La violenza sul femminile come ombra del lavoro contemporaneo

C’è un aspetto del lavoro nel nostro presente che resta ancora nascosto, negato alla coscienza individuale e collettiva. È che il lavoro umano – indipendente dal genere sessuale di chi vi è quotidianamente sottoposto – assume sempre più l’impronta del femminile. C’è un film del 2016 (ma uscito solo nel 2017) di Daniele Vicari che lo lascia trapelare. Si tratta di Sole cuore amore, con una eccezionale Isabella Ragonese nel ruolo di Eli, madre di quattro figli, con marito disoccupato, che ogni giorno si sveglia prima dell’alba per andare da Nettuno a servire – sottopagata e in nero totale anche d’orario – in un bar del Tuscolano a Roma (vedi Stampa Critica, N. 19/2016). Un’intera città, civitas, civiltà si regge sulle spalle di donne come Eli. O di spalle anche maschili, ma ricondizionate, virate al femminile come quelle di Eli. Che il marito di Eli non lavori assume nel il film un forte valore non solo simbolico. Nel vecchio lavoro di fabbrica, che era anche un modello contrattuale, sociale, politico, nonché ideologico, avveniva semmai il contrario: spalle femminili volte, piegata al maschile. Con una ben precisa distinzione, però: quella della discriminazione remunerativa e di carriera a scandaloso svantaggio delle donne. Uno studio dello scorso anno calcola che ancora oggi le donne nel lavoro tradizionale – nel corso di tutta la vita lavorativa – arrivano a percepire una media di 320.000 € in meno rispetto agli uomini. Il costo di una casa. Di una casa come quella familiare, di proprietà spesso del marito, dentro la quale le donne lavorano anche più che per dell’intera vita professionale, senza riconoscimento di alcun genere.

Ilfemminile, come sottosuolo reale della superficie lavorativa contemporanea, emerge anche da un recente libro sul settore della grande distribuzione e commercio al dettaglio in Italia (centri commerciali, supermercati, negozi in genere). Si tratta de I consumati, siamo uomini o merci?, di Marco Ferri e Francesco Iacovone, per Massari Editore. Ce ne siamo occupati nella rubrica di cultura nel N. 16/2019 dello scorso 31 agosto. Questa particolare branca dell’attività economica e lavorativa offre la possibilità di uno sguardo che riesce ad attraversare e cogliere diversi aspetti della trasformazione in atto. In questo settore non solo il gap salariale ufficiale uomo-donna è tra i più bassi (4,9% contro dislivelli via via crescenti fino al 24% di altri settori). Cruciali è qui, però, la deregolamentazione totale dei diversi assetti contrattuali a omologare tutti verso uno schiacciamento economico-normativo che corrisponde alla tradizionale concezione di come devono essere inquadrate le donne che escono dall’ambito domestico per inserirsi in lavorativo. Part-time, somministrazione, a chiamata, apprendistato, merchandiser promoter, interinale, job on call, stage, voucher, lavoro indiretto: queste le principali varianti contrattuali e sotto contrattuali in cui è stata sfrangiata la collocazione di commesse e commessi tra gli scaffali, le corsie, le casse dei supermercati o dietro le vetrine di più piccoli negozi. Il part-time – da scelta volontaria soprattutto delle donne – per poter accudire meglio i figli, da volontario diventa obbligatorio. Non più, però, per le sole commesse ma anche per i commessi. Obbligatorio e ricattatorio: perché se non lo accetti quando ti viene proposto-imposto sei fuori. Dice nel libro Francesco Iacovone che da questa fotografia “… trasuda una violenza sottile rivolta alle lavoratrici madri, costrette a rinunciare alla propria autonomia economica e sociale, solo perché hanno ceduto alla gioia di avere un figlio”.

Ecco: la violenza, appunto. Sottile. Certo, ma la violenza cresce e sperimenta sé stessa per soglie lievi, progressive e via via sempre più intense, fino alla più indifferente delle spietatezze. La violenza è generata da una forza che applica la propria azione su una debolezza. La forza ha bisogno di una debolezza per esplicarsi pienamente. La forza misura, sperimenta, saggia per gradi i livelli di resistenza al proprio potere di agire – in diverse condizioni – su una forza più debole. La corrispondenza tra femminile e debolezza, passività, sottomissione è quella che ha tradizionalmente guidato la concezione maschile del potere. Ossia: la concezione del poter toutcourt. Il sistema novecentesco lavorativo quale cardine produttivo centrale e generale, abbiamo detto era anche un modello normativo-salariale, sociale, politico, di potere e ideologico, fondato sul confronto, sul bilanciamento conflittuale delle grandi forze: capitalistica da una parte, della classe operaia dall’altra. Disgregatosi via via tale assetto centrale, rimane solo la forza dell’ultima ideologia sopravvissuta al Novecento: quella del profitto privato. Il femminile, quale desiderio oscuro o immaginario, in luce o in ombra, sotterraneo o di superficie della volontà di sottomissione del potere, torna così a essere il paradigma su cui riconfigurare, dislocare anche i nuovi rapporti di forza e d’imposizione nel mondo del lavoro.

Ora, però, proprio per quei progressivi gradi di sottile violenza antifemminile denunciati da Iacovone (riguardanti anche i maschi omologati al lavorativo femminile), la cosa non si ferma tra le corsie, i piani, le scale mobili dei centri commerciali. Non si limita a commesse (e commessi). Fuoriesce sulle strade, torna nelle cucine, nelle camere da letto delle case, come violenza cieca, diretta di una forza soverchiante contro la voluta, pretesa, imposta debolezza femminile. Una forza in azione che si configura, nella sua più interiore essenza ontologica, quale concrezione materiale antropologica, ossia nelle fattezze umane, sociali, ideologiche patriarcali nel nostro presente. Per questo i movimenti femministi quali #Me Too, #Non una di meno, dovrebbero occuparsi molto da vicino di questo settore. Altrettanto commesse e commessi dovrebbero prendere in seria considerazione la frequentazione attiva di tali movimenti. Parafrasando una famosa frase di Marx si potrebbe forse affermare che: “L’emancipazione delle commesse lavoratrici è oggi l’abolizione di tutte le classi”.

(Introduco e coordino per Stampa Critica un dibattito su questi temi e sul libro I consumati, siamo uomini o merci?, venerdì 18 ottobre 2019, alle ore 18, presso la Sala Conferenze Confederazione Cobas, in Viale Manzoni, 55, Terzo Piano – Roma. Saranno presenti anche gli autori).

di Riccardo Tavani

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