, con un diametro di 7 metri e un’altezza che varia tra gli 82 e i 95 metri, a secondo del carico da trasportare e, dunque, del numero di stadi da montare. Il suo diretto concorrente sul turismo spaziale, però, è Virgin Galactic, del magnate inglese Richard Branson, il quale ha già provveduto a far conoscere le sue tariffe di volo. Si tratta di 250.000 dollari appena. Appena, perché Branson dichiara di avere già centinaia di prenotazioni, con tanto di caparre versate sull’unghia. Il suo sistema di lancio è completamente diverso da quello di Besoz. Usa SpaceShipTwo, uno spazio-plano, ossia un aereo a tre carlinghe, sorretto da quatto ali. Una specie di catamarano del cielo. Raggiunta una certa quota, la carlinga centrale – ossia la navicella con un motore a razzo ibrido – si stacca per avvicinarsi alla linea di Kármán, a 100 km dalla superficie terrestre. Non siamo, però, ancora sulla Luna. Base di lancio, l’aeroporto pugliese di Grottaglie, trasformato in spazioporto. Unico neo: la compagnia non ha ancora comunicato quante miglia-volo un passeggero deve accumulare prima di avere un biglietto gratis.

Non è invece un neo ma un’immane immondezzaio di ferrame e detriti a spazio aperto quello vaga intorno all’orbita terrestre. Circa trentamila detriti fino ai 10 cm, e cinquecentomila inferiori a questa dimensione. Corpi e corpuscoli che viaggiano a una velocità vertiginosa, calcolata in 7 km al secondo. Una scatoletta di tonno a questa velocità impatta con la stessa potenza di un oggetto di 250 kg lanciato alla velocità di 100 km orari. Collidendo tra loro creano così un’ancora più fitta trama detritica ciecamente, micidialmente vagante. È chiamata space junk, spazzatura spaziale. Già in passato ha bersagliato diversi velivoli in missione spaziale, causandone danni allarmanti. Tanto che oggi – prima di effettuare un lancio spaziale – bisogna osservare telescopicamente le orbite dei pezzi più visibili. La minaccia contro i viaggi turistici spaziali è in cielo ma viene direttamente dalla Terra. Il sopra cielo, infatti, non è che la continuazione del nostro occluso sottosuolo mentale con illusori mezzi volanti.

 

di Riccardo Tavani

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