Affidamento degli animali domestici in caso di separazione o divorzio

E’ noto come gli animali nelle famiglie siano ormai una presenza rilevante e molto amata, che reca con sé la difficoltà di stabilire a chi spetterà la custodia e le afferenti spese nei casi in cui una famiglia si divide.
L’intestazione del cane all’anagrafe canina non è elemento di rilievo visto che l’amore non conosce nozioni di proprietà. Non essendo una cosa l’animale va considerato “essere senziente” e come tale gode di diritti come riconosciuto dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 13 dicembre 2007.
Avendo anche i cani un’anima il loro interesse «spirituale-affettivo» va tutelato.

Ciò ha determinato da parte del Presidente del Tribunale di Foggia, con provvedimento inedito del 2008 in ambito di separazione giudiziale, l’affidamento del cane al marito, indipendentemente dalla intestazione formale. Ciò in considerazione della circostanza che quasi sempre ai cani viene assegnato un micro chip con il nome del padrone, ma, non essendo il cane un bene mobile registrato, può aver sviluppato una relazione affettiva con l’altro coniuge. Inoltre, l’anagrafe canina non dispone di alcun controllo sulla veridicità di quanto affermato dal richiedente, in quanto solitamente ci si presenta dal veterinario autorizzato, si fa il microchip per il cane e questo determina l’immediata intestazione. Il senso di detto microchip è quello di poter risalire all’identità del padrone che, però, va inteso in senso ampio quando il cane convive all’interno di un nucleo familiare. Sulla base di tali considerazioni, nel caso di specie, il Giudice ha privilegiato l’interesse materiale e affettivo dell’animale conteso, affidando lo stesso al coniuge che, secondo una sommaria istruttoria, era risultato essere quello che maggiormente assicurava il miglior sviluppo possibile dell’identità dell’animale, lasciando comunque al coniuge risultato meno idoneo in tal senso la possibilità del cosiddetto diritto di visita per alcune ore determinate nel corso della giornata.

Orbene nel vigente ordinamento manca una norma di riferimento che disciplini l’affidamento di un animale domestico in caso di separazione o divorzio dei coniugi o dei conviventi.
Sempre più frequenti, però, sono i casi in cui coniugi o, comunque, persone che in regime di convivenza hanno posseduto un animale domestico, si rivolgono al giudice, per la regolamentazione del relativo affidamento.
Indubbiamente una disamina della giurisprudenza evidenzia che, da tempo, alla relazione che si instaura tra animali ed esseri umani è attribuito un valore.

Nel 2011, un decreto del Tribunale di Varese ha sancito : “deve ritenersi che il sentimento per gli animali costituisca un valore e un interesse a copertura costituzionale”, per questo “deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia” e, quindi a mantenere la relazione con il proprio cane o gatto. Tale principio ha guidato diversi provvedimenti in cui è stata decisa la sorte dell’animale d’affezione, in diversi casi di separazione coniugale, superando il concetto dell’animale come puro bene patrimoniale, in considerazione della sua precipua natura di essere senziente e applicando, quale criterio per l’affidamento, il legame affettivo e sintonico instauratosi tra l’animale stesso e i diversi membri della famiglia.
Pur in assenza di una disciplina di settore, numerose sono state le pronunce dei tribunali in merito.
Tra le pronunce più significative sul punto: quella del Tribunale di Foggia su menzionata, risalente al 2008, che, in una causa di separazione giudiziale, ha disposto l’affidamento dell’animale d’affezione a uno dei due coniugi, con l’obbligo di averne cura, concedendo all’altro coniuge diritti di visita, autorizzandolo a prenderlo e portarlo con sé per alcune ore nel corso di ogni giornata o per giornate concordate dalle parti; l’altra, del Tribunale di Cremona (sentenza del 11.06.2008), che, sempre in una causa di separazione, ha disposto l’affido condiviso del cane con obbligo di suddivisione al 50% delle spese per il suo mantenimento. Entrambi i Tribunali, in assenza di una norma di riferimento, hanno applicato, per analogia, la disciplina riservata ai figli minori. Ciò al fine di non interrompere la relazione che l’animale aveva con entrambi.

In altre parole la linea seguita è stata quella della applicazione speculare all’animale domestico di tutte le garanzie previste per l’affido condiviso dei figli minori, in considerazione della circostanza che siano altrettanto meritevoli di tutela e gli animali, e la relazione con essi instaurata.

Nel caso deciso dal tribunale di Roma (Trib. Roma, sent. n. 5322/2016), in attuazione dei predetti criteri, si è ritenuto che il regime giuridico in grado di tutelare l’interesse del cane oggetto di causa, contemperandolo con l’interesse affettivo delle parti in causa, fosse l’affido condiviso con divisione al 50% delle spese per il suo mantenimento. Ed infatti, era emerso che il cane si era abituato a vivere, dopo la fine della convivenza instaurata tra le parti in causa, a periodi alterni, con una sola di loro, in abitazioni e luoghi diversi e che entrambe le parti avevano provveduto alle cure necessarie per lo stesso. Altresì, era irrilevante che le parti non fossero sposate, atteso che l’affetto ed il legame instaurato con l’animale prescindeva dal regime giuridico che legava le parti in causa.
Recentemente, nell’ambito di una causa di separazione non consensuale, il tribunale di Sciacca (Ag) ha disposto l’affido condiviso del cane di famiglia, a settimane alterne, ad entrambi gli ex coniugi. Il provvedimento stabilisce che i padroni divideranno le spese per croccantini ed eventuali ricorsi al veterinario. In una materia su cui al momento c’è un vuoto normativo, sia l’ex marito che l’ex moglie pretendevano di continuare ad avere il cane anche dopo il divorzio. A fronte della spinosa contesa, il giudice ha deciso di accontentarli tutti e due, ritenendo “doveroso di tutela il sentimento nei confronti degli animali”. (Trib. Sciacca, decr. Del 19/02/ 2019).

In generale dottrina e giurisprudenza prevalenti ritengono comunque auspicabile che le questioni relative all’affidamento del cane (del gatto e di qualsiasi altro animale di affezione) siano tenute al di fuori dell’accordo di separazione tra i coniugi e formino invece oggetto di un’ulteriore e apposita scrittura privata redatta fuori dalle aule giudiziarie (che assumerebbe quindi le caratteristiche di un normalissimo contratto). Questo però non toglie che, se anche i coniugi dovessero inserire, nell’accordo di separazione, una previsione in merito all’affidamento del cane o del gatto e all’eventuale diritto di visita, ciò non contrasterebbe con nessuna norma; un patto del genere non può essere pertanto considerato proibito o non omologabile. Del resto nulla toglie che, con la separazione e il divorzio, gli ex coniugi disciplinino anche le questioni non strettamente economiche e in tal caso il giudice è tenuto a recepire l’accordo dei coniugi finalizzato a tutelare anche il cane come affetto familiare, nonché la gestione dello stesso.
Nei casi invece di separazione o divorzio giudiziale in base agli orientamenti prevalenti il tribunale non è tenuto a occuparsi dell’assegnazione degli animali domestici, neanche se gli viene chiesto espressamente dalle parti con il ricorso. Solo l’accordo dei coniugi può quindi definire la sorte del cane o del gatto, ma se manca l’intesa non spetta al giudice definire con chi vada a stare e l’ammontare del mantenimento. (Tribunale di Milano ordinanza del 2 marzo 2011).

Salta all’evidenza una vistosa lacuna normativa che richiederebbe un intervento del legislatore che disciplini la materia con disposizioni normative specifiche che contemperino le esigenze affettive, i bisogni dell’animale, gli aspetti economici e le conseguenti responsabilità.

Risultano all’esame della Commissione Giustizia alla Camera due proposte di legge che introducono nuove norme per l’affido degli animali di affezione in caso di separazione dei coniugi e in caso di morte del proprietario, appunto al fine di sanare il vuoto normativo in materia e soprattutto di tutelare gli animali e il loro benessere di fronte ad una separazione familiare e ad un eventuale allontanamento dalla casa in cui vivono abitualmente, nonché con la nomina di un curatore in caso di morte del proprietario o detentore di un animale di affezione, assicurare la custodia temporanea, fino alla devoluzione definitiva, all’onerato o, in mancanza, a chi ne fa richiesta, garantendo il suo benessere.
Stante la copiosa statistica e la giacenza in Parlamento del disegno di legge da ormai diversi anni, si attende, dunque, che la lacuna legislativa in materia venga colmata quanto prima.

di Avv. Antonella Virgilio

Print Friendly, PDF & Email