Gilet gialli, otto mesi di mobilitazione senza omogeneità

Il 17 novembre 2018 la Francia assisteva all’atto I dei Gilet Gialli, un movimento eterogeneo sceso in piazza per protestare contro l’innalzamento del prezzo del carburante.
A quasi otto mesi dal primo sabato di manifestazioni, l’attività dei Gilets Jaunes perdura, e questo 29 giugno sancisce il XXXIIIesimo atto di protesta.
Nato sui social network, il movimento che molti pensavano effimero e passeggero, ha radunato centinaia di migliaia di persone per le strade di Francia. E sebbene in questi ultimi mesi abbia conosciuto degli alti e bassi, afflitto da divisioni interne e da una modesta partecipazione di piazza, il movimento è da considerarsi senz’altro inedito per durata, adesione di popolo e tenacia, essendo peraltro riuscito nel tentativo di far vacillare governo e Capo di Stato.
Sabato dopo sabato, i gilet gialli, muniti del loro giubbotto catarifrangente – simbolo del movimento – hanno fatto della loro battaglia un appuntamento inconsueto sotto la Quinta Repubblica francese.
Un raduno popolare, privo di leader, che ha rivendicato sin dall’inizio di rappresentare la “Francia dei dimenticati”. Una mobilizzazione spontanea, alimentata e seguita sui social network, che ha conosciuto, soprattutto nella capitale francese, derive di violenza estrema, che il Paese aveva dimenticato da diversi decenni.
Come non ricordare le immagini di guerriglia urbana nella “plus belle avenue du monde”, gli Champs-Elysées, messi a ferro a fuoco dalle frange estreme del movimento? Per non parlare dell’Arco di Trionfo, Monumento ai Caduti, imbrattato dalle scritte di vernice, delle carcasse di auto carbonizzate in giro per la città e delle vetrine dei negozi e delle banche devastati sotto gli occhi dei turisti.

Messo sotto pressione, Emmanuel Macron, ha annunciato una serie di misure per migliorare il potere d’acquisto, allo scopo di attenuare il fronte della protesta: 100 euro aggiuntive sul salario minimo (il cosiddetto Smic), l’adeguamento all’inflazione delle pensioni sotto i 2.000 euro, una riduzione “significativa” delle imposte sui redditi.
In definitiva i Gilet gialli sono riusciti nell’intento, agognato da qualsiasi movimento sociale, di obbligare il governo a rivedere la sua tabella di marcia. L’esecutivo in questi mesi ha dovuto mettere in stand-by riforme importanti per focalizzarsi sul “Grand débat national”, lanciato ad inizio gennaio in risposta alle proteste.
Nonostante ciò, la delusione campeggia nello spirito di molti manifestanti. Le tre rivendicazioni simboliche dei Gilets Jaunes sono sempre state il referendum d’iniziativa popolare, l’abolizione del limite di velocità a 80 Km/h sulle strade extra urbane, il ripristino dell’ISF, “l’Impôt sur la fortune” (la tassa sui grandi patrimoni abolita da Macron in favore dell’IFI, che restringe il campo delle “imposte dei ricchi” al solo patrimonio immobiliare, non tenendo più conto di quello finanziario – che può essere anche di svariati milioni). Il governo non ha ceduto alle richieste.

In quest’ultimo fine settimana di giugno dalle temperature bollenti per la Francia, i Gilet Gialli hanno previsto un incontro per discutere l’avvenire del movimento. Duecento delegazioni sono attese a Montceau-les-Mines per partecipare alla terza “assemblea delle assemblee”.

Difficile prevedere quale strategia sarà attuata per rinvigorire un movimento che sembra spegnersi naturalmente, dimostrando incapacità a reinventarsi in materia di comunicazione politica. Le elezioni europee del maggio scorso, che avrebbero potuto dare risalto ai Gilets Jaunes, sono state un vero fiasco: le tre liste che si ispiravano dichiaratamente al movimento hanno ottenuto rispettivamente lo 0,54%, lo 0,03% e lo 0,01%. I dati si commentano da soli.
La verità è che il movimento manca di organizzazione interna e di figure carismatiche rappresentative delle istanze del gruppo. Non solo, gli episodi di violenza estrema dei mesi scorsi hanno allontanato tutti coloro che scendevano in piazza a manifestare pacificamente.
Ma forse la causa primaria alla base delle difficoltà che incontra attualmente il movimento è l’estrema eterogeneità dello stesso.
Per dirla alla maniera di Monicelli, un’Armata Brancaleone dei giorni nostri che pena a trovare un’omogeneità strutturale.

di Vittoria Failla

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