Il verme e la tecno farfalla

Stiamo ancora trascinando i piedi stracchi dietro l’interminabile funerale del Welfare State, ossia del vecchio Stato Sociale, che già ci troviamo a ballare frastornati nel pieno dei festeggiamenti battesimali del Webfare State, dello Stato-governance, a mezzo apparato tecno-scientifico. Un assetto  senza più un orizzonte certo di diritti e redditi cartacei, costituzionali e monetari. Mai pandemia fu più soglia di compresenza di due scene aperte del mondo e di transizione accelerata dall’una all’altra. Come quando rare volte in cielo appaiono insieme la pioggia e il sole, un moto di nubi e l’arcobaleno stagliato contro di esse.

Cene rendiamo conto osservando la plancia governativa di contenimento del Coronavirus. Quotidianamente, a vista d’occhio, assistiamo a una progressiva dissolvenza incrociata, proprio di tipo cinematografico. L’apparato politico si riduce a un numero sempre minore di persone e istituzioni. E questo non tanto nella sua esposizione pubblica, quanto nella sfera decisionale concreta, non meramente formale. Proporzionalmente cresce l’istituzione e il potenziamento di personale e responsabilità di organismi scientifiche e task-force tecniche. Ormai abbiamo anche una certa difficoltà a enumerarle e seguirle tutti. Dal Comitato Tecnico Scientifico, a supporto della Protezione Civile, a quelli sempre più consistenti dell’Istituto Superiore di Sanità, alle equipe di esperti nominati ad hoc da tutti i Ministeri, dell’Istruzione per le lezioni in rete agli studenti a casa, della Sanità per i coordinamento delle strutture, dell’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione per le studio e l’attuazione di app telefoniche per il controllo dei contagi e degli spostamenti. Poi i cattedratici – operanti con loro squadre operative – nominati da ogni Regione per le strategie di contenimento dell’infezione, fino all’ultimo  Comitato istituito dal Presidente del Consiglio, quello diretto dal super manager Vittorio Colao per la transizione alla Fase 2, ossia a quella del riavvio economico. Centinaia sono ormai – e crescono ogni giorno di più – i tecnici che forniscono un tessuto di analisi, dati e indicazioni, contingenti e strategiche, senza le quali l’apparato politico non potrebbe e non saprebbe più fare alcun passo in nessuna direzione.

La domanda è: chi usa chi? La politica sta usando tale apparato, o è quest’ultimo a usare e dirigere? Anche se ci troviamo ancora dentro la dissolvenza incrociata, e dunque dentro un’immagine ancora indistinta, confusa, in cui sembrano conflittualmente prevalere ora gli uni, ora gli altri dei differenti tratti, la risposta alla domanda appare evidente. Questa sfida la Scienza – pur tra numerose e anche vistose incertezze e conflittualità interne– può vincerla anche senza la Politica, mentre non vale la situazione invertita. Ne segue allora: la Scienza oggi può fare ameno della Politica fino a sostituirsi a essa? Può dal vecchio verme, bruco strisciante di ieri staccarsi e librarsi a tecno farfalla del domani? Il continuo accrescimento dell’apparato scientifico posto così repentinamente a fronteggiare la crisi sanitaria sembra indicare questa tendenza, ossia questo potente distendersi dello sviluppo mondiale dal bruco politico alla farfalla scientifica.

Una tendenza, però, che entra in conflitto non solo con l’assetto politico, ma anche con quello industriale, produttivo, economico. È un conflitto eminentemente extra morale, in quanto profondamente strutturale. Scopo dell’apparato scientifico è di risolvere i grandi problemi, quale quello pandemico attuale, e usare ogni mezzo e ricchezza per conseguirlo. Quello dell’economia dominante, ossia capitalistica è, invece, di conseguire profitto, perché in mancanza di quest’ultimo l’impiego stesso a fini produttivi del capitale non avrebbe alcun senso. Gli industriali non possono fare a meno, ossia non possono evitare di pretendere che si riavvii immediatamente tutta la catena produttivo-distributiva di merci, denaro e finanza. Anche a rischi della vita di chi lavora. Gli scienziati, invece, non possono fare a meno, ossia non possono in nessun modo esimersi dall’opporsi a tale pretesa. Il loro scopo è diverso, quando non addirittura opposto a quello degli industriali. La Fca – la nostra cara ex Fiat – si è rivolta al noto virologo Roberto Burioni, ottenendo una sua autorevole certificazione sulla validità delle misure adottate per il lavoro in sicurezza sanitaria dentro la fabbrica. Ossia, anche per il capitale si innesca il meccanismo a doppio taglio del chi usa chi. Se esso ha finora usato l’apparato tecnico ai fini del profitto, ora l’apparire simultaneo di sole e pioggia, scure nubi e arcobaleno iridato, sta rapidamente mutando l’orizzonte epocale.

Quando le misure di sicurezza sanitaria dovranno essere garantite non solo dentro, al mero interno di reparti di produzione, e non solo provvisoriamente, ma fuori, e soprattutto costantemente, in tutta scena spalancata del mondo, per la sua stessa possibilità di sopravvivenza, allora il conflitto apparirà aperto e diretto. La sua sorte, però, non dipenderà, a quel punto, dall’uno o dall’altro dei contendenti, ma già ora, a questo punto, dal senso esistenziale dimenticato che dovrà riemergere alla coscienza da ogni congiunto sapere, sentire ed esperire collettivo umano.

di Riccardo Tavani

 

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