CESARE TERRANOVA: IL PRECURSORE

Nel seguito si parlerà di Cesare Terranova il quale è stato un magistrato e uomo politico italiano anzi più precisamente siciliano di cui si parla sempre troppo poco rispetto al ruolo svolto ed a quello che ha rappresentato come figura istituzionale a 360° nella lotta al potere mafioso.

Egli ha rappresentato in anticipo sui tempi (vedi giudici Falcone e Borsellino) quella che sarebbe stata la visione e le modalità di indagine ed azioni tese alla eliminazione del fenomeno mafioso che storicamente affliggeva la terra siciliana. Conoscente della sua terra come pochi, era nato in Sicilia (Palermo) nel 1921, si era trovato a vivere la sua terra come magistrato proprio nel momento di passaggio dell’Isola da un’economia di tipo rurale/feudale ad un’economia di tipo moderno industriale con tutto quello che poteva implicare a livello di attività della mafia, elemento endemico della Sicilia sin dai tempi delle baronie del regno borbonico.

Negli anni ’60 del secolo scorso egli aveva già intuito la pericolosità della nascente cosca dei corleonesi al tempo guidati da Luciano Liggio e nonostante gli scarsi strumenti e tecniche di indagine disponibili all’epoca egli era riuscito a portare alla sbarra al processo di Bari circa un centinaio di mafiosi comunque assolti nel 1969. Comunque grazie alla sua costanza e perseveranza, facendo tesoro delle esperienze passate, riuscì nel 1974 a far condannare all’ergastolo proprio Luciano Liggio.

Nel 1972 viene eletto alla Camera dei Deputati nelle file del PCI, deciso a portare la propria esperienza in parlamento al fine di intervenire direttamente su quella che era la leva legislativa vigente che non permetteva agli organi inquirenti e giudicanti di muoversi al passo con i tempi nelle indagini e nelle azioni di contrasto del fenomeno mafioso, il quale grazie al passaggio da fenomeno tipicamente locale e rurale a fenomeno internazionale e legato a traffici finanziari e di stupefacenti, aveva assunto ad un ruolo di potere tale da interessare e coinvolgere anche parte della cosiddetta società civile e del mondo politico (fenomeni comunque validati da sentenze giuridiche che si avranno solo nei decenni successivi).

Durante il periodo politico all’interno della commissione antimafia portò comunque in luce quelli che erano i rapporti opachi tra mafia, politica e imprenditoria. A riprova della profonda umanità e dell’ardore civile e sociale che animava l’uomo, prima che il magistrato, l’impegno parlamentare di Terranova non fu esclusivamente legato alle attività della Commissione Antimafia: nella VI legislatura fece parte della commissione Giustizia e della Commissione speciale per l’esame dei provvedimenti relativi agli immobili urbani e alla disciplina dei contratti di locazione. Nella VII legislatura fece parte prima della commissione Difesa e poi di alcune commissioni preposte ad affari interni.

Negli archivi della Camera lo troviamo come primo firmatario di progetti di legge di pubblica utilità, anche se all’apparenza di secondaria importanza, come quello relativo alla proibizione della vendita e del commercio di giocattoli pericolosi per i bambini. Nel 1979, ritenuta esaurita la sua funzione a livello politico, decise di ritornare nella “sua” Palermo, per essere nominato consigliere presso la Corte di Appello di Palermo.

Nel momento in cui, per ruolo ricoperto e per esperienza acquisita, egli poteva rappresentare un serio pericolo per la mafia, il 25 settembre 1979 viene ucciso in modo brutale (gli verrà riservato il colpo di grazia alla testa) insieme alla sua guardia del corpo e collaboratore maresciallo Lenin Mancuso.

Di Lui forse la definizione più bella l’ha data, postuma, il Presidente Pertini “Era animato, oltre che da un virile coraggio, anche da una infinita bontà d’animo; speranza nel futuro dell’Italia e della Sicilia migliori, per le quali il sacrificio della sua vita, fervida, integra ed operosa non è stato vano”.

Lo stesso Sciascia lo descriveva così “E credo gli venisse, tanta acutezza e tenacia e sicurezza, appunto dal candore: dal mettersi di fronte a un caso candidamente, senza prevenzioni, senza riserve. Aveva gli occhi e lo sguardo di un bambino”. A seguire, dopo la sua morte, la quale può esserne ritenuta anticipatrice, si inaugurerà una stagione di sangue che porterà all’uccisione di tutta una serie di figure di spicco nella lotta e contrasto alla mafia tra le quali Rocco Chinnici, Antonio “Ninni” Cassarà, Giuseppe Montana, Emanuele Basile, Gaetano Costa, Piersanti Mattarella.

Il giudice Terranova può essere ritenuto per visione del problema mafioso, per le tecniche di indagine e per i metodi di attuazione delle stesse un vero precursore di quelle che saranno le azioni intraprese successivamente dal pool antimafia, in particolare dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, durante tutti gli anni ’80 del secolo scorso le quali porteranno ad infliggere gravi colpi al sistema mafioso ed in particolare alla cosca dei corleonesi capeggiata da Salvatore “Totò” Riina. In un periodo, gli anni ’70, in cui addirittura più di qualcuno, tra i quali anche il sindaco democristiano di Corleone, proclamava l’inesistenza della mafia, il magistrato Terranova così la definiva “oggi si parla di quarta mafia, la terza, la quinta, ma la realtà è che la mafia è sempre una, ha una sua continuità; si succedono naturalmente i capi, i personaggi, cambiano i sistemi operativi, cambiano gli obiettivi di lucro, ma la mafia è sempre quella.”

In conclusione si può senz’altro affermare che la figura di Cesare Terranova abbia rappresentato la moderna figura del magistrato il quale con una buona conoscenza del territorio e del fenomeno e con tecniche investigative raffinate e caratteristiche personali quali capacità di analisi, acutezza e tenacità del tutto particolari è riuscito ad infliggere colpi poderosi al potere mafioso (1974 riesce ad ottenere condanna all’ergastolo per Luciano Liggio vero capo dei corleonesi); non dimenticando che il tutto avveniva in un’epoca dove non c’erano i supporti tecnologici (intercettazioni telefoniche ed ambientali) e dove la cosiddetta società civile nella migliore delle ipotesi non comprendeva la reale pericolosità del fenomeno mafiose e dove per larghe parti del territorio isolano addirittura avversava la lotta al fenomeno stesso.

In virtù di quanto sopra mi sento di affermare che la figura di Cesare Terranova vada particolarmente apprezzata ed esaltata la sua azione di magistrato e politico, in quest’ultima attività ha particolarmente rimarcato le sue sensibilità per aspetti e situazioni anche al di fuori dell’ambito mafia.

di Alfiero Quaranta

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