Primo maggio amaro

Dopo tanti giorni surreali, in cui abbiamo dovuto imparare a fronteggiare il virus al riparo della strana prigione, racchiusa nelle mura domestiche, siamo arrivati al 1° Maggio, con tanti timori e dubbi. Se il tradizionale concertone organizzato dai sindacati confederali sarà solo virtuale, senza il consueto bagno di folla, potrà anche dispiacere, ma non sarà certo l’aspetto più destabilizzante di quello che attende i lavoratori, dopo questa data. Quale Festa dei Lavoratori in questo 2020? In questa Italia, repubblica fondata sul lavoro, il 1° Maggio per i lavoratori può diventare un giorno di recriminazioni verso il Governo, reo di non aver deliberata una totale riapertura al lavoro: i lucchetti che chiudono le catene dei cancelli delle fabbriche, più che una protezione per la loro vita, rischiano di essere visti come gli strumenti che presto potrebbero condannarli alla disoccupazione. In questi ultimi mesi, a causa della pandemia ci sono stati migliaia di morti, segregazioni più o meno obbligate, stravolgimenti dei rapporti interpersonali, interruzioni di catene produttive, crescenti indebitamenti di persone, aziende e Stato. Ma oggi, dopo tutto questo, alle vecchie paure sulla letalità del contagio, si sommano le nuove paure sul domani di noi tutti, che portano al concreto dubbio: meglio morire per il virus, o morire di fame?
L’Etranger è uno di quei “fortunati” che non ha mai smesso di lavorare, pur con mille timori per la propria sicurezza e per quella dei suoi cari, al rientro a casa. Quotidianamente ha visto assurdi comportamenti dei suoi concittadini, refrattari al rispetto di qualsiasi regola, che si ingegnavano per aggirare le norme anti-contagio, come se queste fossero un’ingiustizia. Ogni giorno ha potuto confrontarsi con la preoccupazione, con la disperazione di tanti suoi colleghi, che dall’inizio della serrata ad oggi (nel c.d. lockdown), hanno visto coniugi, parenti, amici, smettere di lavorare, senza la certezza di ricominciare un giorno, senza la sicurezza che ancora li aspetti un lavoro. E, come se non bastasse, anche dove egli lavora è cominciato un periodo di messa in cassa integrazione, con conseguente riduzione degli stipendi e col crescendo di dubbi ed incertezze sul domani. Non avranno molto da festeggiare i suoi colleghi e lui: ancora non sono disperati, ma molto preoccupati, quello sì.
In tutti i lavoratori in attesa di ricominciare (dipendenti e piccoli imprenditori), irrompe la paura, cavalcata da esseri nefasti e squallidi, come la Meloni, Salvini e soci: senza argomenti per aver abusato di quella verso gli immigrati (che all’occorrenza, comunque rispolvereranno), questi ministri del terrore e dell’odio, oggi incitano alla disobbedienza, alla discesa in piazza, contro le “scelte prudenti” del Governo. Per costoro, non certo esempi di lavoratori (per esperienze lavorative e assenteismo) l’attuale Governo è: “Troppo prudente” o “Troppo poco coraggioso” (varianti sul tema, di scarsa fantasia); “Zerbino dell’Europa” (questo è un classico); “Succube di esperti scientifici, che non capiscono niente” (la new entry, dei discorsi da bar); “Dispotico” e “Irrispettoso verso le opposizioni” (qui parlano da esperti?); ecc… Dato che costoro, oltre alle parole, non gli porteranno certo dei benefici, i lavoratori il primo maggio non avranno molto da festeggiare, poiché in molti dovranno attendere ancora, per ricominciare a lavorare, con la consapevolezza che ogni giorno in più di fermo, può significare la perdita del lavoro e con esso, il precipitare in un calvario di disoccupazione, lungo e difficoltoso. Lunedì 4 maggio l’Italia, timidamente, proverà a ripartire e a molti si chiederà di tornare a lavorare, barattando il rischio del contagio (sui mezzi di trasporto, sul luogo di lavoro, in caso di errato uso dei d.p.i. o di loro inadeguatezza), col poter lavorare di nuovo: in molti lo accetteranno, perché con tutti i suoi difetti, nonostante le maldicenze di alcuni eurodeputati, quello italiano è sempre stato un popolo operoso, attaccato alle sue certezze, su cui svetta il lavoro. Ma l’Etranger pensa che non sia giusto, che i lavoratori debbano subire simili ricatti, né tutti quei soprusi perpetrati sui posti di lavoro, da imprenditori che ora battono cassa a questo Stato, ma che sottopagano i dipendenti e che traggono profitti in questo paese pur versando le tasse nei paradisi fiscali: probabilmente a fronte di stipendi migliori, di uno Stato con maggiori entrate fiscali, questa pandemia ci avrebbe colto se non più preparati, almeno più “attrezzati” per affrontarla. Forse, si domanda l’Etranger, sarebbe il caso che certi industriali chiedessero gli aiuti di stato, là dove versano le tasse e che, poiché pressano il Governo ad una veloce riapertura, dessero l’esempio e si facessero trovare quotidianamente a fianco dei loro operai (con i medesimi d.p.i.), per dimostrare che nella convivenza col virus, davvero “siamo tutti nella stessa barca”… Ma, al di là di certe recriminazioni, questo primo maggio verrà ricordato per certe mancanze: di cortei o concerti; di gente per le strade; delle tradizionali gite fuoriporta; della gioiosa fiducia nel domani, che coglie in primavera. Si ricorderà come una Festa dei Lavoratori, intrisa dalla paura di non avere più un domani, di non potere essere più dei…lavoratori…

L’Etranger

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