Novecento bambini separati dalle famiglie al confine degli Stati Uniti

Il dramma dei bambini migranti separati dai propri genitori al confine tra Stati Uniti e Messico, continua. Solo nell’ultimo anno, più di novecento bambini, di cui un quinto sotto i cinque anni di età, sono stati separati dai propri genitori e tutto questo nonostante una sentenza che chiedeva di ridurre tale pratica. Lo scorso giugno un giudice federale aveva infatti ordinato di riunificare le famiglie e ridurre drasticamente la pratica delle separazioni, iniziate nella primavera del 2018 nell’ambito della politica di “tolleranza zero” imposta dal presidente Trump.
In pratica, con l’applicazione della «tolleranza zero» ogni adulto che tenta di entrare negli Stati Uniti in modo irregolare e senza le corrette procedure di asilo viene considerato un criminale e, pertanto, perseguito. Poiché i minori non possono finire in prigione, né rimanere in detenzione per più di 21 giorni, vengono di conseguenza separati dalle loro famiglie.
Il problema si era palesato in modo prepotente a maggio dello scorso anno, quando, l’amministrazione statunitense aveva riconosciuto di aver perso traccia di circa 1.500 minori privi di documenti.
E’ stato chiesto, con maggiore necessità ed urgenza, ad un giudice californiano di chiarire gli standard secondo cui si possono operare tali separazioni anche in virtù del fatto che proprio il segretario per la sicurezza interna, Kevin McAleenan, aveva dichiarato che tali separazioni erano “rare” e compiute solo “nell’interesse del bambino”.
Un contentino per le masse facinorose, per chi alza la testa e fa sentire la propria voce.
Come se tutto ciò non bastasse, un appello ad interrompere la pratica delle separazioni familiari è arrivato anche dal Guatemala. A margine di una visita di McAleenan nel Paese, il capo dell’Ufficio del difensore civico per i diritti umani guatemalteco, Jordán Rodas, ha chiesto agli Usa di intraprendere azioni efficaci per fermare sia la detenzione di bambini e adolescenti sia la separazione dai loro genitori.
Intanto ciò a cui si assiste, attoniti e rabbiosi, è una situazione al limite dell’assurdo. Un trauma psicologico per i piccoli e per i genitori, scene strazianti di una violenza legalizzata, di una sottrazione d’amore, di affetto, riconoscimento all’interno di un nucleo familiare improvvisamente spezzato, strappato e divelto proprio in quei cardini essenziali per la stabilità emotiva di un bambino, impedendone lo sviluppo del linguaggio, della socializzazione e un blocco assoluto dei legami affettivi. Lesioni dell’anima che si porteranno dentro per sempre a minare il loro faticoso percorso per diventare “adulti sani”.
“Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo.” Così, come divulgato dal famoso neurologo e psicoanalista austriaco nonché fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud, sappiamo che esperienze vissute come profondamente negative e disorganizzanti nell’infanzia, possono determinare nel futuro la tendenza a proteggersi dal ripetersi di situazioni analoghe, evitando di “provare” nuovamente altro dolore psichico.
In altri termini il bambino che ha subito traumi così forti, tenderà da adulto a crearsi una corazza per non “provare” sentimenti allontanando qualsiasi forma di affettività.
In questi casi l’affettività negata con la forza sarà la stessa che i bambini, una volta cresciuti, non vorranno più provare per evitare di rivivere l’abbandono e l’allontanamento.
Un dramma nel dramma di cui però nessuno si fa carico, adesso come un domani in cui ognuno da solo, dovrà arginare le tempeste emotive che scardineranno la propria vita. Ma questo sarà solo un problema “loro”. E finché continueremo a pensare che “noi” non siamo “loro” allora questo mondo avrà molto da perdere in “umanità, altruismo e generosità”.
In fondo il nostro è già un mondo “di sottrazioni”.

di Stefania Lastoria

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