“La prescrizione è come operare il paziente senza ricucire la ferita”

In questo caso, la vittima è Patrizia Pagliarone, 49 anni che ha osato denunciare il suo ex, l’attore e politico Andrea Buscemi subendo le conseguenze di una giustizia inerme.

Cerchiamo di metterci nei suoi panni, di entrare nel suo vissuto emotivo, in quel tentativo di avere giustizia, di farci carico delle sue paure e della rassegnazione. Tentiamo di immedesimarci su come sia cambiata la sua vita con il tempo, di come le sue sicurezze siano vacillate e la sua autostima sia stata calpestata per sempre.

“Il mio nome è Patrizia ma potrebbe essere qualsiasi nome, chiamatemi come volete, sono solo un numero, uno dei tanti, una delle numerose donne che denuncia e attende per avere giustizia. Che ci spera, ci crede e poi nulla. Tutto viene prescritto, cancellato, come mai accaduto. E della mia vita? A chi interessa della mia vita sottratta, strappata, rubata? Di come ero prima e di come sono diventata ora? Credo a nessuno. Allora anche il mio nome non ha senso. In questa storia, come in quella di tante altre donne, non riesco più a trovare il senso di niente.

Non sono più una donna serena, per anni non ho dormito la notte, occhi a fissare il soffitto e il cuore a pulsare terrore. Non guido più la macchina per paura di quegli investigatori che il mio ex mi aveva messo alle calcagna. Potrei dire che sono sconsolata o rassegnata ora che è tutto prescritto, potrei dire che sono arrabbiata, furiosa, agguerrita… magari lo fossi. Mi sentirei, forse, ancora viva. Di fronte ad una giustizia che mai mi restituirà quella gioia di vivere che avevo prima che il mio ex fidanzato, attore ed ex assessore della Lega a Pisa, Andrea Buscemi, non accettasse la fine della nostra relazione. 

Perché queste storie iniziano sempre così… molte volte finiscono peggio.

Ci conoscemmo nel 2007 tramite un comune amico. Io ero una donna autonoma, organizzavo conferenze e insegnavo Economia con Edward De Bono in Italia e all’estero. Lui era conosciuto al grande pubblico per i suoi film con Paolo Virzì, Giorgio Panariello, Leonardo Pieraccioni e soprattutto per il suo ruolo in Amici Miei di Neri Parenti. Come tutte le relazioni all’inizio sembrava un idillio. Ben presto fu ovvio per entrambi e soprattutto per me, che le cose non andavano bene. Insomma erano più le volte che tentavo di lasciarlo che altro, cercavo di porre fine ad una storia ormai finita e non solo. Una storia a cui lui non voleva rinunciare, diventando sempre più pressante, con pedinamenti, appostamenti, telefonate a tutte le ore, messaggi, minacce, ingiurie. Era arrivato a mettere in pericolo persino la mia famiglia, diceva che ci avrebbe distrutto la vita, che io ero una poco di buono e altre offese dello stesso tenore.

Poi, mi sono fatta coraggio e grazie alla Casa della Donna di Pisa, ho denunciato tutto in Procura. Nella querela ho parlato di pedinamenti e appostamenti, di tutto ciò che stavo subendo, delle violenze verbali. Non ho tralasciato nulla. Mi sentivo più sicura, certa che la giustizia avrebbe fatto il suo corso e che un giorno tutto sarebbe finito. Che un giorno mi sarei riappropriata della mia vita.

Invece, dopo il processo in primo grado, il Tribunale di Pisa lo assolve, lui, il famoso attore, perché, scrive il giudice di Pisa, si rilevava “l’assenza (nella persona offesa) di un turbamento psichico e morale stante la continua ripresa positiva della storia da parte della persona offesa”. Ma, dopo il ricorso della Procura, la Corte di Appello di Firenze a fine 2016 riforma la sentenza: per una parte del reato Buscemi viene assolto perché, all’epoca dei fatti, il reato di “atti persecutori” non era stato ancora inserito nel nostro ordinamento mentre per i comportamenti successivi al 25 febbraio 2009, il reato è prescritto. Eppure, nelle motivazioni della sentenza di Appello i giudici scrivono che la condotta di Buscemi “ha costituito un modo programmatico con cui l’imputato ha cercato di continuare a mantenere il controllo sulla compagna impedendole di affermare subito in modo netto la sua volontà di cessazione del rapporto” rendendola “ancora più lunga e penosa per lei”. E infatti condanneranno l’attore teatrale a pagare un risarcimento del danno, che però gli ermellini della Cassazione hanno annullato a gennaio scorso chiedendo alla Corte di Appello di decidere sul riconoscimento di un danno dovuto a un comportamento che penalmente non poteva più essere giudicato.

La mia vita all’epoca dei fatti era un inferno. Ricordo che una volta in cui ero a Trieste per un incontro con dei premi Nobel, lui venne direttamente da Pisa per supplicarmi di non lasciarlo. Ma ciò che più mi spaventò, fu sapere che stava pagando tre investigatori privati per seguirmi, mentre io pensavo che fossero dei criminali. Mi camminavano accanto al paraurti della macchina. Ho sentito la mia vita minacciata: una sera mi sono accorta che questi tre uomini mi stavano seguendo e ho iniziato a camminare per tutta Pisa passando per tutti i varchi elettronici della città. Pensavo: “Se mi ammazzano, almeno lascio qualche traccia e possono risalire a chi è stato”. Ovviamente quella sera ho anche chiamato in Questura e nel frattempo lui mi mandava messaggi dicendomi che mi voleva bene.

E dopo tutto ciò che vi ho raccontato eccomi qui. Come mi chiamo? Credo non abbia molta importanza neanche per me. Il reato è stato prescritto. Mi sarei aspettata che un processo di questo tipo fosse più veloce, soprattutto in un momento in cui si parla tanto di violenza contro le donne.

Ogni tanto qualcuno mi chiede come sto. E’ una domanda che non può generare una risposta, almeno per me. Nessuno mi ridarà mai la mia tranquillità, la giustizia almeno sarebbe stata una cura. Già denunciare una persona è difficilissimo, poi farlo con lui lo è stato ancor di più perché è un uomo molto conosciuto: una condanna sarebbe stata un balsamo sulla ferita. Per me la prescrizione ha avuto uno strano effetto: è stato come se fossi entrata in una sala operatoria e non mi avessero ricucito la ferita. Ho sempre addosso questo senso di ingiustizia perenne. Lo aveva detto allora, aveva detto che mi avrebbe distrutto la vita. Bene, ci è riuscito. Glielo hanno permesso, a lui è stato concesso di uscire indenne da tutto questo. A me invece manca la vita che non ho vissuto, quella che mi è stata strappata. Mi manca quella donna che ero e che mai più sarò. Questo i giudici non lo sanno. Sono stata “uccisa” in tanti modi anche da loro. 

Chiamatemi come volete, chi non esiste non ha neanche un nome.”

di Stefania Lastoria

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