Giancarlo Siani: una “penna” da fermare

Un giovane se ne andava in giro con una strana auto decappottabile verde, una Citroen Mehari, un’agenda e una biro. Un giovane cronista coi capelli fino alle orecchie e una fossetta in mezzo al mento percorre le strade della sua città, raccoglie elementi, collega fatti. Nulla di particolare, è il suo lavoro, come tanti suoi colleghi. No, lui non è destinato ad essere come tanti. Lui diventerà un simbolo, una figura di riferimento. Si chiamava Giancarlo. Aveva 26 anni.

Ma qual’è la storia di Giancarlo Siani? Era una persona normale, era un ragazzo normale. Era vivace, allegro, aperto, con una capacità di entrare in contatto con la gente. Un ragazzo normale che ha avuto il coraggio di fare delle scelte. Era un ragazzo che voleva fare il giornalista. Inizia giovanissimo a scrivere. Giancarlo cresce al Vomero, uno dei quartieri della “Napoli bene”. È uno studioso, ma anche uno sportivo. Ama lo sport, il calcio, allena una squadra di pallavolo, gli piace la musica. Dopo la maturità sceglie gli studi di Sociologia.

Inizia presto a collaborare con diversi periodici tra cui Osservatorio sulla Camorra, diretto da Amato Lamberti e il mensile della Cisl. Solo nell’estate del 1980 arriva finalmente la chance che aspettava, quella di scrivere per il Mattino. Il più grande giornale di Napoli e del Mezzogiorno cerca un corrispondente da Torre Annunziata. Ogni giorno raggiunge Torre Annunziata, una piccola Napoli ai confini di Napoli, percorre sessanta chilometri tra andata e ritorno. È la città dei Gionta, uno dei più influenti clan della nuova famiglia che, opponendosi alla nuova Camorra organizzata di Cutolo, ha appena  cominciato una sanguinosa guerra per l’egemonia.

In questo contesto si muove Giancarlo Siani, perché il giovane cronista lavora nella Campania dei primi anni 80. Una Campania devastata dalla speculazione edilizia, dal cancro della Camorra, dagli accordi tra politica e malavita. In Campania si muore per le continue guerre tra clan.

Siani aveva deciso di scoprire il marcio e di denunciarlo con i suoi articoli. Intendeva approfondire i legami tra criminalità e politica a Torre Annunziata. Perché è il giornalista che Giancarlo vuole fare. Il sogno si infrange alle 21.00 del 23 settembre 1985. Giancarlo muore con un biglietto di un concerto Rock nella tasca dei pantaloni e un appuntamento in agenda, proprio con Amato Lamberti per il giorno dopo.

Non era un giornalista qualsiasi, era un giornalista coraggioso. Studia attentamente il fenomeno della Camorra. I rapporti e le gerarchie dei clan presenti nella zona di Torre Annunziata, i collegamenti tra politica e malavita. Più precisamente scopre contatti e relazioni tra il boss locale Valentino Gionta ed esponenti politici. Intuisce che è nato un patto tra il clan Nuvoletta, alleato di Totò Riina e il clan Bardellino.

Un patto per garantire la pace tra i clan. Pace che, però, ha come ostacolo Gionta. I clan decidono di eliminare Gionta, e per questo l’hanno venduto alla polizia, facendolo arrestare. Questo scrive Siani in un articolo del 10 giugno 1985, quando Valentino Gionta viene arrestato poco dopo essere stato dal boss Nuvoletta. L’articolo fa infuriare i Nuvoletta, è un’accusa tremenda che decidono di lavare col sangue di Giancarlo Siani e decidono di eliminarlo lontano da Torre Annunziata per depistare le indagini.

La sera del 23 settembre 1985, Giancarlo lascia la sede de “Il Mattino”, dove era stato trasferito, dopo una lunga giornata di lavoro tra notizie cercate in giro e pagine scritte. Si avvia con la sua auto verso casa, dove vivo non arriverà mai. È sotto casa sua, arrivato da poco, a bordo della sua Citroen Mehari. A pochi metri due assassini lo uccidono. I sicari gli sparano dieci volte e scappano in moto. Quel giorno Giancarlo aveva chiamato Amato Lamberti, ex-direttore dell’Osservatorio sulla Camorra. Voleva parlargli di alcune cose “che è meglio dire a voce”. Per catturare i suoi assassini ci vorranno dodici anni e tre pentiti.

Tuttavia, c’è la convinzione che dietro quell’omicidio ci fosse anche altro. A pensarci bene, vengono dei dubbi sul movente. Certamente l’articolo di Siani poteva risultare fastidioso per i Nuvoletta, ma è veramente questo il movente? Si potrebbe ipotizzare che il reale movente dell’omicidio potrebbe essere il timore per ciò che il giovane cronista poteva scrivere in futuro, ossia il timore che potesse documentare gli accordi tra malavita e pezzi delle istituzioni, rendere pubblici i meccanismi illegali degli appalti. In conclusione si potrebbe ipotizzare che Siani era un pericolo per la Camorra, ma ancora di più per una certa politica collusa.

Quell’articolo fu solo la causa scatenante dell’uccisione. E sono molteplici le domande che restano aperte a trentaquattro anni di distanza dal delitto. Di cosa avrebbe voluto parlare con il suo ex-direttore de l’Osservatorio sulla Camorra, Amato Lamberti, a cui telefonicamente ha chiesto un incontro per parlare di cose che “al telefono è meglio non dire?” Che cosa aveva scoperto Siani? Perché era preoccupato? E dove è finito il materiale da lui raccolto? Una questione che sembra ricordare quanto accaduto anche ad altri misteri italiani, come la sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino o il trafugamento di documenti dalla cassaforte  del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Eroe, martire, modello, giornalista napoletano de “Il Mattino” di appena 26 anni, compiuti appena quattro giorni prima di essere ammazzato, il 23 settembre del 1985 da dieci colpi di pistola sotto casa al Vomero.

Il giovane cronista sta parcheggiando la sua auto, una Citroen Mehari verde, di ritorno dal giornale, i fari ancora accesi, quando due uomini lo freddano con numerosi colpi d’arma fuoco calibro 7.65 mm. Giancarlo riverso sul volante della sua auto con la guancia sinistra rigata di sangue. È stato ammazzato Siani nella sua auto a piazza Leonardo al Vomero.

Un ragazzo che ha deciso di fare il giornalista per raccontare ciò che accade nella sua terra. Un ragazzo con una forte passione per la scrittura e per le inchieste. Un giornalista pronto a mettere a rischio la propria vita per lottare contro un sistema di violenza e morte. Un “giornalista-giornalista” che scrive senza condizionamenti la realtà di Napoli contaminata dalla Camorra e dalla corruzione politica, che ha ben chiaro che la Camorra e i politici camminano a braccetto. Giancarlo Siani una “penna” da fermare.

di Maria De Laurentiis

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