Sto bene con la mia assenza

Si è soli anche in tanti. La solitudine è nell’anima e apre le porte alle idiosincrasie più recondite. L’unica medicina, effetto placebo, sono i ricordi. La memoria ci fa compagnia, non ci lascia mai soli fino a quando le immagini sono nitide dentro di noi.

Lucia Calamaro, drammaturga e regista, riesce nell’intento di comunicarci tutto il dramma della quotidianità di chi non è in grado o non vuole sottrarsi al suo essere qualcosa fuori dal reale. Una riflessione profonda, interpretata con nobile ironia e fantastica mimica anche nei più impercettibili movimenti, da Silvio Orlando, istrionico protagonista di se stesso. I dialoghi, così sferzanti, a volte senza respiro, mettono in luce l’inadeguatezza dei figli, generazione senza futuro, nel comprendere la solitudine che fa compagnia.

  Ognuno con i propri vezzi, difetti, compulsioni, rituali e metodiche inutili nella quotidianità del tempo che scorre nella nullità dei gesti. Le scene minimali circoscrivono il palcoscenico mettendo al centro la narrazione senza surplus di oggetti inutili, così anche i costumi riescono a soggiogare la nostra attenzione sui dialoghi e sui movimenti degli altri protagonisti, perfetti nell’esprimere il vuoto delle loro esistenze. Ma il merito maggiore è di Lucia Calamaro, nella sua capacità di esprimere in modo così intenso una condizione dell’animo umano difficilmente sopportabile senza gli strumenti della memoria evocativa. Si è soli ma si può convivere anche con le proprie assenze.

di Claudio Caldarelli

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