Scontro tra Capitani. A perdere sono sempre gli Ultimi.

Mario Guido faloci

Si può: essere di destra, o di sinistra; decidere di farsi tatuare il faccione di Matteo Salvini da qualche parte, o mettere il viso smunto di Carola Rackete sulla maglietta; odiare i negri, o aprire le braccia in un abbraccio fraterno; gridare all’affondamento delle navi delle ONG, o manifestare all’apertura loro dei porti. Ma in ogni caso, questa contrapposizione non si potrà mai risolvere, finché le due posizioni principali sul tema migranti, verranno nettamente divise, senza cercare una vera soluzione al problema. E, quest’ultimo scontro tra la Sea Watch-3 e il nostro Ministro dell’Interno, non fa che complicare qualsiasi volontà di sintesi per risolverlo, poiché integralizza le posizioni, cristallizzandole.
Si dovrebbe partire dai fatti, invece che dalle percezioni, anche se non è cosa che vada di moda, di questi tempi. Ammettendo che il Colonialismo, il Neocolonialismo ed il Neo-Neocolonialismo occidentale hanno depredato (e depredano ancora oggi) i paesi più arretrati, per carpirne le risorse a prezzi irrisori, arriveremmo ad ammettere anche che la causa prima della fuga dai propri luoghi, della moltitudine di migranti (per guerre, carestie e regimi dittaturiali, da ciò causati), sia dovuta all’avidità del “primo mondo”. Detto questo, sarebbe bene che l’occidente (che sia l’Europa, gli U.S.A. o l’Australia) smettesse di voltare la tasta dall’altra parte e si sforzasse di risolvere il problema delle migrazioni, alla radice (rivedendo il rapporto economico con certi paesi) e nelle politiche di accoglienza.
Non è dato sapere se certi esponenti di ONG siano solo dei fervidi esempi di paladini dell’umanità, o se siano dei biecamente alla ricerca di finanziamenti, ma è bene che non si dimentichino che non si possono portare avanti i propri ideali (o promuovere le donazioni) sulla pelle d’altri. Parimenti, pur avanzando certe perplessità su certi politici, non si può essere certi che la chiusura dei porti non sia veramente un modo per “sollevare il problema” agli occhi delle democrazie europee, invece che uno squallido modo di fare incetta di voti, anche se sempre e comunque sulla pelle di qualche disgraziato. Però, è certo che da tutta questa vicenda non ne esce bene nessuno, né certe ONG (che stanno arrivando a nauseare anche gli elettori di sinistra, a causa della loro provocatorietà a senso unico), né il ministro dell’interno (che, guardando i più ingenti sbarchi tutt’intorno, non sembra più un vero difensore dei confini), né i governi Europei (che cercano di non farsi mai coinvolgere dal problema), né le opposizioni italiane (che oltre ad una contrapposizione ideologica, non sanno produrre nessuna proposta concreta), né i poveri migranti (che scappano da un inferno, magari per essere catapultati in un altro).
Lo scontro è sempre evitabile, se si vuole realmente risolvere un problema: se si partecipasse agli incontri che dettino la linea del continente, invece di fare perenne campagna elettorale, probabilmente si otterrebbe di più; se si sbarcassero i migranti là dove i porti sono aperti, invece di attendere 17 giorni di forzarne uno chiuso, oltre che denunciare la pochezza di certi governi, si farebbe soffrire meno chi attende di sbarcare. Magari si potrebbe, dopo un ferreo impegno che leghi tutti i governi (anche futuri) del vecchio continente, operare a breve (accoglienza), medio (redistribuzione) e lungo termine (cambio di politica nei confronti degli altri paesi), operare concretamente per risolverlo.
Di certo è che nel mentre abbiamo una (vera) capitana, che ha gestito la situazione dalla “prima linea” e che comunque verrà processata per la scelta opinabile che ha fatto; abbiamo un (presunto) capitano che, agendo via social dalle comode ed agiate retrovie, schiva i processi grazie all’immunità parlamentare. E abbiamo una ONG che invece che risolvere i problemi li va acuendo, rinforzando le tesi dei sovranisti, senza scalfire la silenziosa ignavia dei governanti nord-europei, nonché un governucolo che mostra i muscoli ma che in realtà non ottiene né sostegno internazionale, né reali risultati (se non quelli di facciata). Il tutto mentre da certe realtà si fugge per non morire, rischiando comunque la vita, anche nella fuga. Quindi, non c’è da fare il tifo né per il capitano, né per la capitana, perché questa contrapposizione, in realtà non serve a nessuno, ma penalizza solo i soliti, i disperati, gli ultimi.

di Mario Guido Faloci

Print Friendly, PDF & Email