I tempi cambiano, le tradizioni restano

Ci siamo appena lasciati alle spalle i giorni delle festività natalizie, che nel loro aspetto consumistico sono simboleggiati da banchetti pantagruelici e da regali scambiati con amici e parenti.

Nulla a che vedere, ovviamente, con l’attuale significato religioso, ma molte, invece, le somiglianze, con i festeggiamenti che in questo periodo dell’anno venivano celebrati nell’antica Roma.

Dal 17 al 23 dicembre avevano luogo i Saturnalia. In questi giorni la gente si scambiava l’augurio “IO Saturnalia!” (un equivalente del moderno “Buon Natale”), si tenevano numerosi banchetti e diverse attività, pubbliche e private restavano chiuse. Delle bambole di pasta dolce venivano regalate ai bambini.

Verso la fine dell’anno, invece, vi era l’usanza di scambiarsi doni, definiti “strenne”, dal nome della dea Strenna o Strenua, di probabile (ma non certa) origine sabina. Secondo una tradizione, i Romani porsero dei rami raccolti dal bosco sacro a questa dea al loro re, Romolo, in segno di gratitudine per la fondazione della città. Secondo altre fonti, la tradizione fu istituita da Romolo stesso, dopo che vide questa usanza in voga presso i Sabini di Tito Tazio. Col tempo i rami vennero sostituiti da dolci, frutta (fichi in particolare) e miele.

In seguito, a queste celebrazioni si sovrapposero quelle dedicate al dio Giano, divinità italica e mitico re del Lazio, dalla tipica “doppia testa”, una che guarda al passato e una al futuro. Per questo motivo egli era considerato nume tutelare degli ingressi e che sovrintendeva l’inizio di ogni attività. Il primo mese dell’anno, gennaio, Ianuarius(da Ianus) deriva da lui il suo nome.

I Romani, dunque, presero l’abitudine di scambiarsi doni, tra cui, simbolicamente, come buon auspicio, in età imperiale, alcune monete in bronzo coniate in età repubblicana, ormai fuori corso, che su un verso recavano proprio l’immagine di Giano.

Insomma, i tempi cambiano, ma le tradizioni millenarie restano radicate nella società, e trovano sempre il modo di rinnovarsi e di trovare posto in un contesto sociale, politico e religioso inevitabilmente mutato.

di Fabio Scatolini

 

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