Giorni senza cuore

Anche il dolore ha le sue quote rosa: Barbara, Rossella, Bruna, Lorena, Larissa, Gina, Viviana, Maria Angela, Alessandra, Marisa, Susy.

Susy è stata uccisa dal marito davanti ai suoi tre figli. Prima di lei, durante la quarantena, sono state uccise:

Marisa ( 5 maggio)

Alessandra (19 aprile)

Maria Angela (16 aprile)

Viviana (6 aprile)

Gina (2 aprile)

Lorena (31 marzo)

Rossella (19 marzo)

Bruna (13 marzo)

Barbara (10 marzo)

Larissa (4 marzo)

Undici donne uccise, una a settimana, undici femminicidi durante la convivenza forzata a cui ci ha consegnato la pandemia. Assassinate da familiari tra le pareti di casa. Quella casa, che per tutti doveva essere il rifugio in cui difendere la salute, è stata la loro condanna a morte. La quarantena, che ha tolto la prossimità col collega di lavoro, gli spazi aperti, le confessioni col barista davanti ad un caffè,  ha dato in cambio solo porte chiuse, scatole dentro scatole di muri, ridisegnando inediti confini invalicabili, forzando convivenze tra equilibri precari e tra amori malati. Battezzata “lockdown”, la quarantena è stata uno scorrere lento di giorni tutti uguali, giorni senza nome, che sono diventati giorni senza cuore per le donne costrette in casa con partner violenti. Il grido di aiuto di queste donne è diventato muto, si è spenta con violenza la loro urgenza di vivere.

“Nell’amore che ho per te più do e più ho.”

confida Giulietta a Romeo.

L’amore, quiete accesa, è moltiplicatore di felicità. L’amore, quel segreto custodito dai poeti, quel rapporto tra due libertà che sono destinate a rimanere tali, diventa per molte donne un amore criminale. Dovunque nel mondo si segnala un forte aumento di conflitti familiari e di violenze domestiche conseguenti all’isolamento imposto dalle misure sanitarie. Nei primi mesi di confinamento l’ONU le ha stimate il 20% in più in tutti gli Stati membri. Anche questa volta le donne pagano il prezzo maggiore. Perché se in quarantena tutto è cresciuto di prezzo…è diventato caro anche l’amore, talmente caro da doverlo pagare con la vita.

“All’inizio era l’amore, non è stata colpa mia…”

 “L’ho uccisa perché voleva lasciarmi.”

Negli ultimi mesi abbiamo ricevuto una robusta educazione sanitaria.

Servirebbe adesso l’impegno per un’ educazione sentimentale diffusa, scolastica, capillare, che insegni a lasciare andare, che scardini il primato ontologico di un sesso sull’altro, che cancelli l’ideologia del patriarcato che illude gli uomini di poter possedere la libertà delle donne, destinandole alla segregazione. Abbiamo imparato a lavarci  bene le mani. E’ ora di provare a imparare come si fa ad amare.

di Daniela Baroncini

 

 

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