Come Dante ci insegna a sconfiggere il bullismo

“Dire che cos’è il bullismo non è facile se non sei stato una vittima. Io purtroppo posso farlo: è un mondo nero, ma non per le nuvole che coprono il sole, ma per la cattiveria, per la perfidia, per la paura. Nero come l’inchiostro che macchia questa pagina mentre provo a spiegarlo”. Il tema di Luisa, nome di fantasia, inizia così. La traccia chiedeva di immaginare un mondo in cui tutti erano bulli o razzisti, dove non c’era amicizia e amore, ma solo violenza e cattiveria.

Mi piacerebbe dire che l’idea di un paragone tra questo mondo nero e la selva oscura di Dante mi sia venuta in questo momento, leggendo le sue parole. Ma non è così. Il merito, anche questa volta, è dei ragazzi. Insegno in una Scuola Media di Roma e tra il 7 febbraio, Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, e l’11 febbraio, quando inizia il Safer Internet Month, abbiamo discusso, letto testi e articoli, ascoltato canzoni e monologhi (grazie Paola Cortellesi) e visto film e cortometraggi. Abbiamo soprattutto parlato.

Ed è questa l’arma principale contro un fenomeno che, stando a quanto riporta la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, coinvolge più della metà dei ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 17 anni. Una percentuale che sale addirittura al 85,8% tra i giovani che utilizzano quotidianamente lo smartphone. Perché internet, e soprattutto un suo uso non consapevole e responsabile, può dilatare il fenomeno. Secondo l’Istat il cyberbullismo colpisce il 22,2% della popolazione giovanile e si può perpetrare 24 ore su 24, diffondendosi su chat, social network o su altri canali a disposizione dei ragazzi.

Tra questi, c’è il mondo virtuale dei videogiochi. Un mondo parallelo dove i ragazzi sempre di più trovano un passatempo, un divertimento e, a volte, un rifugio. Con alcuni rischi. Maura Manca, nella sua rubrica AdoleScienza su L’Espresso, analizzava qualche anno fa il fenomeno Fortnite, un gioco di abilità in prima persona che consente all’utente di sfidare, nei vari scenari in streaming, persone provenienti da ogni parte del mondo. Ragazzi come loro, appassionati, ma spesso anche adescatori. “Una dinamica precisa – raccontano – c’è tutto un modo di fare. Sono incantatori di serpenti. Cominciano a chiederti come ti chiami, quanti soldi ci spendi, quanto tempo è che giochi, tutte domande che non ti fanno insospettire. Hanno imparato il linguaggio dei ragazzi e tante volte non ti accorgi che sono adulti: cominciano prima da lontano, ti girano intorno come gli squali e poi man mano si avvicinano e ti fanno delle domande sempre più precise”.

Ed è qui che entra in gioco ancora una volta il potere della parola, del dialogo, dell’empatia. Basta parlarne con un amico, un genitore, un insegnante. Basta un sms, un messaggio su WhatsApp, un commento. “Cancella quel video”, “Come stai?”, “Non ci pensare”, “Non sei come loro”, “Io ti voglio bene”. Basta spezzare quel velo di indifferenza su cui Liliana Segre, la stessa che paragona i bulli di oggi ai nazisti di ieri, insiste da anni. Basta mettersi nei panni degli altri.

Mentre parliamo di queste cose, in classe, si alza una mano. “Prof, basterebbe fare come Dante Alighieri”. Ovvero provare compassione, che non è un termine negativo, ma elevato, nobile, puro. È il soffrire insieme a qualcun altro, che sia la vittima di bullismo o, perché no, il bullo stesso. Aiutare, ascoltare senza giudicare. Così fa Dante davanti a Paolo e Francesca, arrivando addirittura a svenire per il tanto dolore. “Già non attendere’ io tua dimanda, s’io m’intuassi come tu t’immii”, dice invece nel Paradiso all’anima beata Folco da Marsiglia: non avrei bisogno di attendere la tua domanda, se solo potessi entrare nel tuo pensiero come tu fai nel mio.

Ecco l’insegnamento di Dante: superare le differenze, ascoltare chi è nel giusto come chi è colpevole, sfondare le barriere che possono essere quelle di uno schermo, di un monitor, o quelle della timidezza, della paura. Scendere all’Inferno, a volte. Perché dopo una notte buia si torna sempre a riveder le stelle.

di Lamberto Rinaldi

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