Morta la mamma di Don Diana. Finalmente ha riabbracciato il suo Peppino

Jolanda se n’è andata. Aveva compiuto 86 anni il giorno prima. Poi, nel pomeriggio di sabato 18 gennaio, la signora Jolanda Di Tella, mamma di Don Giuseppe Diana, è deceduta nella sua casa di Casal di Principe.

Finalmente mamma Jolanda ha smesso di piangere. Finalmente il suo desiderio si è avverato, ha riabbracciato il suo Peppino. Ventisei anni è durata questa logorante attesa.

I ricordi si fanno spazio e storia. Era la festa di San Giuseppe, il giorno dell’onomastico del figlio sacerdote. Dopo la Messa, celebrata di buon mattino nella parrocchia di San Nicola, Don Peppe sarebbe ritornato a casa per festeggiare con le “zeppole” già pronte. Aveva messo al mondo tre figli, Jolanda: Giuseppe, Emilio, Marisa. Giuseppe era diventato sacerdote. Che gioia, che festeggiamenti ci furono quel giorno a Casal di Principe.

Forse poco si è riflettuto sullo stretto legame che unisce il prete celibe alla sua famiglia di origine, in particolare alla sua mamma che condivideva con il figlio il peso e la gioia del sacerdozio. E con quel sesto senso tipico delle mamme, la signora Jolanda, più di lui, aveva il cuore pesante di paura.

Lo scenario che le si presentava davanti stava subendo una vera evoluzione, trasformazione, rivoluzione del tessuto sociale che tanto le faceva terrore.

La gente, i ragazzi che conosceva da tempo, amici dei figli, come se fossero tutti una grande famiglia, avevano intrapreso strade spaventose. Erano diventati tutti “camorristi”.

Avevano le mani e il naso negli affari, nei commerci, nelle civili amministrazioni, e si facevano obbedire. Con la forza delle armi intimorivano, terrorizzavano. La gente si arrendeva, lo Stato indietreggiava. Tutti i comuni mortali erano diventati prigionieri in un Paese civile. Il sangue iniziò a scorrere a fiumi per le strade, mentre parenti e amici dei camorristi iniziarono non più a vergognarsi ma a vantarsi delle vigliacche meschinità che andavano compiendo. E fu lì che si comprese che la libertà era seriamente a rischio.

Jolanda aveva paura per il figlio. Lo conosceva bene, sapeva di non potersi spingere più di tanto nel raccomandargli di essere prudente, di fare attenzione nel parlare, nello scrivere, nel denunciare.

Ma il suo Peppino era un profeta al quale nessuno poteva dire di tacere. E sa bene il profeta, che è destinato a rimanere solo.

A Casal di Principe in quegli anni, bruciavano fuochi diversi. Nell’animo di Don Peppe Diana e di tanti suoi confratelli e amici ardeva il fuoco del Vangelo, della giustizia, della rabbia, della libertà. I camorristi, invece, erano ormai precipitati in una sorta di follia collettiva, un delirio di onnipotenza li aveva invasi, soggiogati, ammaliati. Avevano tanto e volevano tutto.

Tutti, a cominciare proprio dalla mamma Jolanda, sapevano che i camorristi gliel’avrebbero fatta pagare. E così accadde.

Alla vigilia della primavera del 1994, Don Peppe Diana, vigliaccamente, veniva trucidato, nella sua chiesa, al suo paese.

Il 18 gennaio mamma Jolanda ha finalmente riabbracciato il figlio, Don Peppe Diana. Lo ha raggiunto lasciando questa terra, e lasciando noi orfani del suo coraggio, della sua testimonianza di vita, del suo costante ricordo del caro figlio ucciso dalla camorra.

Ma chi era Giuseppe Diana meglio conosciuto come Don Diana?

Giuseppe Diana nasce a Casal di Principe, nei pressi di Aversa, in Provincia di Caserta, da una famiglia di proprietari terrieri. Nel 1968 entra nel seminario ad Aversa: vi frequenta la scuola media e il liceo classico. Successivamente continua gli studi teologici nel seminario di Posillipo, sede della Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale. Qui si laurea in teologia biblica e poi si laurea in Filosofia presso l’Università Federico II di Napoli. Nel marzo 1982 è ordinato sacerdote.

Il resto è storia. Alle 7.20 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, Giuseppe Diana venne assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre si accinge a celebrare la santa messa. Un camorrista lo affronta con una pistola. I cinque proiettili vanno tutti a segno: due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo. Don Peppe Diana muore all’istante. L’omicidio, di puro stampo camorristico, fece scalpore in tutta Italia, tanto che un messaggio di cordoglio venne pronunciato da Papa Giovanni Paolo II durante l’Angelus del 20 marzo 1994.

Una pagina di storia in cui abbiamo assistito impotenti al dolore di tante famiglie che hanno visto i propri figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra.

E ancora oggi, a tanti anni di distanza, possiamo affermare che allora come adesso, occorre educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà.

di Stefania Lastoria

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