Matteotti, l’ultimo nemico del fascismo

Giacomo Matteotti è stato l’ultimo nemico del fascismo, non nel senso che dopo di lui il regime non avesse più nessun oppositore, ma perché è stato l’ultimo ad alzarsi in piedi in Parlamento e criticare ferocemente le porcherie del governo di Mussolini. Se i fascisti arrivarono a tanto, il motivo è che Matteotti aveva toccato le corde giuste.

La morte lo rese un eroe di libertà ma il suo coraggio lo aveva già dimostrato in vita. Anche se viene ricordato soprattutto per il suo ultimo discorso alle Camere, che gli risultò essere alla fine fatale, Matteotti era già diventato il portavoce di fatto di tutti i partiti all’opposizione del governo. Era un oppositore pericoloso perché studioso accanito e investigatore attento ai dettagli. Aveva pubblicato, infatti, un anno prima di morire ‘Un anno di dominazione fascista’ in cui elencava le ombre e i misfatti del primo governo di coalizione presieduto da Mussolini e delle sue squadracce fasciste. La stessa solerzia la mise nel suo celebre ultimo discorso. Il 30 maggio 1924 tenne un discorso alla Camera dei deputati in cui denunciava le intimidazioni e i brogli dei fascisti durante le elezioni tenute il precedente 6 aprile. Prima di quelle fatidiche elezioni il governo era riuscito a promulgare la cosiddetta legge Acerbo in modo da assicurare al Partito Nazionale Fascista una maggioranza solida. La legge concedeva, infatti, al primo partito che avesse superato il 25%, una maggioranza di 2/3 in Parlamento. Le violenze durante quelle elezioni furono molte e Matteotti, con l’appoggio delle altre opposizioni, chiese la non convalida delle elezioni di fronte a Mussolini. Il gesto mandò su tutte le furie il Presidente del Consiglio e scatenò la reazione violenta dei fascisti. Gli storici si dividono sul considerare l’uccisione di Matteotti come una decisione autonoma di alcuni uomini del regime o come un ordine venuto dall’alto. In ogni caso, pochi giorni dopo quel discorso, il 10 giugno 1924, Matteotti uscendo da casa venne accerchiato e aggredito da alcuni elementi della Ceka fascista, la prima polizia politica del regime, chiamata ironicamente come quella sovietica, istituita da Lenin. Il corpo dell’onorevole fu ritrovato nei pressi di Riano solo qualche settimana dopo, il 16 agosto. La sua morte colpì così tanto l’opinione pubblica che nei mesi successivi  il governo fu vicino alla fine. La divisione delle opposizioni, ritiratesi sull’Aventino, e il ruolo del Re e dei grandi industriali, sempre dalla parte del governo, permisero a Mussolini di capovolgere la situazione. Dopo qualche mese, in Parlamento il duce si assunse la responsabilità politica, morale e storica’ della vicenda. Tutti i grandi oppositori, da Gramsci a Turati, da De Gasperi a Gobetti, furono arrestati o costretti all’esilio. Così, con la morte di Matteotti, il fascismo fu costretto a gettare via la maschera della legalità che aveva indossato fino ad allora. Mostrando il volto violento che fu intrinseco fino alle origini del fenomeno.

di Pierfrancesco Zinilli

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