L’aria strappata d’Europa

I sovranisti non ce l’hanno fatta a prendersi l’Europa da dentro. La maggioranza resta alle vecchie famiglie dei popolari cristiani, dei social e liberal democratici e dei verdi. Non tanto vecchia quest’ultima famiglia ma neanche tanto nuova, soprattutto in Germania e in Francia. Nuova è senz’altro la proposta attraverso la quale si presentano e la fiducia crescente che riscuotono. Cosa che in Italia non si vede neanche all’orizzonte. Eppure una delle cinque stelle che caratterizza la bandiera penta-stellata è proprio il tema ambientale. Evidentemente è stata dimenticata governo facendo.  Del vecchio ambientalismo italico alla Alfonso Pecoraro Scanio – che fu nel 2006 anche Ministro dell’Ambiente – rimangono solo macerie. Rovine su cui le liste unite di Europa Verde, e di Possibile(Pippo Civati) sono riuscite a edificare un insufficiente solco d’aratro alto appena il 2,29%. Dieci volte meglio hanno fatto i verdi tedeschi (20,7%), e sei volte di più quelli francesi (13,42%). Dalle vecchie macerie solo nuovissime, luccicanti macerie di zecca. Queste due liste, infatti, unite a La Sinistra, uno stitico 1,7%, potevano però attirare un numero maggiore di voti, con un risultato finale che avrebbe agevolmente superato lo sbarramento del 4%. Lo stesso dicasi per +Europa, di Emma Bonino, la quale – malata e impastoiata nella mefitica logica poltronista dei maggiori esponenti della sua lista – finisce per gettare alle ortiche e alle vedove acide un bel 3,1%. Il suo sicuro, meritato e utile seggio a Bruxelles avrebbe invece potuto e dovuto garantirselo seguendo tutt’altro percorso (che pure ben conosceva).

La divisione che ha caratterizzato le premesse boriose e le conseguenze disastrose di queste liste minori è il riflesso inquietante di una ben maggiore divisione: quella della stessa Europa.

Il fatto che i popolar-sovranisti abbiano fallito l’assalto al treno, non significa che il convoglio sia ora salvo e possa procedere spedito. Salvini, Le Pen, Orban, Farage, Kaczynski e altri più laceri seguaci sono ben saldamente a bordo. Ci sono per rallentare, sobillare, guastare e soprattutto sfidare. Si comporteranno a viso scoperto da vari e propri coatti, impavidi perché impuniti. Già l’ungherese Orban e il polacco Kaczynski hanno continuato a farlo tranquillamente, fino al giorno prima delle nuove elezioni. Ora accentueranno ancora di più la propria insubordinazione. D’altronde la loro presenza e strafottenza sul treno sono cresciute a ogni nuova palata di carbone che i macchinisti buttavano nella caldaia. Palate che hanno accelerato la corsa solo a favore dell’apparato tecno-finanziario capitalistico continentale e mondiale, seminando invece smarrimento, delusione, scollamento, scontento anche tra le popolazioni – come quella italiana – tra le più originariamente europeiste. Nonostante questa amara disillusione, l’Europa, però, continua a essere percepita come una soglia, una frontiera della civiltà contemporanea e futura dalla quale non si può e non si deve tornare indietro. Per questo l’obiettivo sovranista non è più quello di uscire dall’Europa, ma quello di conquistarla da dentro, per riconvertirla in senso neo-nazionalista.

Non che le arrembanti forze euro-scettiche siano contro il predominio del tecno-profitto, anzi. Tanto che esse sono pronte ad abbattere sbrigativamente qualsiasi opposizione di tipo ambientale, fiscale, sociale lo ostacoli; pronte a varare leggi, grandi opere, finanziamenti pubblici, incentivi, detassazioni a suo unico vantaggio. Solo che per ascendere stabilmente al governo dei singoli Paesi e dell’Unione Europea, per servire meglio le urgenze del profitto cercano di imbrigliare il malcontento di massa nelle loro vele, esattamente come si fa navigando di bolina, ossia sfruttando il vento contrario per avanzare.  Il sobillamento dentro il treno, o l’ammutinamento a bordo è dunque destinato non a decrescere ma ad aumentare, proprio a fronte della sconfitta elettorale dei neo popolar-sovranisti. Questi, infatti, si candidano alla guida continentale, rivendicando una loro maggiore e più moderna efficienza di fronte alla vecchia classe politica, alla sua prassi e ai suoi tanto asfissianti quanto eclissanti riti burocratico-amministrativi.

Solo se l’avvento delle rappresentanze e delle tematiche ambientaliste venisse utilizzato dagli europeisti vincenti per dischiudere un inedito orizzonte sia tecno-scientifico, sia sociale-produttivo, per imprimere un nuovo, cruciale passo alla civiltà occidentale, allora la rabbia ferroviaria e quella marittima potrebbero lentamente placarsi con le prime luci di un’altra alba. È difficile, però, preconizzarlo. Vecchie forze conservatrici e liberali, seppure democratiche, hanno ancora le ciglia degli occhi cispose di disprezzo e congiuntivite di fronte alle allarmanti evidenze di distruzione planetaria. Quelle socialdemocratiche e di sinistra sociale, pur aperte a queste emergenze, non riescono a schiudere le palpebre a una nuova visione aurorale. I risultati elettorali italiani il sisma lo rovesciano ormai direttamente dal sottosuolo al cielo: quello sopra il Governo, le maggiori istituzioni, i vecchi e nuovi partiti, i votanti, gli astenuti. Persino dentro il rosario si profila già un neo scisma religioso con tanto di prossimo Papa e Antipapa. L’Italia è il diagramma atmosferico perfetto di questa aria continentale strappata.

di Riccardo Tavani

 

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