GIULIA: IO NON HO PAURA

(distretto sanitario di Modena)

30 anni, infermiera in uno degli ospedali della provincia di Modena, capelli biondi e occhi verdi, Giulia ha la bellezza chiara delle figlie della nebbia di pianura. Alla fine di febbraio nel suo reparto è ancora tutto regolare, a parte l’afflusso di visitatori, limitato come da ordinanza. Ma nel giro di venti giorni tutto cambia: l’ospedale si riorganizza, uno dopo l’altro i reparti vengono convertiti a  Covid19. Giulia viene assegnata al reparto di urologia, che ha cambiato destinazione e ha aggiunto un suffisso al nome originario: urologia- Covid polmone. 24 posti letto destinati a pazienti sospetti e certi, una delle tante trincee della Sanità dove si lavora per resistere al virus.

-“Come operatore –racconta– ti muovi per corridoi, magazzini, guardiola “pulito”: cuffia, mascherina chirurgica, divisa classica, camice verdino sopra alla divisa, zoccoli e calzari. Quando entri in una stanza ti devi “vestire”: senza levarti nulla di ciò che già hai aggiungi sopra una cuffia, gli occhiali di plastica, la mascherina ffp2, la maschera chirurgica sopra alla maschera ffp2(per un totale quindi di 3 mascherine), il guanto monouso il cui elastico deve chiudere l’ingresso della manica del camice verde a livello del polso, il camice blu impermeabile, un altro guanto, un altro calza scarpe.

E poi entri.

In accordo con i medici, e per ridurre AL MINIMO gli ingressi nelle stanze, le attività si concentrano in 3 momenti della giornata, alle ore 8, alle 12 e alle 18. Una volta entrata devi provvedere all’igiene e al cambio del letto, alla rilevazione dei parametri vitali, alla terapia, ad eventuali esami del sangue e attività di vario genere, come assistere il paziente nella colazione/pranzo/cena,  sistemare il comodino e tutto ciò di cui può avere bisogno. Una serie di operazioni che richiede ovviamente molto tempo e sulla porta c’è sempre un collega “pulito” che ti allunga quello che ti sei inevitabilmente dimenticato di portarti dentro.

In ogni stanza c’è una valanga di materiale dedicato ai pazienti che in condizioni normali non ci sarebbe: tutto quello che potrebbe servirti una volta all’interno. Allestire queste stanze richiede tempo e tanto materiale. Prima di uscire dici : sto uscendo, ha bisogno di qualcosa?? Ora o mai più!

Ed esci!

E se al paziente cade una penna alle ore 14… resta per terra fino alle 18.

Quando esci ti devi “svestire”. Anche la vestizione avrebbe una sequenza, ma puoi anche mescolare gli step, nella svestizione no.

-Ti avvicini alla porta e ti igienizzi i guanti sporchi con gel alcolico.

-Ti sfili il primo paio di guanti e lo butti nel contenitore rifiuti speciali all’interno della camera.

-Ti igienizzi il tuo secondo e ultimo paio di guanti.

-Ti sfili il camice blu, lo appallottoli attentamente e lo butti nel contenitore per i rifiuti speciali all’interno della stanza.

-GEL MANI

-Ti avvicini il più possibile alla porta.

-Ti levi la cuffia e la butti nel contenitore rifiuti speciali fuori dalla stanza.

-GEL MANI

-Passi gli occhiali (non sono monouso) alla collega già pronta con ancella e amuchina spray.

-GEL MANI

-Ti levi la mascherina chirurgica che ha protetto la ffp2 e la butti fuori.

-GEL MANI

-ti levi la ffp2 e te la tieni appesa al collo.

Qua inizia la break dance…..

-Ti levi UN calzare e lo butti nel contenitore fuori, appoggi quel piede al di fuori della stanza su un apposito telo, l’altro piede deve rimanere dentro alla stanza.

-GEL MANI

-Sollevi piede rimasto dentro e rimuovi secondo calzare.

-Esci definitivamente dalla stanza.

-Togli guanti.

-GEL MANI

-Rimetti nuovo paio di guanti.

-La collega ti passa gli occhiali che ti ha nel frattempo pulito e te li rimetti in testa.

Questo sistema tutela un po’ di più l’operatore, a cui rimangono zone pulite in cui muoversi abbastanza liberamente, ma implica una ridotta assistenza al paziente perché tutto gira intorno all’entrare in stanza il meno possibile, e finché i pazienti sono giovani si gestiscono da soli, ma gli anziani sono abbandonati a se stessi…

Da noi ci sono pazienti non gravi, quindi giovani con pochi disturbi, oppure quelli anziani da “non intensivizzare”. In un altro reparto, da poco rivoluzionato, dal nuovo nome “polmone chirurgia Vascolare – covid” invece è diverso, lì sono TUTTI positivi perciò il personale gira sempre vestito… questo ti da la libertà di entrare come e quando vuoi dalle stanze…

Ma vuol dire stare 6,7 o 11 ore (dipende dal turno) con tutta quella protezione addosso… ogni cosa è contaminata: carrelli, documentazione clinica, e se vuoi bere, mangiare, andare in bagno… ti devi svestire.  Causa lo scarso approvvigionamento di materiale sei pregato di mangiare bere e andare in bagno il meno possibile!!!!

Questo ti fa stare tranquillo perché hai lavorato bene, ma quando vai a casa hai la percezione di essere molto sporco, e di portare virus ai tuoi conviventi… e pensi… ma mica mi sarò grattata il naso quando non dovevo??-“

Giulia prova ad immaginare un modo migliore per lavorare.

-“Dovremmo essere in tanti infermieri, con tanti camici,dovremmo poter fare le cose con calma, e avere il tempo di  mangiare qualcosa. E il Coronavirus dovrebbe essere fuxia così se ti gratti il naso col guanto sporco si vede.”

Il padre di Giulia, operatore del 118, si è ammalato al lavoro di covid19, trasportando un paziente. Ora è in terapia intensiva, respira grazie a una macchina. In un reparto Covid dell’ ospedale ci sono già due infermiere positive. Chiedo a Giulia se ha paura.

“No, avrei paura se venissi messa in aree intensive perché non so usare le apparecchiature e non so valutare e gestire un paziente critico, del resto quelle sono aree dove si accede sempre con 1/2 mesi di affiancamento, ma dove sono ora ho le sufficienti conoscenze quindi sono tranquilla. La cosa più triste di questa situazione non è il discomfort dato dai mille dispositivi di protezione che hai addosso (anche se ad un certo punto si appannano gli occhiali e sembra di essere nella nebbia padana delle 6 del mattino a novembre), ma vedere quei poveri nonni che non sanno usare il telefono e sono completamente soli  e le uniche persone che vedono siamo noi, vestiti da palombari, che se sorridiamo non si vede nemmeno.

Chi entra nei reparti  Covid non vede più nessuno, a parte il personale sanitario. Se può chiamare i famigliari bene, altrimenti deve sperare che i  medici che sono di turno trovino il tempo per farlo. Qualcuno non sopravvive. Ogni salma va direttamente alle camere ardenti spruzzata di antisettico , chiusa in un sacco, senza veglia, le cappelline mortuarie sono chiuse, è impossibile vedere il corpo, che va diretto all’ obitorio. Spetta a Giulia, ai medici e agli infermieri come lei,  salutare chi muore.

di Daniela Baroncini

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