Cristian che ama gli animali ( ovvero la storia del mulo zoppo)

Ama il prossimo tuo come te stesso, così recita uno degli insegnamenti più profondi di Gesù, fatto proprio da S. Francesco in tutta la sua vita. Ama il prossimo tuo, anche quando è un animale solo e ferito. Non lo abbandonare, accarezzalo, chiamalo, prendilo con te, abbine cura, come fosse tuo figlio. Cristian Rossi, figlio di boscaioli di Nerito di Crognaleto, un paesino alle pendici del monte Corvo a 850 msl, è tornato alla natura, anzi alla montagna. La montagna che lo ha partorito, dal ventre di sua madre in una notte di cielo stellato, che si sentiva solo il suo vagito e il sospiro del vento. Cristian alleva le mucche e qualche mulo. Non guadagna molto, l’inverno è lungo in montagna e la neve copre l’erba per molti mesi. Cristian spesso non ci va paro, ma ci rimette. Ma è li, sulla strada della montagna, dopo il Favacchiolo, verso Campiglione dove il Corvo lo aspetta, immobile, silenzioso e innevato anche d’estate. Pascola le sue mucche, in armonia con il profumo del ginepro e della rosa canina, sulle spalle la malinconia di non essere compreso per la sua scelta. Un lavoro assurdo, senza guadagno, in un posto romantico ma selvaggio, abbandonato anche dalle anime dei santi che lo hanno vissuto prima di lui, per vivere ai tempi della fame. Cristian è solo. Solo con le sue mucche. Solo con i sui sogni e i suoi racconti. Le sue fantasie e i suoi amori. Il suo amore, stretto nel cuore, piccolo e infinito. Una cuore che batte e sussulta ad ogni tocco di campanaccio della mucca madre. Lo incontriamo di ritorno al cammino delle fonti, mentre scendiamo da Campiglione verso Nerito. Avevamo incontrato un mulo, in mezzo ai ginepri, sul soffice manto erboso che accenna ad uscire dopo la neve, tra un nugolo di farfalle bianche cappuccino che gli volavano intorno. Un mulo, dapprima silenzioso e fermo. Immobile. Con gli occhi grandi e piangenti. Li, sul colle Melone, vicino fonte della Pace. Il mulo, ci guarda, quando ci avviciniamo scappa. Allora ci accorgiamo che zoppica. Poggia il peso su tre zampe. La zampa posteriore destra e piegata e non tocca terra. Ci guarda fiducioso, ci accompagna e ride con il suo nitrito particolare. Cammina male, zoppica, la sua anca ha perso la forma, è vuota. Arranca per un po’ e ci indica la strada, vuole stare con noi, si sente solo ma ama, ci ama all’istante quando capisce che soffriamo per lui.

Ciao Cristian, abbiamo incontrato un mulo. Si, semplice risposta. Alza la testa, ci guarda, Cristian, con la malinconia triste di una stella cadente, poi un guizzo negli occhi di chi sa che la sofferenza può essere amore se accolta. Cristian che sui monti ascolta il cuore: zoppica, una zampa non la muove, la trascina. Lo so. Ma non posso farci niente. Dovrei abbatterlo, ma non me la sento. Non sono pronto a portarlo al mattatoio. Mi piange il cuore vederlo così. Ma lo preferisco qui, nel suo mondo, tra i ginepri e le farfalle, sotto il monte Corvo, dove è nato e vissuto e penso che dovrà morire qui, per divenire farfalla o ginepro. Cristian che vorrebbe piangere, ma continua a guardare le mucche, ritirando un po’ le spalle e respirando forte. Questo inverno l’ho nutrito, e adesso lo accudisco, gli faccio compagnia, gli parlo. A volte gli sussurro nelle orecchie, quelle orecchie così grandi, che il suo posto è qui, che nessuno gli farà del male. Che lo proteggerò come ho sempre fatto. Fino a che ci sono non avrà nulla da temere. Il mulo zoppo di Cristian. Un triste destino per un animale forte e coraggioso che non può più essere utile. Un triste destino, reso più dolce dal battito del cuore di Cristian, che con il suoi gesti d’amore, riesce a trasformare il nitrito di paura del nostro primo incontro, in canto festoso ai piccoli fiori gialli che sbocciano dal terreno. Un mulo zoppo e un ragazzo dal cuore d’oro, un binomio perfetto che da la  speranza di continuare ad amare il prossimo come fosse noi stesso. Cristian, le sue mucche e il suo mulo zoppo, tra le montagne, tra i fiori e le ultime nevi, tra i canti e il vento freddo, tra la poesia di una scelta di vita difficile, Cristian ci insegna che l’amore è dentro di noi e per esprimerlo basta una carezza sul muso di un mulo zoppo. Un gesto semplice per sentirci meno soli e in armonia con il creato.

di Sergi Savini e Claudio Caldarelli

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